Inter News 24
·2. Dezember 2025
Inter tra passato e futuro? Una nuova identità a metà e nuovi che faticano a decollare

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L’Inter vive sospesa tra ciò che è stata e ciò che vorrebbe diventare. La squadra nerazzurra, oggi guidata da Cristian Chivu, mostra segnali di rinnovamento, ma questi emergono ancora in quantità limitata, lasciando spazio a tratti di gioco ereditati dall’era Simone Inzaghi. Il primo tempo di Pisa ne è stato la fotografia: un possesso palla lento, prevedibile, quasi la versione peggiorata delle giornate storte della passata gestione tecnica.
Chivu ha introdotto una maggiore aggressività, una mentalità più verticale e intensa, ma l’impressione è che l’Inter viva ancora un compromesso instabile tra vecchie certezze e nuove idee. Una squadra a metà, che alterna momenti di coraggio a ritorni automatici verso ciò che conosceva prima.
A complicare il quadro c’è la questione dei nuovi acquisti. Francesco Pio Esposito, attaccante classe 2005, e Ange-Yoan Bonny, centravanti dal grande potenziale fisico, hanno colmato il vuoto alle spalle di Lautaro Martínez e Marcus Thuram. Ma il resto della batteria offensiva estiva fatica ancora a incidere.
Petar Sucic ha mostrato lampi di qualità tecnica e un potenziale notevole, ma sembra imbrigliato da compiti tattici che ne limitano l’estro. Habib Diouf, invece, è in crescita: a Pisa ha offerto personalità e fisicità, lasciando intravedere margini importanti. Il vero punto interrogativo resta Luis Henrique, arrivato per essere l’esterno capace di saltare l’uomo – l’archetipo che l’Inter cerca da anni –, ma che finora è stato più saltato che saltatore.
Il problema principale resta immutato: la prevedibilità. I nerazzurri avrebbero bisogno di un profilo non convenzionale, un giocatore atipico, capace di rompere gli schemi, proprio come David Neres nel Napoli di Conte.
Eppure, nonostante la transizione complicata, l’Inter resta lì: seconda in campionato, tra le prime otto in Champions League, vice-campione d’Italia e d’Europa. Ma il punto critico è chiaro: arrivare due volte vice non basta.
La sintesi, come ricorda la Gazzetta dello Sport, è un monito: meglio essere campioni una volta che vice-campioni per due stagioni consecutive. E per riuscirci, a un certo punto, servirà una scelta precisa: puntare tutto su un obiettivo e portarlo fino in fondo.









































