Calcio e Finanza
·21. April 2025
Multiproprietà nel calcio? Il tema è caldo e accende il dibattito, anche in Tribunale

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·21. April 2025
Articolo a cura di Stella Riberti, Counsel dello Studio Clifford Chance nella practice di sport & entertainment, e arbitro della Corte di Arbitrato per lo Sport di Losanna. Ha maturato una solida esperienza di oltre dieci anni nel settore sport, fornendo assistenza sia in ambito stragiudiziale (contrattuale e regolatorio) sia contenzioso.
Iniziano ad accendersi anche fuori dal campo i riflettori sui primi Mondiali per Club FIFA di quest’estate. Pochi giorni fa, il 2 aprile, sono stati instaurati avanti al Tribunale Arbitrale dello Sport di Losanna (TAS) due appelli formulati dal Club de Fútbol Pachuca e dal Club León, entrambi detenuti dal Gruppo Pachuca, nei confronti della FIFA a seguito dell’esclusione del Club León dalla nuova competizione.
Il Comitato d’Appello della FIFA ha, infatti, disposto il 21 marzo scorsodisposto il 21 marzo scorso l’esclusione di quest’ultimo per violazione dell’art. 10 del Regolamento del Mondiale per Club in tema di multiproprietà. Dati i tempi serrati, con il calcio di inizio di questo nuovo Mondiale previsto per il 14 giugno, l’impugnazione al TAS segue un procedimento fast track.
Ma la vicenda è più articolata, posto che un parallelo procedimento, in relazione alla medesima vicenda, è pendente avanti al TAS: è stato instaurato a febbraio dal club della Costa Rica Asociación Liga Deportiva Alajuelense nei confronti dei due club e della FIFA per contestare l’ammissione dei due club del Gruppo Pachuca, chiedendo di essere ammesso in sostituzione di una delle due società. Tra fine aprile e inizio maggio, le aule del TAS saranno impegnate con i rispettivi appelli.
La UEFA prevede, all’art. 5 di ciascuno dei propri regolamenti sulle competizioni per club (Champions League, Europa League e Conference League) il divieto, per i club che sono detenuti dalla stessa proprietà, di partecipare alla medesima competizione UEFA. La norma scatta in caso di «controllo o un’influenza decisiva su più di una squadra partecipante ai tornei Uefa» mentre il concetto di “controllo” si traduce in una partecipazione superiore al 50 per cento, l’art. 5 delinea quattro parametri per stabilire l’assenza di “influenza decisiva” su più di un club. Basta naturalmente la sussistenza di un solo parametro, perché scatti il divieto.
La norma UEFA è stata posta in questione più volte negli ultimi anni: dapprima nel 2017, quando due club del gruppo RedBull si qualificarono per la successiva Champions League, e nel 2023, quando analoga situazione si pose in relazione a tre casi di multiproprietà: Aston Villa e Vitória Sport Clube (portafoglio di V Sports S.C.S.), Brighton e Royal Union Saint-Gilloise (portafoglio di Tony Bloom), Milan e Tolosa (portafoglio di RedBird Capital). Per ottenere il via libera a partecipare alle competizioni, l’UEFA ha imposto a tali club stringenti modifiche di natura societaria e commerciale, incluso (a seconda dei casi):
Da maggio 2024, la UEFA ha notevolmente ampliatole le maglie del divieto sulla multiproprietà, anche in ragione del nuovo format della UEFA Champions League. Sono state infatti apportate modifiche determinanti ai paragrafi 4 e 5 dell’art. 5 dei regolamenti sulle competizioni, in base alle quali è divenuto possibile per club appartenenti ad una multiproprietà di partecipare contemporaneamente alle competizioni UEFA, purché diverse.
A ciò si è aggiunto il placet da parte dell’UEFA su una soluzione proposta da Girona e Manchester City (detenuti dal City Football Group) e da Manchester United e Nizza (detenuti da INEOS) per essere ammessi, rispettivamente, alla Champions League e all’Europa League 2024/25: ovvero sulla base di un “blind trust” che durerà per tutta la stagione 2024/25, il trasferimento o la cessione di tutte le quote di Girona e Nizza a “trustee indipendenti”, incaricati di prendere le decisioni esclusivamente nell’interesse del club. I “cambiamenti sostanziali” realizzati dai club hanno incluso:
Inoltre, come nei casi del 2023, i rispettivi club si sono impegnati a non compiere reciproci trasferimenti di giocatori, e a porre fine a qualunque accordo di collaborazione, sponsorizzazione, scouting o simile.
