Calcionews24
·25 August 2025
Bonazzoli: «La rovesciata? Un gesto istintivo. Nicola, un rapporto speciale, per me è un padre. E sull’Inter…»

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Un gol da cineteca, una rovesciata che ha ammutolito San Siro e ha regalato alla sua Cremonese una vittoria tanto inaspettata quanto meritata. Quella di Federico Bonazzoli non è stata solo una prodezza balistica, ma il manifesto di un talento ritrovato, la fotografia di un giocatore che, a 28 anni, sembra aver finalmente trovato il suo equilibrio. Partito come predestinato nelle giovanili dell’Inter, con un esordio in Serie A a soli 16 anni, la sua carriera è stata un percorso a ostacoli, segnata da pressioni enormi e da un potenziale a volte inespresso. Ma il ragazzo che si divertiva a fare rovesciate in casa con qualsiasi oggetto è cresciuto, è diventato uomo e ha trasformato le difficoltà in consapevolezza. A La Gazzetta dello Sport, l’attaccante della Cremonese ha descritto la sua carriera.
MESSAGGI POST-GARA – «Tanti. Amici, ex compagni. E pure ex allenatori e dirigenti del settore giovanile. Messaggi bellissimi. Un’emozione forte che tengo per me. Come quella vissuta dalla mia fidanzata e dalla mia famiglia in tribuna a San Siro. Una sensazione anche più forte della mia».
LA FELICITA’ DI UN GOL A SAN SIRO CONTRO IL MILAN DA UN INTERISTA – «Certo, ci mancherebbe. Il Milan per altro mi porta bene perché non è la prima volta che succede, ma la rivalità non c’entra. All’Inter ho vissuto 12 anni della mia vita, a San Siro ho esordito con la maglia nerazzurra, per me è uno stadio magico. All’Inter ho creato rapporti che sono ancora vivi, è il luogo del cuore, ma io sono interista a prescindere da quello che faccio in campo».
LA SUA INTER – «La mia Inter è la Cremonese. Sto bene qui e voglio stare qui. Ho imparato col tempo che guardare troppo in là, creandosi aspettative, è più un danno che altro».
IN PASSATO HA DETTO: “MI VIEN PIÙ NATURALE UNA ROVESCIATA CHE UN COLPO DI TESTA”. – «È così. Da bambino, in casa, facevo rovesciate con qualsiasi oggetto. Un gesto istintivo che mi viene naturale e mi è rimasto dentro. Non penso si possa allenare e a San Siro è uscita la mia versione migliore».
IL GOL – «Quando è partito il cross di Pezzella ho pensato “questa è perfetta”. In quell’attimo è scattato qualcosa, poi l’ho colpita troppo bene e ho subito pensato al gol. Quando provi spesso il gesto, capisci al volo se il colpo è quello giusto».
DAVIDE NICOLA – «La sua importanza va oltre il rapporto giocatore-allenatore. Lui ha un peso nella mia vita. Ci legano i momenti vissuti insieme, le esperienze condivise e lo spessore umano che ha sempre mostrato. Confesso che quando il club ha deciso di cambiare allenatore ho sperato che il futuro fosse lui».
A SALERNO HA LEGATO CON RIBERY. – «Che sento ancora. Un punto di riferimento. Ha fatto la storia del calcio ma la persona è ancora più grande del calciatore».
UNA CARRIERA INFERIORE ALLE POTENZIALITA’- «Sì e no. Di vero c’è che sin da bambino ho sempre dovuto convivere con pressioni elevate che non mi hanno fatto bene. Colpa anche mia, non ero pronto. Ho sempre cercato il mio equilibrio: c’è chi lo trova prima, chi dopo e chi non lo trova mai. Ora penso di essere al posto giusto nel momento giusto e dove merito di stare. A 28 anni, se mi guardo indietro, vedo che ho fatto 200 partite in Serie A e segnato una trentina di gol. Quello era il mio percorso. A 15 anni già si parlava di me, a 16 ho esordito nell’Inter. Una precocità che avrà fatto pensare che potessi fare 500 gare nell’Inter segnando 300 gol, ma non funziona così».
UN RMPIANTO – «In quella Inter mi sarebbe piaciuto giocarmi un po’ di più le mie carte. Ma capisco le situazioni e rispetto le scelte fatte».
IL GOL A SAN SIRO SERVIRÀ ANCHE A SCALARE LE GERARCHIE – «No. Dà però fiducia a me e alla squadra, che viene prima di tutto».