Perotti: “Totti aveva qualcosa di diverso, anche allenandoti al massimo sapevi che il suo piede non ce l’avrai mai. Chi era il più forte nella mia Roma? Nainggolan” | OneFootball

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·23 January 2025

Perotti: “Totti aveva qualcosa di diverso, anche allenandoti al massimo sapevi che il suo piede non ce l’avrai mai. Chi era il più forte nella mia Roma? Nainggolan”

Article image:Perotti: “Totti aveva qualcosa di diverso, anche allenandoti al massimo sapevi che il suo piede non ce l’avrai mai. Chi era il più forte nella mia Roma? Nainggolan”

Diego Perotti ha rilasciato una lunga intervista alla pagina social Chiamarsi Bomber, dopo aver deciso di appendere gli scarpini al chiodo lo scorso settembre. L’esterno argentino ha raccontato delle varie tappe della sua carriera, soffermandosi sulle sue esperienze in Italia. Non poteva mancare la parentesi sulla Roma, con cui El Monito ha disputato 138 presenze tra il 2016 e il 2020. Ecco le sue parole riguardo gli anni passati in giallorosso:

Prima di andare alla Roma, si vociferava che fossi stato vicino ad Inter e Milan, puoi confermare?


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“Posso confermarti che mi chiamò Roberto Mancini che all’epoca era l’allenatore dell’Inter e mi disse che mi voleva come seconda punta, che ero ideale per il suo modulo. Io gli risposi che ero interessato ma alla fine presero Eder. Quindi sono rimasto altri 6 mesi al Genoa finché non è arrivata la Roma”.

A Roma sei stato allenato sia da Ranieri che da Spalletti, che allenatori erano?

Sono molto diversi caratterialmente: Spalletti è paragonabile a Gasperini come cattiveria agonistica. Ti spinge sempre a dare il massimo, a stare sul pezzo, a non mollare, ad allenarti forte perché se no non ti fa giocare. È uno che si incazza spesso al contrario di Ranieri che è più tranquillo, che trova sempre la parola giusta ed è molto vicino al giocatore. Sono diversi anche tatticamente: Spalletti fa un gioco più offensivo, mentre Ranieri gioca di ripartenze. Mi sono trovato bene con entrambi e ho un bellissimo ricordo. Ho un aneddoto curioso su Spalletti: faceva molto caldo, dovevamo giocare contro il Cagliari in trasferta ma io il giorno prima non mi ero allenato perché avevo le vesciche sotto al piede. Avevo fatto le infiltrazioni ma sentivo ancora dolore. Il giorno della partita, dopo colazione, il mister chiama me e il medico sociale al suo tavolo, fa partire una canzone al cellulare e non dice niente. Quando finisce la musica mi chiede ‘allora giochi o no?’ e io gli rispondo di sì, quindi lui si alza e va via. Quella partita contro il Cagliari dovetti giocarla con lo scarpino di Dzeko per quanto il piede fosse gonfio, ma segnai su rigore dopo 5′. Era uno molto pratico, però aveva questi modi che facevano sorridere. È particolare ma è un grandissimo allenatore. Mentre Ranieri era come un papà, dava tranquillità allo spogliatoio. Mi ricordo che all’ultima giornata contro il Parma disse ‘mi voglio divertire’ e mise una squadra molto offensiva con me, Dzeko, Pellegrini, El Shaarawy… praticamente non difendeva nessuno”.

Com’è stato giocare con Totti?

