Calcionews24
·23. September 2025
Acerbi: «Mai rifiutato la Nazionale. Ho solo detto no a Spalletti per quella frase»

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Nel corso della presentazione della sua autobiografia “Io, guerriero“, il difensore dell’Inter, Francesco Acerbi, ha fatto chiarezza su alcuni episodi controversi della scorsa stagione, incluso il rifiuto della convocazione per la Nazionale. Acerbi ha spiegato che la sua decisione di non rispondere positivamente alla chiamata del ct Luciano Spalletti non era un rifiuto della maglia azzurra, ma una risposta a commenti poco felici fatti dal tecnico nei suoi confronti, come quando Spalletti aveva dichiarato: “Lo sa di che anno è Acerbi?”. Acerbi ha inoltre sottolineato che, sebbene non abbia mai voluto polemizzare, se l’attuale c.t. Gennaro Gattuso non dovesse convocarlo, non avrebbe problemi ad accettare la sua scelta.
Il difensore ha parlato anche del suo percorso personale, raccontando della lotta contro il cancro e della gratitudine per la seconda possibilità nella vita e nella carriera. A chi gli chiede del futuro, Acerbi si dice ancora in ottima forma, tanto da non pensare al ritiro. Queste le sue dichiarazioni riportate dal Corriere dello Sport.
UN NUOVO ACERBI – «Non posso neanche paragonare il me stesso di adesso a quello di prima. Ho vissuto anche la chemio come un’esperienza, nonostante sia stata pesante. Non ho avuto paura di morire. Ringrazio di aver avuto una seconda possibilità. Mi sono detto: “Ora mi riprendo tutto quello che ho lasciato indietro”».
IL RAPPORTO CON MIO PADRE – «Un rapporto a volte anche conflittuale. Era però molto presente, è grazie a lui che non ho mai mollato e sono diventato il giocatore che sono oggi».
IL NO A SPALLETTI – «Non ho mai rifiutato la maglia azzurra, ma solo la convocazione e solo per quella partita. Spalletti non mi aveva chiamato per un anno e, dopo quello che aveva detto (“Lo sa di che anno è Acerbi?”), non mi sembrava giusto rispondergli di sì. Ora se Gattuso non mi vorrà, non sarà un problema: viene pagato per scegliere e non farò mai polemica».
LA FINALE PERSA COL PSG – «Eravamo cotti mentalmente. Avendo battuto Bayern e Barcellona, avevamo addosso l’etichetta dei favoriti, avevamo l’obbligo di vincere, ma siamo arrivati là troppo scarichi. Anche dopo la partita non eravamo incazzati».
SU CHIVU – «È già pronto. Si vede che ha giocato a calcio e che è stato in spogliatoi vincenti».
PENSARE A COSA FARE DOPO L’ADDIO AL CALCIO? – «Non è il momento. Sto ancora bene, anche meglio di tanti più giovani di me. Perché dovrei smettere?».
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