Ventura: “Gasperini alla Roma può essere determinante. Nazionale? Una volta ci andavamo per vincere, oggi sogniamo la qualificazione” | OneFootball

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·12. September 2025

Ventura: “Gasperini alla Roma può essere determinante. Nazionale? Una volta ci andavamo per vincere, oggi sogniamo la qualificazione”

Artikelbild:Ventura: “Gasperini alla Roma può essere determinante. Nazionale? Una volta ci andavamo per vincere, oggi sogniamo la qualificazione”

Gian Piero Ventura torna a parlare. L’ex tecnico del Torino e della Nazionale si racconta ai microfoni di Tele Radio Stereo: Roma-Torino, la Nazionale, il sistema calcio italiano. Un’intervista senza filtri.

Ecco le sue dichiarazioni:


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Come lei, anche Ranieri a 73 anni ha deciso di andare in pensione, c’è un motivo particolare?

“Il problema non sono i 73 anni ma i 45 anni di calcio, in panchina, e alla lunga pesa. Non tanto per il lavoro, che uno ama, ma semplicemente perché arrivando a una certa età devi dedicare del tempo a te stesso e alla famiglia. Ora ho la possibilità di fare quello che non ho avuto la possibilità di fare prima, dopo 44 anni di calcio senza interruzioni. Ho scelto di fermarmi anche se ho avuto offerte importanti, anche dalla Serie A fino a 2-3 anni fa. Se c’è una squadra che mi potrebbe far tentennare, come accaduto a Ranieri? No, io sono fatto così: quando dico ‘basta’ è ‘basta’, almeno per me“.

L’età non si dice e l’abbiamo fatto, ma dovevamo farLe scontare anni e anni da ‘fastidioso’ avversario della Roma.

“E’ la storia della mia vita: qualcuno raccontava che lo facessi volutamente, ma non è vero. Ho perso per 3-2 con i due gol di Totti in tre minuti, con il Torino che credo meritasse molto di più. Sono qui a parlarne serenamente e penso sia una cosa positiva“.

Perché al Torino di Cairo manca sempre qualcosa per diventare una squadra da medio-alta classifica?

“Condivido, ma al 50%. Parlo della mia esperienza, ovviamente non posso parlare degli altri. Quando sono arrivato io il Torino era reduce da 4-5 anni di Serie B, un insulto al calcio, e in tre anni siamo passati dalla B all’Europa vincendo a Bilbao. Siamo l’unica squadra italiana a riuscirci. Nel calcio i risultati sportivi coincidono con i risultati economici, la Roma ne è un esempio. A tanti giocatori, come Cerci, è stato offerto il triplo all’Atletico Madrid e non puoi pensare di trattenerli. Tranne le big, per le squadre come il Torino è importante saper gestire queste situazioni con un’importante programmazione tecnica. Il Torino quando sono andato via io, secondo me, ha peccato un po’ di questo: è nato un filo di presunzione dopo 5 anni all’ottavo-nono posto, si è cominciato a programmare meno prendendo nomi importanti che non hanno reso come ci si aspettava. Questo è stato l’errore“.

Gasperini è l’allenatore giusto per la Roma?

“Gasperini ha fatto cose straordinarie a Bergamo, mi auguro che riesca a farle anche a Roma. Ero estremamente curioso, il modo di giocare di Gasperini era diverso da quello a cui sono abituati i giocatori della Roma e volevo vedere se e come sarebbe riuscito a trasmettere quel tipo di atteggiamento. C’è ancora lavoro da fare, ovviamente, ma i giocatori lo seguono e su questo non c’è dubbio. C’è la possibilità di fare un lavoro importante: se tutto il gruppo sposa la causa, Gasperini diventa determinante“.

Che partita sarà quella di domenica?

“Una gara importante per la Roma e delicata per il Torino: se i giallorossi vincono danno continuità e si presentano al derby da primi in classifica, i granata hanno un filo di ambizione. I cinque gol di Milano hanno creato un po’ di malumore che potrebbe diventare ancora più importante in caso di sconfitta a Roma. Baroni ha appena iniziato, ma le piazze con una storia alle spalle hanno sempre delle ambizioni anche se non lo dicono“.

Gattuso ha veramente portato aria fresca nella Nazionale?

“E’ un discorso che parte da lontano. Nel 2006, quando Lippi ha vinto il Mondiale, i panchinari erano del livello di Del Piero… scusate se è poco. Poi due volte non ci siamo qualificati ai Mondiali, una con me, e abbiamo fatto un Europeo difficile. Quando c’ero io passava solo la prima del girone e c’era la Spagna più forte degli ultimi 50 anni, non la Norvegia. Il rammarico contro la Svezia è stata l’andata e il gol subito nell’unico tiro in porta, poi al ritorno non siamo riusciti a farlo noi. Ci sono tante scelte che magari non rifarei, ma stiamo parlando della preistoria ed è inutile tornarci. Quattro anni dopo, con lo stesso risultato, si parlava di incidente di percorso: forse le cose potevano essere gestite in modo diverso. Resto tifoso della Nazionale e tifo Gattuso con tutte le mie forze, sperando che possa portarci al Mondiale. Una volta ci andavamo per vincerli, oggi il nostro sogno è qualificarci“.

Che cosa c’è di poco credibile nell’ingranaggio Italia?

“Il sistema andrebbe cambiato, l’allenatore non basta. Spalletti è un mio amico ed è stato un mio giocatore, all’Europeo facevo il tifo per lui ma i giocatori non davano grandi segnali di compattezza e sembravano svuotati. Gattuso ha portato qualcosa di diverso: si è trovato giocatori importanti come Kean e Retegui, per fortuna ho visto una grande disponibilità da parte di tutti i calciatori, spensieratezza e voglia di fare. Segnali assolutamente piacevoli per uno che tifa la Nazionale. Poi ovviamente ci sono i valori in campo e le prestazioni dei singoli, contro Israele come ha detto Gattuso ‘qualcuno ci ama da lassù’. Oggi c’è ancora la speranza di fare gli spareggi o anche qualificarsi direttamente, anche se la strada è in salita. Al di là delle condizioni fisiche di qualche giocatore mi sembra che il gruppo sia più allegro, voglioso e disponibile reciprocamente. Segnali importanti, anche se non garantiscono il risultato“.

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