ESCLUSIVA PSB – Cesena, Castagnetti: “Qui ho trovato una famiglia. Mignani mi ha sorpreso. Cremonese? Ecco cosa immaginavo” | OneFootball

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·18 November 2025

ESCLUSIVA PSB – Cesena, Castagnetti: “Qui ho trovato una famiglia. Mignani mi ha sorpreso. Cremonese? Ecco cosa immaginavo”

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Quello dei gol magnifici, del mancino che contiene storie oltre che traiettorie, della regia come missione più che come ruolo. Michele Castagnetti, nella storia recente del calcio italiano, ha spesso avuto (e meritato) le copertine pur senza chiedere i riflettori. Lontano dalla calca che cerca visibilità, refrattario ad alcuna forma di ego che non sia quella da manifestare con la bellezza delle sue giocate, iconico per le gioie regalate e i sogni tramutati in realtà. Quattro promozioni dalla B alla A con tre squadre diverse, lo status di certezza ma senza spigoli inscalfibili, perché la sua simpatia e umanità lo rendono molto più vicino all’interlocutore di quanto si possa immaginare. Il classe ’89 ha fatto tanto e scritto tante pagine del libro della propria vita, eppure non ha la benché minima intenzione di farlo altezzosamente notare. Ora al Cesena, dopo sette stagioni imbottite di vita e aneddoti in quel di Cremona, il centrocampista si è raccontato in esclusiva ai nostri microfoni.

Michele, inevitabile cominciare tracciando un primo consuntivo di questo campionato. Il Cesena occupa con merito le più nobili posizioni di classifica. Oltre la proposta, che è riconoscibile, assorbita dai calciatori e senza alcun dubbio lodevole, il Cavalluccio restituisce la netta sensazione di essere una squadra espressione di un progetto che ha basi solide e idee chiare. Percepisci tutto ciò?


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“Sono qui da poco tempo, ma mi ha colpito sin da subito l’alchimia presente nell’ambiente. Ricordo la partita della prima giornata contro il Pescara, che ho visto in TV: c’è stato un incredibile e caloroso abbraccio di gruppo al momento del gol di Shpendi, grazie al quale ho definitivamente capito di voler entrare in questo gruppo. C’è un’atmosfera bella, aiutata senza alcun dubbio dei risultati ma, a mio avviso, con una base davvero pura. Ho conosciuto il presidente, che mi ha trasmesso il suo entusiasmo e la sua visione. Il Direttore è sempre in campo, altra nota da menzionare. Concentrandoci poi sulla squadra, posso dire con ragionevole certezza che tutti i nuovi arrivati si sono aggregati al meglio. Questa è davvero una grande famiglia, e lo si vede indistintamente negli allenamenti e in partita. Il Cesena viene prima di tutto, è una sensazione incredibile”.

Entrando metaforicamente in campo, l’architetto di tutto ciò è Michele Mignani. Durante la tua presentazione, secondo me, fornisti indicazioni semplici, asciutte ma molto esplicative (“è un allenatore chiaro, la squadra lo segue, mi chiede le cose che so fare e che il mio ruolo impone”). Due mesi dopo, cosa puoi e vuoi aggiungere?

“Il mister mi ha sorpreso positivamente. Riesce sempre a trovare le parole giuste quando si confronta con la squadra. Legge le situazioni in maniera ininterrottamente costruttiva, non è mai banale. Sono arrivato qui a campionato già iniziato, mi sono messo sin da subito a disposizione, lui con me è stato chiaro e questo è un altro tratto positivo. Mi sto trovando bene sia in campo che fuori”.

Custodisci le chiavi della mediana assieme a Berti e Francesconi, due prodotti del settore giovanile del club diventati perni della prima squadra. Uno, Berti, di letture e talento; l’altro, Francesconi, di energia, impeto e dedizione. Sembrate davvero ben amalgamati, come certificato dalle prestazioni.

“Sono ragazzi di una volta, mi ha fatto davvero piacere poter incontrare due 2004 così. Oggi si preferisce l’ostentazione, mentre loro sono persone semplici, con un’energia invidiabile. Corrono tanto, si mettono a disposizione facendo tutto ciò che è nelle loro possibilità, accettando l’errore ma, al contempo, proseguendo con convinzione per le rispettive strade. Il Cesena ha bisogno della loro energia. C’è una cosa che aggiungo e che per me è fondamentale: entrambi giocano nella squadra che tifano. Sono cresciuti qui, hanno il Cesena nel cuore, ed è un sentimento che portano in campo”.

Michele, concedimi un riferimento molto elevato per aiutare a comprendere il concetto. In sede di presentazione con il Cesena, hai elegantemente spento qualsivoglia potenziale polemica con l’addio alla Cremonese dopo sette stagioni, da te definito come una mera scelta tecnica presa dal club. Dato il tuo valore e il talento che sempre hai distribuito, è stato un momento decisamente inaspettato. Un po’ come successe ad Andrea Pirlo, salutato senza troppi drammi dal Milan e accolto dalla Juventus, dove smentì rapidamente ogni (potenzialmente folle) dubbio. Voi calciatori avete chiaramente una fiamma che cercate di alimentare: nel tuo caso, c’è una forma di rivincita che ti sta accompagnando?

