Calcio e Finanza
·10 March 2025
Perché il Villaggio Olimpico di Milano-Cortina è un modello di riconversione urbana per la comunità

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·10 March 2025
Articolo a cura dell’architetto Ester Narducci
A meno di un anno dall’inizio delle Olimpiadi Invernali 2026, Milano si appresta a svelare il suo Villaggio Olimpico, un progetto architettonico firmato dallo studio Skidmore, Owings & Merrill (SOM), incastonato nella storica area di Porta Romana. Ma la vera grandezza di questa opera non risiede esclusivamente nella sua funzione temporanea al servizio degli atleti, bensì nella sua capacità di mutare pelle, diventando un vibrante polo abitativo per gli studenti. Un’operazione di riconversione che incarna il futuro delle città: luoghi pensati per evolversi, adattarsi e servire la comunità in modi sempre nuovi.
Troppe volte, gli imponenti scenari costruiti per i grandi eventi sportivi si tramutano in relitti urbani, monumenti allo spreco e all’obsolescenza. Milano, invece, gioca d’anticipo e punta su una strategia lungimirante: il Villaggio Olimpico non è una scenografia passeggera, ma un’infrastruttura concepita per durare. Con i suoi 1.700 posti letto, diventerà il più grande studentato convenzionato d’Italia, un modello di edilizia residenziale sociale improntato alla sostenibilità e ottimizzazione delle risorse.
Già nella fase progettuale, si è scelto di dotare le residenze degli arredi definitivi, evitando il ciclo di allestimenti temporanei e inutili demolizioni post-evento. Ma la vera rivoluzione risiede nell’approccio urbano: il recupero dello scalo ferroviario di Porta Romana non è un intervento isolato, ma parte di un piano più ampio di rigenerazione. Un’area storicamente segregata dal resto della città verrà finalmente riconnessa, diventando un hub di interazioni e servizi, capace di restituire alla collettività spazi vivi e funzionali.
La questione abitativa nelle grandi città è sempre più critica, e gli studenti fuorisede ne rappresentano una delle categorie più vulnerabili. Spesso relegati in periferie anonime o costretti a soluzioni proibitive, faticano a vivere la città in modo attivo e partecipato. Il Villaggio Olimpico offre una risposta concreta: inserire gli studentati all’interno del cuore urbano non è solo una scelta logistica, ma una dichiarazione di principio.
Significa garantire a chi studia il diritto a una vita cittadina piena, fatta di stimoli, cultura e relazioni. L’inclusione di 320 unità abitative in edilizia sociale o convenzionata nel progetto dello scalo Porta Romana rafforza questa visione: non più studenti ai margini, ma cittadini a pieno titolo. La cosiddetta “fascia grigia” trova così un’opportunità di abitare il centro senza dover sacrificare qualità della vita e accessibilità economica.
Ma una città non è solo fatta di edifici: è nei suoi spazi pubblici che pulsa la vera energia collettiva. Il Villaggio Olimpico non si limiterà a ospitare studenti, ma diventerà un punto nevralgico di aggregazione. La piazza centrale sarà animata da negozi, bar e aree verdi, creando un continuum tra la dimensione privata dell’abitare e quella pubblica della socialità.
Superare la visione dell’abitare come mero bisogno funzionale significa restituire alle persone la possibilità di vivere spazi che favoriscano lo scambio e il senso di comunità. In questo senso il progetto non si limita a rispondere a una carenza di alloggi: offre un modello di città più inclusiva, più sostenibile, più umana.
Milano Cortina 2026 rappresenta un’opportunità straordinaria per celebrare lo sport e il suo valore universale, ma anche per lasciare un segno tangibile nel tessuto urbano. L’evento non sarà solo una parentesi di gloria, ma una spinta concreta verso un modello di città più inclusivo e sostenibile, capace di restituire alla comunità spazi ripensati per il futuro. Tale approccio progettuale dimostra che lo sviluppo urbano può e deve essere lungimirante, capace di guardare oltre l’evento e di riscrivere il destino di intere porzioni di città.
Non più strutture costruite per il clamore di un attimo, ma spazi destinati a vivere nel tempo, ad accogliere nuove generazioni, a ridisegnare la mappa dell’abitare urbano. Questa è la direzione che le città del futuro dovrebbero intraprendere: trasformare la temporaneità in continuità, l’eccezione in norma, affinché ogni grande evento non sia solo un momento di gloria, ma il seme di una città più vivibile e più inclusiva. Milano ha tracciato un sentiero che merita di essere percorso ancora e ancora, affinché il concetto di riuso, di adattabilità e di sostenibilità non sia più un’eccezione.
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