Calcionews24
·10. Oktober 2025
Vieira: «Calciopoli? Sento quello scudetto mio, noi migliori sul campo»

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Un allenatore è la somma delle sue esperienze, e quelle di Patrick Vieira sono state straordinarie. Dal Senegal alla Francia, sognando di essere Zidane, fino a diventare una leggenda in Inghilterra e in Italia. Oggi, da allenatore del Genoa, ha raccontato il suo percorso in un applauditissimo colloquio con Luigi Garlando al Festival dello Sport..
Vieira ha ricordato i suoi inizi e il suo idolo d’infanzia, ammettendo di non averne mai posseduto il talento, ma di aver costruito la sua carriera su altre doti. «Volevo essere Zidane, tutti in quel periodo sognavano Zidane». Un percorso che lo ha portato a vincere tutto con la nazionale francese e quasi tutto in Italia, con uno scudetto juventino che, nonostante Calciopoli, sente ancora suo. «Ma io lo sento mio, sul campo siamo stati i migliori e quindi vale».
È stata l’Inghilterra, alla corte di Wenger, a fargli scoprire la sua vera vocazione. «Lì ho capito che avrei voluto allenare, salendo un piano alla volta». Ora guida un Genoa in difficoltà, ma con un’identità precisa e un progetto a lungo termine basato sui giovani. «In classifica abbiamo solo due punti, siamo in ritardo. Ma la squadra ha una sua identità. Vogliamo valorizzare i nostri ragazzi: Venturino, Ekhator, Marcandalli, lasciando anche loro il tempo di sbagliare. Ora aspetto il derby con la Sampdoria: una città come Genova lo merita».
Tanti gli allenatori che lo hanno ispirato, ma il primo a lasciargli un insegnamento fondamentale fu Fabio Capello, ai tempi del suo difficile esordio al Milan. «Capello mi ha insegnato una cosa fondamentale quando arrivai in Italia giovanissimo, nel Milan. In quel gruppo era quasi impossibile trovare spazio, ma lui mi parlava e mi considerava. E’ un’accortezza che serve ai ragazzi per mantenere fiducia nei propri mezzi».
Dopo l’anno alla Juve, arrivò il passaggio all’Inter. «Mi è dispiaciuto restare solo un anno alla Juve ma dopo la retrocessione in B è arrivata la proposta dell’Inter e ho deciso di accettarla. E mi sono divertito». Un’esperienza vissuta con più sintonia con Mancini che con Mourinho, anche se oggi, da allenatore, ammette di aver capito le ragioni dello Special One. «Con José ho discusso qualche volta, perché motivava le mie esclusioni sostenendo che gli altri andavano più forte. Non fu semplice da digerire sul momento, ma ora che sono dall’altra parte posso ammettere che aveva ragione…».