“No, assolutamente. Sarei ipocrita se ti dicessi di aver accettato questa cosa a cuor leggero. Non mi aspettavo un simile epilogo con la Cremonese dopo sette stagioni. L’ultima annata, tra l’altro, è stata molto intensa: siamo partiti male per poi recuperare terreno con una grande rincorsa, fino a vincere i playoff e vivere un’emozione molto grande. È stato un finale che non immaginavo, sarò sincero. Quando mi è stata comunicata la decisione mi è dispiaciuto, ma credo sia stata una reazione fisiologica. Detto ciò, non c’è nessun segno di rivalsa che porto con me. Ho maturato e metabolizzato questa cosa in un mese e mezzo, da quando ho ricevuto la notizia al momento del mio trasferimento, e ho capito di dover essere grato per l’opportunità che stavo ricevendo, perché il Cesena ha creduto in un calciatore di 35 anni, una cosa che non è da tutti. Sono nel mondo del calcio da tanto tempo, so come funzionano certe cose, e oggi siamo rimasti in pochi con l’8 davanti la data di nascita (Castagnetti è un ’89, ndr). A Cremona sono stato davvero bene, il dispiacere, come dicevo poc’anzi, era inevitabile: sono passato in appena 20 giorni dall’essere capitano nella finale playoff, dato che Matteo Bianchetti era infortunato, al dover andare via. Il calcio funziona così, avevo già vissuto sulla mia pelle situazioni del genere. Sono grato alla Cremonese per quello che è stato e al Cesena per la fiducia riposta in me”.

In questa fase della tua carriera credo che il riferimento non sia più a lungo termine. Cosa cerca, adesso, Michele Castagnetti?

“Mi rifaccio a una conversazione avuta pochi giorni fa con Simone Romagnoli, mio ex compagno ora alla Sampdoria. Abbiamo più o meno la stessa età, e parlavamo proprio di questo. Per quanto mi riguarda, a quasi trentasei anni voglio godermi al massimo il presente e le partite, perché so che non ce ne saranno ancora tante altre. Sono quindici anni che gioco, non giocherò per altri quindici (ride, ndr). Desidero vivere intensamente ogni momento. L’esperienza, in un certo senso, è anche questo: la capacità di saper allontanare l’ansia, che quando si è giovane cerca di offuscare un po’ le cose belle. Fatto questo step, ora apprezzo ogni istante, ogni partita, ogni istantanea dentro il campo. Sono molto competitivo, amo il calcio, punto a vincere e ad aiutare il Cesena. Il mestiere del calciatore cammina spesso sul filo, è spesso inutile pensare a lungo termine. Per toccare nuovamente il tema Cremona, mai avrei pensato di andare via, immaginavo che avrei terminato lì la mia carriera, eppure ciò non si è concretizzato. È arrivato il Cesena, con tante nuove possibilità annesse: persone da conoscere, esperienze da fare, una città da scoprire, ergo una situazione affascinante. La mia famiglia si trova bene, qui ci piace tutto, ma se non avessimo fatto questo passo non avremmo mai saputo tutto ciò”.

Ho letto sul web una cosa di te mai approfondita dalla stampa: la tua esperienza all’Università ai tempi del Crociati Noceto, poi interrotta. Oltre a parlare di ciò, ti chiedo che ruolo ha la cultura nella tua vita.

“È vero, ho provato a frequentare l’Università per un anno, ma è uno dei miei più grandi rimpianti. Mi sono iscritto a lingue e culture europee a Parma, ma non sono riuscito a continuare. Il calcio in quella fase è diventato un mestiere a tutti gli effetti, ergo ho dovuto mettere un punto al capitolo accademico. È una cosa che ancora oggi mi dispiace. Quando giocavo al Crociati Noceto riuscivo ad andare, ma il trasferimento alla Feralpisalò mi ha portato a prendere questa decisione. La cultura per me è molto importante. Mia madre è insegnante, dunque sono cresciuto con questa forma mentis. Mi piace leggere, informarmi in senso lato. Ho una grandissima passione per il cinema, prima andavo spesso a vedere film, ora con i figli piccoli è un po’ più complicato. Stesso dicasi per la musica, che ascolto spesso”.

Dove collochi il Cesena in questo campionato? Il livello è molto alto, dunque non ti chiedo un obiettivo specifico ma, in misura più ampia, qual è il ruolo che pensi possiate recitare.

“La Serie B è un campionato particolare. All’inizio fioccano le griglie di partenza, ma dopo dieci partite sono già diventate obsolete. Ora arriva una fase decisamente importante, che probabilmente darà ulteriori indicazioni sull’evoluzione di squadre e obiettivi. Avendo ventitré punti e sette partite vinte all’attivo, adesso siamo percepiti e affrontati in una maniera diversa. Ai nastri di partenza forse c’era forse qualche dubbio per la giovane età di tanti componenti della rosa, ma ora la situazione è cambiata, dunque per noi il livello di difficoltà probabilmente si innalzerà. Il mercato di gennaio, aggiungo, scombussolerà qualche valore. Ponendo il focus su noi stessi, so che possiamo essere fastidiosi, ma dovremo continuare a essere umili e concentrati, altrimenti patiremo notevoli batoste. Pensare di essere bravi non è la via per una squadra come la nostra, saranno sempre necessari altri ingredienti: lavoro, serietà e abnegazione. Ora è il momento di cercare di fare quanti più punti possibili, dopodiché vedremo a febbraio/marzo quali discorsi poter portare avanti”.

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