Calcionews24
·4 September 2025
Quagliarella: «Scoprii che lo stalker era un mio amico, un buco nero di 8 anni. Sotto casa mia una bara, rovinato il mio trasferimento al Napoli»

In partnership with
Yahoo sportsCalcionews24
·4 September 2025
Fabio Quagliarella, ex bomber di Udinese, Napoli, Juventus e Sampdoria, si racconta a 42enne in un’intervista, a tratti scioccante, al Corriere della Sera.
UN UOMO TRISTE – «Tristezza significa non bere, non fumare, mangiar sano? Allora lo sono, è vero! Non ho messo un etto da quando ho smesso. Non ho vizi, sono riservato e parlo poco. Sì, sono anche un po’ diffidente. Lo sono diventato. E, allora, Debora mi dice che vivo poco le emozioni. Non mi piace essere al centro dell’attenzione, ogni volta che sono costretto a pubblicare una foto sui social poi mi dico: ma perché? Alla gente cosa importa cosa faccio o dico. Ho sempre parlato con i gol, il resto è stato meno importante. Debora scherza ma sono anni che mi sopporta e devo dire anche supporta. Grazie a lei ho recuperato un po’ di leggerezza. Lo dico così è felice».
MATRIMONIO – «Forse sì ma non è un tema nella nostra relazione. Stiamo bene».
VUOLE UN FIGLIO – «Assolutamente, è la conseguenza naturale di un amore solido. Il figlio verrà, anche se non riuscirò mai ad essere quello che mio padre Vittorio è stato con me».8 ANNI VITTIMA DI UNO STALKER – «Traumatizzante. Doloroso. Forte. Ci sono pacchi di lettere a casa dei miei genitori a ricordarmi cosa ho passato, l’incubo che vivevo. Era un amico che frequentava casa, a ripensarci ogni volta sto male. Uno che di mestiere faceva il poliziotto postale, capisce?»
LE LETTERE – «Papà aveva messo le lettere una sull’altra, sono alte più di un metro. Le rileggeva ogni volta per capire chi potesse essere l’autore. Ce lo avevamo in casa, fu lui a intuirlo. Quella vicenda ci ha cambiato la vita. Ero al campo ma non c’ero, avevo paura che mentre ero via potesse accadere qualcosa alla mia famiglia. Li chiamavo spessissimo, ad ogni pausa dell’allenamento. Stavano bene, ma temevo non fosse vero. Difficile concentrarsi così. Ero a cena ma in realtà no. Nella mia vita un buco nero di otto anni. Sì prima o poi le brucerò quelle lettere».
L’ACCUSA CHE NON GLI PERDONA – «Tutte infamanti, quella di pedofilia è schifosa. L’arresto di quest’uomo che si fingeva amico e ci diceva che ci stava aiutando a capire chi fosse lo stalker è stata una liberazione. Dopo è stato pure peggio: quando per tanti anni sei ricattato, la paura ti resta dentro. Sei un pedofilo ma non solo, sei anche invischiato con camorra, droga e calcio scommesse. Le minacce di morte a mio padre: “Gli spariamo in testa” e “Adesso mettiamo una bomba nel suo palazzo”. Una volta fece trovare sotto casa una bara con sopra la mia foto. Mi stava distruggendo la carriera, rovinò il mio trasferimento al Napoli».
LETTERE PURE AL NAPOLI – «Il Napoli dopo una stagione mi comunicò che sarei andato via. Non potevo dire nulla, c’erano indagini in corso. Ma neanche loro fecero riferimento a quelle lettere. So soltanto che quando arrivai al Napoli dissi al mio procuratore che sarei rimasto a vita e invece…».
LA JUVE – «Sono un professionista e sono andato. A Torino fui accolto bene, con Conte ci siamo divertiti. A Napoli dopo anni tutti hanno capito, e ricevo ancora oggi testimonianze di affetto».
L’ADDIO ALLA SAMP – «Mi dissero che non c’era più bisogno di me. Peccato, forse nello spogliatoio qualcosa potevo dire o fare per i giovani. Poi abbiamo visto come sono andate le loro cose…».