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·18 June 2025

Manchester City Wydad: le tre cose che non hai notato della partita

Article image:Manchester City Wydad: le tre cose che non hai notato della partita

Ecco le tre curiosità sulla sfida delle ore 18:00, Manchester City Wydad: match valido per il ritorno la prima giornata del Mondiale per Club

Il tema principale di Manchester City-Wydad non era il risultato, quasi scontato sulla carta (2-0), né l’impatto sul girone, ancora in fase embrionale. A risuonare nell’aria era una domanda più sottile, quasi un’ossessione per chi li osserva da anni: come fa una squadra che ha già vinto tutto a mantenere una fame così metodica, una cura del dettaglio così maniacale? Ecco la risposta (assolutamente affermativa) in tre momenti quasi trascurabili del secondo tempo, ricordandoci che forse la motivazione risiede nel fatto che se Guardiola passa una stagione senza successi, non può che rimettersi in moto immediatamente per recuperare il terreno perduto.

  1. Il cambio conservativo. Al 45′ esce Mailula, entra Rayhi. A una prima lettura, sembra un gesto di prudenza del Wydad, quasi di timore. Si toglie l’unico ammonito, uno dei più attivi, per non rischiare di rimanere in dieci. Un’ammissione di potenziale vulnerabilità? Sì, in parte, ma anche un atto di realismo. Se si vuole restare in partita si deve fare così. Anche perché dall’altra parte, come si può definire invece un avversario che dopo un quarto d’ora della ripresa di assoluta tranquillità manda in campo Rodrigo e Haaland? La differenza non la si vede solo negli undici, ma in chi li va ad avvicendare.
  2. Il primo regista. Minuto 47. Un rinvio dal fondo di Ederson. Un gesto tecnico che si ripete decine di volte in una partita, spesso senza che nessuno ci faccia caso. Eppure, quel lancio non è una liberazione, è un’impostazione. Non è un rinvio, è il primo passaggio di un’azione d’attacco. In quel piede c’è tutta la filosofia di un portiere che ha riscritto il suo ruolo: la palla non si butta mai, si gioca. La traiettoria lunga e precisa non è solo una dimostrazione di abilità balistica, ma la conferma di una costante tattica: nessuno come lui sa trasformare una situazione difensiva nell’inizio di un pericolo offensivo. Il portiere non è più l’ultimo uomo, ma il primo architetto. E lui, che ha record per quantità di assist e lunghezza del gettito, non si fa certo pregare da questa assunzione di compiti
  3. Un semplicissimo corner. Angolo di Foden al 49′, Vitor Reis stacca di testa, ma la palla finisce alta. Un’occasione sprecata, un nulla di fatto. Ma è davvero così? L’errore nella conclusione non cancella la perfezione del meccanismo che l’ha creata. Il cross teso e tagliato di Foden è disegnato, il movimento ad anticipare di Vitor Reis è la prova di uno schema studiato e mandato a memoria. Il gol non è arrivato, ma il pericolo sì. Quell’incornata alta non è un fallimento, ma un avvertimento. È la prova generale che conferma come il City, anche dalle palle inattive, abbia costruito un sistema di minacce costanti. Il gol è solo una delle conseguenze possibili; la vera forza sta nella capacità di creare sistematicamente le condizioni perché accada. Come ha dimostrato la rete del 2-0 nel primo tempo, con disegno sempre di Foden e deviazione perfetta di Doku, e come è successo anche prima con l’asse Marmoust e testa di poco fuori di Aké
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