Calcionews24
·10. November 2025
Joe Jordan svela: «Quando seppi del Milan decisi di andare. L’Italia mi ha cambiato la vita. Era un momento diffiicile. Verona? Non ne sapevo molto, ma…»

In partnership with
Yahoo sportsCalcionews24
·10. November 2025

Joe Jordan, l’indimenticabile “Squalo” del calcio italiano, racconta a La Gazzetta dello Sport i suoi anni in Serie A tra Milan e Verona, un periodo che, nonostante le difficoltà, ha segnato profondamente la sua vita e quella della sua famiglia. Oggi è nonno, ma sempre nel cuore dei tifosi.
PERCHÉ SCELSE L’ITALIA – «Volevo giocare all’estero. Nel 1975 mi voleva il Bayern di Beckenbauer, ma il mio club disse no. Nel 1981 ero al Manchester United, ero felice, ma quando seppi del Milan decisi di andare. Volevo una nuova sfida».
IL SUO IMPATTO A MILANO – «Arrivai con mia moglie e i miei tre figli. La società, con il signor Colombo come proprietario, si prese cura di noi. Sua moglie portava spesso la mia al supermercato. Adattarsi alla vita in Italia fu facile, vincere le partite molto meno: il Milan era un grande club, ma in un momento difficile, appena tornato in A dopo la retrocessione per il Calcioscommesse».
SULLA RETROCESSIONE IN SERIE B – «Penso che tutti, me compreso, dobbiamo accettare la responsabilità di non aver fatto meglio. Non ci fu un solo motivo, ma un insieme di tanti fattori».
SU BARESI E TASSOTTI – «Erano giovani ma già con esperienza. Franco aveva vinto uno scudetto. Mi aiutavano molto: andavamo spesso insieme agli allenamenti con Buriani e Antonelli. Tanti di loro sarebbero poi diventati ottimi giocatori».
IL MILAN IN SERIE B – «La squadra cambiò molto. Entrarono giovani che approfittarono della chance e fecero una grande carriera. Fu l’inizio di una generazione importante».
L’ESPERIENZA A VERONA – «Non ne sapevo molto, ma mi avevano impressionato in Coppa Italia. Parlai con Ciccio Mascetti e mi convinsero. Ottima squadra, ottimo allenatore, città bellissima. Andai via dopo un anno, ma sapevo di lasciare un gruppo destinato a vincere: lo scudetto dell’anno successivo fu meritato».
GLI AVVERSARI PIÙ FORTI – «La Juve era la più forte, con stranieri e italiani di altissimo livello. L’Italia vinse il Mondiale dell’82 e io ero a Madrid, grazie ai biglietti di Franco Baresi. Tifai Italia, e quella finale la vinse la squadra migliore».
SUL SOPRANNOME “LO SQUALO” – «Forse perché mi mancavano due denti davanti, persi per un calcio in bocca alla mia prima partita in Inghilterra. Al Milan ne persi un altro, poi sistemai tutto a fine carriera».
PERCHÉ IN ITALIA È ANCORA RICORDATO – «Arrivai in un momento difficile, ma restai anche dopo la retrocessione. Ho provato a dare tutto, come a Verona. I tifosi lo hanno capito».
IL SUO BILANCIO ITALIANO – «Se non fossi venuto in Italia, sarebbe stato un grande rimpianto. Giocare e vivere in un Paese diverso è stata la scelta migliore della mia carriera».
SULLA LITE CON GATTUSO NEL 2011 – «Penso che avesse perso la testa. Mi passò davanti e ci fu un faccia a faccia, ma non volevo andare oltre. Da allenatore devi avere disciplina, e sono sicuro che oggi lui la pensa come me. Per me era finita dopo la partita».









































