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·17 November 2025
Gazzetta – Il Napoli deve ritrovare la normalità: contro l’Atalanta un ritorno al passato

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·17 November 2025

Dov’eravamo rimasti? Bologna, 9 novembre 2025, le diciassette o giù di lì d’una domenica d’un giorno che sarebbe diventato da cani, “tra morti” che non s’accompagnano, “orticelli” coltivati per fatti propri e il senso scomposto di macerie che neanche s’intravedevano almeno due ore prima che cominciasse “quella” partita. Oppure no, magari sarà sabato 25 ottobre 2025, il tempo lieve d’un sorriso, l’Inter spostata di netto e il riconoscimento e la fierezza «per quegli uomini veri». C’è un filo di luce in questo microcosmo che è rimasto disorientato, ha attraversato una settimana dentro una bolla avvelenata, s’è portata appresso l’eco della sfuriata di Antonio Conte, s’è aggrappata all’espressione composta di De Laurentiis (“tra me e Conte esiste da sempre una sintonia speciale che accomuna certi uomini”), s’è sentita un po’ scuotere da venticelli chissà quanto calunniosi su presunte intenzioni e reali movimenti sotterranei, e poi ha scoperto ch’è finita, inspirando e respirando, questa tormenta: alle 15 si riparte, e chissà come, certo mica facendo finta di niente, perché qualcosa può essere rimasto.
C’è una missione in questo Napoli che deve fronteggiare una situazione insolita, dall’alto di un terzo posto a due punti dal primo in campionato e con la qualificazione ai play-off di Champions League che non è utopia: normalizzare. E ciò vuol dire lasciare che il rientro di Conte appartenga alla naturale routine d’una squadra di calcio che riappare in sé dopo un week-end di vacanza e riveda il proprio allenatore, reduce da uno sfogo inusuale, potente e possente: ci sarà, e come sempre, Giovanni Manna, il direttore sportivo, e non ha in agenda spostamenti irrituali Aurelio De Laurentiis.
Perché De Laurentiis e Conte, Manna e Conte, hanno chiaramente dialogato a lungo, in telefonate inevitabilmente lunghe, necessarie per confrontarsi, e per analizzare le difficoltà di una squadra che ha smesso di segnare nelle ultime tre partite e dunque di vincere. Però i problemi non sono mancati, anzi sono aumentati: Conte tornerà e rivedrà anche Anguissa confinato a far terapia, un pilastro in meno per andare a “far la guerra con calciatori che mi seguono e che meritano gratitudine”.
E cercando qua e là, in un organico che poi è depotenziato dagli infortuni ma non certo limitato, qualcosa si trova: il tridente riappare, nella sua lucentezza, è fine, sa di calcio d’avanguardia, rappresenta un capo della maison Napoli che ha contribuito ad arricchire la storia: ce n’è stato negli anni in cui Spalletti è arrivato al miracolo-scudetto e nel capolavoro di Conte, per il quarto titolo. Ce n’è ancora, d’altro canto questa squadra nasce per stare nel 4-3-3, poi accantonato per non rinunciare ad uno dei Fab Four. In difesa, non si sbaglia, ora che Olivera tornerà a ridosso della sfida con l’Atalanta e che Spinazzola dovrà calarsi nel suo ruolo: da sinistra verso destra, si può immaginare che venga chiesto a Gutierrez di assecondare le uscite e le diagonali e il resto, beh, non fa un plissé, con Buongiorno, Rrahmani e Di Lorenzo guardiani di Milinkovic-Savic. In mezzo, senza Anguissa e De Bruyne, è un altro calcio, ma Lobotka è sempre lui, conosce i tempi per orientare l’attacco e ha la saggezza per fungere da frangiflutti. Intorno, da una parte Elmas, che sa fare varie cose ma la mezzala assai di più, e McTominay, che può riprendersi il suo ruolo, quello nel quale ha esaltato la propria natura, prima al Manchester United e poi come Mvp di una stagione solare. E’ davanti che si riapre un libro alle pagine precedenti: il primo Neres andò spesso a sinistra; e adesso, volendo, gli viene riconsegnata la fascia, dovrà garantire gli equilibri che dall’altra parte sono offerti da Politano e poi dialogare con Hojlund, che è altro rispetto a Big Rom, ama semmai allungare, andare nelle profondità. Non quelle atmosferiche di questa settimana cupa, piena di retropensieri.
Carlo Gioia









































