Calcio e Finanza
·29 September 2025
La denuncia di FIFPro: le troppe partite sono un rischio per la salute dei calciatori

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·29 September 2025
Allo stato attuale, i calciatori delle grandi squadre mondiali giocano troppe partite con periodi di riposo insufficienti tra una stagione e l’altra. A ribadirlo è l’ultimo studio sull’impatto sulla salute e sulle prestazioni dei giocatori condotto da FIFPro, il sindacato mondiale dei calciatori.
Il rapporto annuale Player Workload Monitoring rivela che nessuno dei club che hanno partecipato al Mondiale per Club di quest’estate ha concesso ai propri giocatori i 28 giorni minimi di riposo raccomandati tra le stagioni, e la maggior parte ha iniziato la stagione senza il periodo di preparazione estiva minimo raccomandato, anch’esso di 28 giorni.
Per fare un esempio, le due finaliste del torneo FIFA, Chelsea e Paris Saint-Germain, hanno concesso rispettivamente 20 e 22 giorni di riposo ai loro giocatori, seguiti da ritiri estivi di soli 13 e 7 giorni. Real Madrid e Manchester City hanno avuto periodi di pausa e preparazione inferiori a tre settimane ciascuno, non garantendo quindi il tempo necessario.
Inoltre, attualmente il calcio è lo sport di squadra che concede meno periodo di riposo ai propri atleti (tre settimane, ma come visto ci sono esempi al di sotto dei minimi). Infatti, i giocatori delle finaliste playoff della NBA hanno a disposizione ben 14 settimane di riposo, mentre una franchigia arrivata alle World Series di baseball ne concede 15.
Guardando ai singoli giocatori, Alessandro Bastoni dell’Inter, Fabian Ruiz del PSG e Federico Valverde del Real Madrid hanno disputato più di 70 partite la scorsa stagione, mentre Kim del Bayern Monaco ha giocato 20 partite consecutive senza i cinque giorni di riposo raccomandati. Achraf Hakimi del PSG ha giocato 69 partite lo scorso anno e dovrebbe arrivare a 74 in questa stagione.
«Per noi giocatori è vitale avere un periodo di recupero che permetta al corpo di adattarsi e ripartire – ha dichiarato Chris Wood, attaccante del Nottingham Forest e della Nuova Zelanda –. Vogliamo giocare più partite possibile, questo ci rende felici, ma dobbiamo assicurarci di prenderci cura del nostro corpo a lungo termine. Puoi reggere 50-60 partite l’anno per uno o due anni, ma dal terzo in poi iniziano i problemi. Serve almeno un mese di recupero, meglio sei settimane, ma con almeno quattro settimane puoi arrivare prontissimo alla stagione successiva».
Wood, entrato di recente nel Global Player Council di FIFPro, ha sottolineato anche l’impatto dei viaggi: «Capita che giochi di sabato, poi subito dopo prendi un aereo per tornare in Nuova Zelanda e viaggi 30 ore. Anche con posti letto sugli aerei, il corpo non riesce a recuperare. Per chi viaggia verso Sudamerica, Australia o Oceania, è devastante: tre o quattro giorni dopo devi già tornare ad allenarti».
Lo scorso anno la FIFPro, che da anni chiede di affrontare seriamente questo problema, ha presentato un reclamo formale alla Commissione Europea contro la FIFA per abuso di posizione dominante. Il massimo organo del calcio mondiale ha respinto queste accuse, attribuendo la colpa della congestione a club, leghe e confederazioni continentali, sostenendo invece di avere la responsabilità di far crescere il calcio nel mondo. FIFPro replica indicando le lunghe liste di infortunati di Chelsea, PSG e altri club partecipanti al Mondiale per Club, oltre all’aumento vertiginoso del numero di partite disputate da giovani talenti come Lamine Yamal, sottolineando l’alto rischio di burnout.
«È la tempesta perfetta di come non trattare un essere umano: troppe partite, troppi pochi giorni di riposo e di preparazione, e poi si ricomincia con un calendario affollatissimo – ha detto Darren Burgess, nominato da poco Director of Performance della Juventus –. Le conseguenze? Dai dati GPS dei club con cui ho lavorato sappiamo che, con partite ravvicinate e poco recupero, i giocatori non riescono a produrre le stesse prestazioni. Nel migliore dei casi cala la resa, nel peggiore arrivano gli infortuni».