Di Gregorio: «Non porto rancore per l’Inter, ma alla Juve ho trovato il mio posto. Il derby d’Italia non ci dirà chi siamo, ecco perchè» | OneFootball

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·25. Oktober 2024

Di Gregorio: «Non porto rancore per l’Inter, ma alla Juve ho trovato il mio posto. Il derby d’Italia non ci dirà chi siamo, ecco perchè»

Artikelbild:Di Gregorio: «Non porto rancore per l’Inter, ma alla Juve ho trovato il mio posto. Il derby d’Italia non ci dirà chi siamo, ecco perchè»

Di Gregorio dice la sua in vista di Inter Juve: il commento del portiere bianconero, che in nerazzurro ha mosso i primi passi nel vivaio

Michele Di Gregorio, portiere della Juve, ha parlato così in vista della prossima sfida all’Inter nella sua intervista a Repubblica.

INTER – «Non porto rancore. L’Inter ha fatto per me qualcosa che non potrò mai dimenticare, starmi a vicino quando, a 13 anni, ho perso mio padre. Tornare? Non me lo sono mai veramente aspettato. Se però fosse successo avrei voluto farlo dalla porta principale. La comparsa non l’avrei mai fatta».


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RETROSCENA JUVE – «Me lo ha detto il mio procuratore e gli ho chiesto di ripetermelo con calma. Paura? No c’è stato più l’orgoglio di guardare indietro ai tempi i cui la Serie A e la Juventus sembravano lontanissime. Qui mi sono trovato subito a mio agio, tant’è che quando sono tornato dal ritiro ho detto alla famiglia: questo è il mio posto. Per assurdo, ci ho messo meno ad ambientarmi qui che altrove. Quando accompagno mio figlio Riccardo all’asilo e passo vicino allo Stadium, non posso fare a meno di pensare che sono felice».

PASSATO NERAZZURRO – «Ci sono arrivato che non avevo ancora 7 anni e l’ho lasciata che ne avevo quasi 19. È un’esperienza che mi ha formato, perché mi sono stati messi a disposizione educatori prima che allenatori, che la differenza l’hanno fatta quando cominci a pensare che allenarsi è un sacrificio, quando vedi gli amici che vanno in gita, che cominciano a uscire la sera, che ti stai perdendo un sacco di prime volte.

È stato educativo e mi ha preparato a entrare in uno spogliatoio di C dove il rapporto non era più con ragazzini ma con uomini di 34 o 35 anni per cui conquistare la salvezza è fondamentale per mantenere la famiglia. Abbandonato? No. Nei cinque anni in prestito mi ha permesso di rimanere in piedi, tipo quando ero andato all’Avellino che subito dopo fallì».

GIUDIZIO DEI TIFOSI – «Ho ricevuto pochissimi tiri e quindi è presto per un giudizio su di me. Sono contento di aver dato qualcosa con quella parata contro il Napoli».

BRAVO COI PIEDI – «Lo sono più a livello tattico che tecnico: si tratta di fare un certo tipo di passaggio o di controllo, di una posizione da tenere. Di fare scelte di gioco, in pratica».

TIFOSO INTERISTA – «In realtà in famiglia erano milanisti, mentre io ho sempre ammirato più i giocatori che le squadre: Kakà e Abbiati, Zanetti e Julio Cesar, Buffon e Del Piero, la cui non reazione quando a Roma prese quello schiaffo da Cufrè ha per me un valore immenso. Ho ammirato Handanovic, è stato un sogno allenarmi con lui, avere i suoi consigli. Non ho mai capito perché si debba odiare uno solo perché è di un’altra squadra».

COSA DIRA’ DELLA JUVE LA PROSSIMA SFIDA – «Non credo che ci dirà realmente chi siamo. Siamo una squadra nuova, inevitabilmente ci serve tempo».

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