“Io ho giocato 3-4 partite anche con Messi, ma è diverso vivere un campione nella quotidianità. Da un lato è stato bellissimo, dall’altro sapevo che non avrei mai raggiunto il suo livello. Ho conosciuto Francesco nell’ultima parte della sua carriera ma era comunque un giocatore decisivo. Aveva qualcosa di diverso, che tu non raggiungerai mai. Anche allenandoti al massimo delle tue forze, sai che il suo piede non ce l’avrai mai. Vederlo calciare in porta era fantastico: tirava 10 volte e 10 volte la metteva all’incrocio. Aveva una visione di gioco pazzesca, di spalle vedeva l’attaccante in area e tu non capivi come facesse. Il talento o ce l’hai o non ce l’hai, non si può allenare. Vi racconto questa: io venivo dal Siviglia dove ero il rigorista mentre a Roma non ne avevo ancora calciato uno. Giocavamo contro il Torino, mi procuro il rigore, lui tira e segna. Poi nello spogliatoio mi avvicino e gli dico ‘guarda che è l’ultima volta che ti faccio calciare il rigore’, lui mi butta un’occhiataccia, ma io gli dico subito che stavo scherzando. Era un leader che si faceva sentire col pallone tra i piedi. Sapevi che poteva cambiare la partita da un momento all’altro”.

Hai vissuto dall’interno anche la questione Totti-Spalletti, poteva essere gestita meglio?

“Sì, poteva essere gestito in maniera diversa. Io ero arrivato da poco a Roma, ma per quello che rappresentava Francesco, poteva esserci un epilogo diverso. Però capisco pure che non è facile per un allenatore gestire una bandiera come lui”.

Hai condiviso lo spogliatoio con Iturbe, cosa gli è successo a tuo parere?

“Ne abbiamo parlato a lungo con lui e con gli altri compagni: aveva tutte le qualità per fare bene perché era molto veloce e calciava bene con entrambi i piedi. La gente non lo sa, ma lui si allenava sempre al massimo, ci teneva alla squadra e ai tifosi perché sapeva che il club aveva speso tanti soldi per acquistarlo. Roma è una piazza particolare, dove devi giocare bene fin da subito e dimostrare di meritarti quella maglia. Devi stare sul pezzo sempre. Il nervosismo, la mancanza di fiducia, la sfortuna possono condizionarti la stagione. È un gran peccato perché aveva tutte le qualità per fare bene e lasciare un buon ricordo ai tifosi”.

Cos’è successo la sera della remuntada al Barcellona? Cosa è scattato nella testa dei giocatori?

“Non avevamo più nulla da perdere e abbiamo giocato con la mente libera. Se avessimo perso a Barcellona 1 a 0, sarebbe stato diverso. Giocare senza pensieri ha fatto la differenza quella sera. Se pensavamo di poterla vincere quella Champions? Nì, perché c’erano grandi squadre come Liverpool e Real Madrid”.

Chi era il più forte in quella Roma?

“Tanti diranno Salah o Dzeko, ma io dico Radja Nainggolan. Era un tuttofare, sapeva fare tutti i ruoli. Giocatore devastante che avrebbe potuto giocare 20 anni in una big se avesse condotto un altro stile di vita. Questa però è una mia idea, magari se fosse stato diverso, avrebbe fatto una carriera peggiore. Chi può dirlo?”.

Hai avuto modo di conoscere anche un giovanissimo Lorenzo Pellegrini, ti aspettavi che un giorno sarebbe diventato il capitano della Roma?

Sì lo immaginavo, le qualità tecniche già si vedevano, sapevo sarebbe diventato un giocatore di altissimo livello. Sono contento del gol nel derby dopo il periodo che ha vissuto. Al di là del bellissimo gol, ha fatto una grande prestazione, di mentalità e personalità. Sono contento per lui perché è un bravissimo ragazzo e un grande giocatore”.

Che ne pensi dell’esonero di De Rossi?

Andava gestito in un altro modo perché non parliamo di un allenatore qualunque, ma di una bandiera che ha fatto un’intera carriera alla Roma. Inoltre stava facendo bene come allenatore, non era semplice sostituire Mourinho”.

Che emozione si prova a segnare in un derby di Roma? “Il primo gol l’ho vissuto un po’ meno perché lo stadio non era molto pieno: la partita era alle 15.00 e la Lazio giocava in casa. Il secondo derby era di sera e lo stadio era pieno. Segnai su rigore calciandolo camminando perché mi stavo ca*** sotto. Il derby della Capitale è bellissimo, ti cambia una stagione e sono convinto che ora la Roma farà benissimo. Per me è stato un onore giocarlo e segnare”.

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