Una soluzione innovativa, e per ora a quanto pare temporanea, che è stata accolta dall’UEFA anche in ragione delle tempistiche molto strette per mettersi in regola con i parametri della Federcalcio europea. In sostanza, in caso di qualificazione di più club alla stessa competizione UEFA, le proprietà si sarebbero trovate a vendere una delle società in meno di un mese (entro il 3 giugno). Per tale ragione, a ottobre 2024 la UEFA ha allungato tale termine, anticipandolo al 1° marzo di ciascuna stagione.
Le statistiche parlano chiaro: negli ultimi anni si è assistito ad un crescente trend di gruppi di proprietà di club, forse anche complice l’introduzione da parte della FIFA, a partire dal 1° maggio 2015, del divieto di una formula di “multiproprietà dei calciatori” (third party ownership) all’art. 18ter of del Regolamento sullo Status e il Trasferimento dei Giocatori.
In base all’analisi svolta da Play the Gamesvolta da Play the Game a maggio 2024, le stime indicavano che 134 gruppi di multiproprietà detenessero la maggioranza o una percentuale rilevante di partecipazioni in ben 366 club a livello globale, per un totale di oltre 13.000 giocatori coinvolti. Nel 2012, i club appartenenti a gruppi che possiedono quote in due o più club erano solo 40. I seguenti grafici pubblicati nel report CIES 2024 sulle multiproprietà nel periodo 2019-2023, mostrano visivamente tale incremento:
Protagonisti delle transazioni oggetto dell’analisi sulle multiproprietà da parte del CIES sono stati gli investitori americani, che hanno superato la metà degli investimenti complessivi (54%), riaffermando dunque l’interesse per un modello teso alla diversificazione delle proprietà e a portafogli cross-continentali, come nel caso di RedBird Capital, che prima del Milan aveva investito nel Tolosa, nel Liverpool, nel baseball con i Boston Red Sox, oltre ai settori dei media e della tecnologia.
La diversificazione del portafoglio di business è proprio uno dei driver che alimenta la crescente diffusione di multiproprietà, che si traduce in vantaggi sia sportivi sia economici:
Nulla quaestio se la proprietà multi-club riguarda sport diversi, in quanto non sussistono né rischi né, di conseguenza, limiti. Per contro, una partecipazione capillare in diversi club del medesimo sport, seppur basati in diverse giurisdizioni, può nascondere pregiudizi sotto un duplice profilo:
I legislatori sportivi si sono attivati per adottare rimedi contro i rischi sopra delineati. A livello domestico, l’art. 16bis delle NOIF da ultimo modificato, vieta la detenzione «in via diretta o indiretta, in più società del settore professionistico», con obbligo di cessione in caso di promozione al settore professionistico entro termini stringenti. Unica eccezione è prevista dalla norma transitoria, in base alla quale il divieto decorre dall’inizio della stagione 2028/29 per chi già detiene più di un club (con sollievo per le proprietà di Napoli e, all’epoca, Hellas Verona).
In Premier League, l’Owners and Directors Test vieta la proprietà o ruoli manageriali a chiunque detenga in un altro club di Premier una partecipazione superiore al 25%.
A livello FIFA, come visto sopra non sussiste un divieto generale, ma solo specifico laddove sancito da norme ad hoc come quelle del Regolamento del Mondiale per Club. A livello UEFA e domestico, anche le norme sulla sostenibilità finanziaria prevedono rigidi paletti in relazione alle transazioni con parti correlate, imponendone la conclusione ad un equo valore di mercato.
In attesa di vedere se la soluzione del blind trust sarà effettivamente “blind”, e dunque ritenuta efficace ed applicabile dall’UEFA anche in future occasioni, è sempre più importante per gli investitori di gruppi multiproprietà prestare attenzione agli sviluppi normativi e alle relative casistiche prima di intraprendere nuove transazioni che coinvolgono il gruppo.
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