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·8 April 2025
Pirateria, CCIA Europe: «AgCom concentri gli sforzi su chi distribuisce contenuti illegali»

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·8 April 2025
Nuovo intervento nell’ambito della lunga storia di lotta alla pirateria. Questa volta, a fare sentire la propria voce è la Computer & Communications Industry Association (CCIA Europe), un’associazione internazionale senza scopo di lucro che rappresenta un’ampia sezione di aziende del settore informatico, delle comunicazioni e di Internet (Amazon, Apple, Cloudfare, Google e Meta, solo per citarne alcune delle più importanti).
In qualità di sostenitore di una fiorente economia digitale europea, CCIA Europe contribuisce attivamente alla definizione delle politiche dell’UE dal 2009. Il team di CCIA – spiega l’organizzazione – con sede a Bruxelles cerca di migliorare la comprensione del nostro settore e di condividere le competenze collettive del settore tecnologico, con l’obiettivo di promuovere una politica equilibrata e ben informata in Europa.
A seguito delle proposte di modifica del Regolamento per la tutela del diritto d’autore sulle reti di comunicazione elettronica, CCIA Europe ha deciso di presentare le sue osservazioni. L’organizzazione «e i suoi membri seguono con grande attenzione e apprensione gli sviluppi legislativi e normativi italiani in materia di responsabilità dei fornitori di servizi Internet, in particolare per quanto riguarda le responsabilità connesse a eventuali violazioni del diritto d’autore commesse online da terzi», si legge in una lettera in risposta alla consultazione pubblica dell’AgCom.
«Come molti altri operatori del settore digitale – con sede in Italia, in altri Stati membri dell’UE o al di fuori dell’Europa – abbiamo espresso serie preoccupazioni riguardo al “Piracy Shield” italiano, che l’AgCom ha scelto come strumento per emettere ordini di blocco dei siti Internet (entro il brevissimo lasso di tempo di 30 minuti). Queste richieste vengono fatte dai detentori dei diritti, senza un giusto procedimento o possibilità di ricorso», prosegue.
«Riteniamo quindi che lo Scudo antipirateria rappresenti un rischio significativo per i principi della libertà di espressione imprenditoriale, come stabilito dalla legislazione europea e italiana. Ciò è dovuto a molteplici aspetti, che riguardano innanzitutto il modo stesso in cui questo strumento è stato sviluppato. Infatti, il meccanismo di Piracy Shield è stato costruito da una società affiliata alla Lega Serie A, una delle poche entità autorizzate a effettuare segnalazioni attraverso la piattaforma. Inoltre, le caratteristiche tecniche della piattaforma non sono mai state rese pubbliche e sono state decise da un comitato tecnico a cui è stato invitato a partecipare solo un ristretto numero di operatori del settore digitale. Inoltre, il funzionamento complessivo della piattaforma è estremamente problematico. Il lasso di 30 minuti per l’attuazione degli ordini di blocco non solo esclude la possibilità di verificare gli ordini dell’AgCom da parte dei fornitori a monte, ma non è nemmeno tecnicamente rispettata dagli operatori a valle», sottolinea CCIA Europe.
Soprattutto, però, secondo l’organizzazione «questo sistema ha fatto sì che un certo numero di siti e servizi Internet legittimi (come Google Drive) venissero bloccati per gli utenti in tutta Italia semplicemente perché questi siti e servizi erano protetti dagli attacchi informatici da un servizio di proxy-server che condivideva lo stesso indirizzo IP con i siti web contro i quali il Privacy Shield ha emesso un ordine di blocco. Detto questo, abbiamo preso atto che, attraverso le modifiche attualmente in consultazione, questa Autorità propone ora di modificare il regolamento stesso per affermare che Piracy Shield sarà utilizzato come strumento per la gestione dei reclami delle parti interessate, senza che vi sia alcun obbligo legale per i fornitori di servizi Internet di registrarsi sulla piattaforma. A nostro avviso, ciò è estremamente problematico».
«Data l’importanza di questo sviluppo, nonché delle questioni emergenti in merito alla giurisdizione dell’AgCom, vi proponiamo di includere un riferimento specifico ai regolamenti che ritenete stabiliscano questo potere extra territoriale. In alternativa, andrebbe specificato come questo nuovo potere si coordini con la perdurante facoltà dell’AgCom (art. 8, comma 4, della bozza) di ordinare ai fornitori di connessioni internet operanti in Italia di interrompere la connessione ai presunti siti incriminati», prosegue ancora CCIA Europe.
«Un potere – specifica l’organizzazione – che in precedenza era previsto, proprio con specifico riferimento all’ipotesi di server situati oltre i confini nazionali, come sostitutivo dell’ordine diretto di rimozione. Infine, cogliamo l’occasione per incoraggiare l’AgCom a riconsiderare il suo approccio di blocco e a concentrare invece i suoi sforzi nel colpire gli effettivi host e distributori di contenuti pirata e nel proteggere i contenuti alla fonte. Il blocco a livello di rete non solo non rimuove i contenuti da Internet, ma può essere facilmente aggirato e, in ultima analisi, è inefficace per combattere la pirateria, ridurre i contenuti illeciti o scoraggiare le tattiche di pirateria più sofisticate».
Sulla base di questi presupposti, e «data la complessità e la rilevanza dei temi oggetto di consultazione», la CCIA Europe chiede «la possibilità di illustrare la nostra posizione all’AgCom nel corso di un’audizione dedicata, preferibilmente in lingua inglese».