Omicidio Bergamini, Michele Padovano: «Ricevette una strana telefonata, non aveva motivi per il SUICIDIO, lo abbiamo detto sempre. É stata restituita DIGNITA’ alla FAMIGLIA» | OneFootball

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·3 October 2024

Omicidio Bergamini, Michele Padovano: «Ricevette una strana telefonata, non aveva motivi per il SUICIDIO, lo abbiamo detto sempre. É stata restituita DIGNITA’ alla FAMIGLIA»

Article image:Omicidio Bergamini, Michele Padovano: «Ricevette una strana telefonata, non aveva motivi per il SUICIDIO, lo abbiamo detto sempre. É stata restituita DIGNITA’ alla FAMIGLIA»

Le parole di Michele Padovano, ex calciatore della Juventus, sulla sentenza per l’omicidio di Donato Bergamini. Tutti i dettagli

Si è conclusa ieri con la condanna dell’ex fidanzata l’oscura vicenda di Denis Bergamini, il calciatore del Cosenza per anni considerato suicida e, invece, ucciso il 18 novembre 1989. A parlarne a La Gazzetta dello Sport è Michele Padovano, compagno di squadra che il giorno dopo gli dedicò un gol e che ieri era presente alò tribunale di Cosenza.

LA FAMIGLIA«È stata restituita dignità alla famiglia e a noi compagni che volevamo bene a questo ragazzo, che per 35 anni è stato travolto da eventi incredibili. Lui è stato per me come un fratello maggiore. Ero con lui nella stanza d’hotel quel maledetto giorno. L’ho visto rispondere al telefono, accettare d’incontrare gli assassini. Anche se allora non disse nulla».LASCIO’ IL CINEMA DOVE ERANO«E non l’abbiamo più rivisto…Non c’erano i telefonini. Quando i dirigenti si accorsero della sua assenza, rimasero spiazzati. Denis era un tipo tranquillo, preciso. Mai avrebbe lasciato il ritiro».LA FIDANZATA«Isabella chiamò che era già ora di cena. E ci disse che si era suicidato, gettandosi sotto un tir».MOTIVI PER SUICIDARSI«Nessuno… Nessuno… Come si poteva dare credito a quella versione. Noi compagni eravamo senza parole, sapevamo che le cose erano diverse. Lo abbiamo sempre detto. Anche a chi allora stava indagando».DISSE DELLA STRANA TELEFONATA«Certo, lo dissi subito ai miei compagni. E ai dirigenti. E lo dissi al magistrato di allora a Castrovillari…»

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