Emerson Royal: “In Italia si parlava più di me che di CR7. Addio al Milan? Decisione mia” | OneFootball

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·21 November 2025

Emerson Royal: “In Italia si parlava più di me che di CR7. Addio al Milan? Decisione mia”

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Emerson Royal ha rilasciato un’intervista ai microfoni de La Gazzetta dello Sport in cui ha parlato della sua esperienza in Italia al Milan.

“Oggi sto bene e sono finalmente tornato ad essere felice. Tornare qui dopo tanti anni fuori è stato speciale. Stiamo disputando due competizioni importanti e una delle ragioni per cui ho scelto di rientrare era farmi conoscere di più dalla gente del mio paese, perché sono stato tanto tempo all’estero. È una sensazione bellissima sentirmi apprezzato”.


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Nell’estate del 2024 arriva la chiamata del Milan

“Sì, il Milan ha parlato prima con il mio agente, poi mi hanno chiamato personalmente i dirigenti e infine Zlatan. Mi hanno spiegato il progetto e mi era piaciuto, così ho accettato”. 

Quando arriva a Milano, si sente accolto dai tifosi? 

“Io sono arrivato in Italia con una sensazione un po’ strana da subito. Dall’inizio, ogni volta che dicevo o facevo qualcosa si parlava di me più di quanto si parlasse di Cristiano Ronaldo ma in modo negativo. Mi sentivo di dover fare sempre il doppio per essere accettato, e poi non essere accettato comunque”. 

“Non sa difendere, non sa attaccare”: iniziò a circolare un video in cui i tifosi del Tottenham cantavano questo nei suoi confronti. 

Quel video è stato manipolato e fatto passare per recente quando sono arrivato al Milan, ma era un video vecchio. Risaliva a un momento difficile che avevamo vissuto con Conte. I tifosi commentano tutto, è normale. Ma quando ho scelto di andare via dal Tottenham, il club ha provato a trattenermi perché ero migliorato tanto. E avevo un ottimo rapporto con tutti”.

Come l’ha vissuta questa pressione? 

“Io sono uno che non si lascia colpire facilmente, perché conosco il mio valore. Ma non è bello arrivare e sentire quell’onda d’odio senza ancora essere entrato ancora in campo e aver giocato anche solo un minuto. Ho una famiglia e degli amici: sono loro che soffrono di più. Non è stata di certo una situazione piacevole. Non vorresti mai sentire certe cose mentre stai cercando di fare al meglio il tuo lavoro, qualsiasi esso sia”. 

Dentro al club si sentiva ben voluto? 

“Sì, la fiducia del club e dei compagni l’ho sentita sempre, e infatti al Milan mi sono preso un posto da titolare. Il problema era altro: in Italia la stampa ha un peso enorme e io non lo sapevo minimamente. Quello che si dice fuori è molto forte e influisce a priori”.

Ha notato la stessa fiducia prima da Fonseca poi da Conceição? 

“Nessuna differenza. Con Fonseca giocavo, con Conceição anche. L’infortunio mi ha fermato e quando sono tornato mancavano due partite alla fine. Parlavo molto con Sergio: mi diceva che sarei stato importante e titolare nel suo Milan. E fino a quando sono stato disponibile, è stato così”.

E allora perché l’addio al Milan? 

“Parte tutto da me e da una mia richiesta. Ho parlato con la mia famiglia, con il mio agente, e l’idea di andarmene era già diventata una priorità. Non avrei potuto continuare con quella sensazione addosso. Al Tottenham mi era successa la stessa cosa, ma lì ero riuscito a far cambiare idea: arrivi, la gente parla, poi non vogliono più che tu te ne vada. È sempre questione di tempo e adattamento. Inizialmente avevo pensato di fare lo stesso anche al Milan, di restare per dimostrare davvero chi sono. Ma dopo l’infortunio e i mesi fermo, quella sensazione si è amplificata ancora di più. E quando ho capito che il mio rapporto con l’ambiente si era ormai logorato, mi sono reso conto che restare non sarebbe stata la scelta giusta”. 

Oggi le manca un po’ l’Italia? 

“No, sinceramente no. È un paese bellissimo, il Milan è un top club, ma non avrò mai quella sensazione di nostalgia, perché non c’è motivo per cui mi possa mancare. Mi manca la Spagna, dove sono stato molto felice al Betis. E anche l’Inghilterra. L’Italia no”.

Se potesse mandare un messaggio ai tifosi del Milan? 

“Direi che da una parte li capisco benissimo: pagano il biglietto, vogliono il massimo per la squadra e pretendono che ogni giocatore renda sempre al meglio. Non ho nulla contro questo, lo rispetto totalmente. Però a volte è stato veramente un po’ troppo, perché io ero un giocatore del Milan e supportarmi avrebbe aiutato anche il Milan stesso. Quando un calciatore commette degli errori, se la tifoseria gli resta vicino lo aiuta ancora prima che le cose vadano davvero male. Non si può essere al 100% tutti i giorni: ci sono partite in cui ti riesce tutto e altre in cui non gira. È umano, ed è qualcosa che va accettato. Invece io mi sono sentito spesso criticato con molta esagerazione, anche in momenti in cui avevo fatto partite importanti davvero molto bene…” 

Di quali va particolarmente orgoglioso? 

“Sicuramente il primo derby e quella con il Real Madrid. Io sono fatto così, mi gaso con le grandi e l’atmosfera forte”.

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