Calcio e Finanza
·3 December 2025
Gravina: «Si parla di dimissioni senza Mondiale: ma se vado via, riparte il calcio italiano?»

In partnership with
Yahoo sportsCalcio e Finanza
·3 December 2025

A pochi mesi dai playoff che decideranno la qualificazione dell’Italia ai Mondiali del 2026, il presidente della FIGC Gabriele Gravina ha deciso di fare un po’ di chiarezza sui tanti punti in discussione. Lo ha fatto in un’intervista rilasciata al direttore del Corriere dello Sport Ivan Zazzaroni, nella quale ha detto che «non c’è una norma che mi impone di fare un passo indietro», ma anche le sue fragilità e quei dubbi che continuano a turbarlo, ammettendo che, se andasse male pure stavolta, «delle riflessioni personali le farei».
Gravina ha respinto le accuse di immobilismo, rivendicando alcuni risultati progettuali come la battaglia per la sostenibilità. La sua provocazione è da titolo: «A chi mi dice “vai a lavorare” rispondo: se vado via io, riparte il calcio e vinciamo i Mondiali? Se ne avessi la certezza, sarei il primo a farmi da parte. Per questo sono un uomo sereno».
Gravina parte da quelle che secondo lui sono le cause del declino del calcio italiano: «La metodologia sbagliata. Ogni volta che la Nazionale commette un passo falso, immediatamente c’è l’indignazione popolare e si chiedono le teste. Ci sto, è il gioco dei tifosi. Ma noi continuiamo a cercare colpevoli senza renderci conto che la FIGC non può imporre certe cose, ma soltanto sensibilizzare».
«Abbiamo ad esempio approvato una norma che permette di scorporare dal numeratore dell’indicatore del costo del lavoro allargato gli ammortamenti e gli stipendi degli Under 23 italiani. Rendiamo conveniente puntare sui giovani azzurri», ha aggiunto.
La formula però non può essere quella di tornare al passato, con un numero ridotto e definito di stranieri per rosa: «È impossibile. La FIGC può solamente intervenire sugli extracomunitari, come ha già fatto, rispettando le quote assegnate dalla legge Bossi-Fini. È impossibile limitare il numero di stranieri comunitari, è contro le norme Ue che dalla sentenza Bosman in poi prevedono la libera circolazione dei calciatori. Puntare sugli italiani non può essere un obbligo, semmai deve diventare una vocazione naturale. Che si abbina agli investimenti sui settori giovanili e sulle infrastrutture».
Poi, sul progetto giovani: «La nostra progettualità va avanti dal 2018, nel frattempo siamo diventati campioni d’Europa con l’Under 17 e con l’Under 19 e vicecampioni del mondo Under 20. Stiamo poi avviando un progetto per l’attività di base dai 5 ai 13 anni con due campioni del mondo, Perrotta e Zambrotta, insieme a un maestro come Prandelli. Vogliamo cancellare l’idea di un metodo incentrato solo sulla tattica».
«Meno tattica e più tecnica, questo l’obiettivo. Dobbiamo liberare l’estro. I bambini si annoiano, vogliono giocare, gli allenatori tendono a ingabbiarli negli schemi già in tenera età», ha detto Gravina parlando della ricetta necessaria. Non manca anche un attacco ai club di Serie A: «Società antagoniste della Nazionale? Oggettivamente lo sono, anche se involontariamente. Ogni club guarda al proprio tornaconto».
Gravina ha parlato anche di situazioni che lo hanno fatto pentire negli anni: «Una su tutte: ho convocato un’assemblea per la riforma e ho sbagliato a fare marcia indietro. Perché? Temevo che il confronto sarebbe stato aspro e duro, forse avrei pagato un prezzo personale troppo alto. Ho preferito il dialogo, ma il tempo ora non ce l’ho più. Quello però era il momento di spingere, come poi ho fatto per la modifica dello statuto».
Mentre sulla riforma dei campionati ha spiegato: «Prima di marzo dobbiamo aprire il tavolo. La riforma dovrà essere radicale. In Italia abbiamo 100 società professionistiche rispetto alle 92 dell’Inghilterra, che ha due livelli di professionismo. Nella nostra Serie B il 35% del turnover surriscalda il sistema e lo indebita. Il concetto di mutualità tra le leghe ha una percentuale altissima in termini di divario. Non può ridursi tutto a “Serie A a 18 sì o no”. Serve il consenso di tutte le leghe».
Tornando ai club, si parla anche di debiti e di proprietà: «Esistono norme federali e norme del codice civile. Sfido chiunque, davanti a un notaio, a impedire il passaggio di quote. L’unica arma che noi abbiamo è il benestare della commissione sui principi etici e sulla solidità economico-finanziaria di alcuni soggetti. La chiave è la sostenibilità, purtroppo confusa con il concetto di crescita senza limiti. Valore della produzione e costo del lavoro devono andare d’accordo. Non vuol dire che non puoi spendere, ma che si può fare mettendo delle risorse. In Bundesliga da 18 anni il 90% delle società chiude in utile».
Sul mercato della Lazio, Gravina ha spiegato che è bloccato perché «è mancato il rapporto tra questo valore della produzione e il costo del lavoro. Quindi pochi ricavi e costi troppo alti. Il risultato ha dato tre parametri non rispettati. Così si è arrivati al blocco totale». Ora l’indice di liquidità non conta più come prima. «Guardate, io sono sempre stato per l’indice di liquidità ammissivo: se non rispetti il rapporto tra attività e passività correnti, non ti iscrivi al campionato. Era a 0,5, noi lo abbiamo portato a 0,6 quando nell’economia di mercato già 1 è un fattore di rischio. La Lega ci portò in tribunale. Oggi è evidente che il mondo del calcio viva momenti di fibrillazione finanziaria. E va dato merito a chi ricorre alle proprie finanze».
Infine, una battuta sulle Nazionali, da molti ritenute causa dei calendari intasati: «Come si fa anche solo a pensare di toglierle? La Nazionale è identità territoriale, fenomeno di aggregazione, ci rende orgogliosi del nostro Paese e ci unisce nella solidarietà quando va male. Sono sentimenti che fanno bene a un popolo».
Live


Live







































