Milannews24
·6 December 2025
Ricci a Tuttosport: «Allegri è il numero uno, ci sta aiutando tanto. Non parliamo di scudetto, al momento l’obiettivo è un altro. Sul mio ritorno a Torino…»

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·6 December 2025

Lunedì sera andrà in scena una sfida dal sapore speciale per Samuele Ricci. Il centrocampista del Milan, intervistato da Tuttosport, si prepara ad affrontare il Torino, squadra di cui è stato capitano e simbolo prima del trasferimento in rossonero. Una partita carica di emozioni, ma fondamentale per il percorso di crescita della squadra di Massimiliano Allegri, chiamata a invertire il trend contro le “piccole” e a consolidare la zona Champions.
Tre anni e mezzo al Toro, lasciato da capitano. Samuele Ricci, non è che lunedì rischia di sbagliare spogliatoio?
RITORNO AL GRANDE TORINO – «No, no quello è difficile… – ride divertito – sicuramente mi farà un effetto particolare rimettere piede al Grande Torino. Lì sono cresciuto tantissimo, ho conosciuto bellissime persone e ho lasciato anche tanti amici».
Tra gli allenatori avuti a Torino, chi è quello che l’ha più migliorata?
CRESCITA CON JURIC – «Sono arrivato con Juric e, per il modo in cui giocavo a Empoli, è stato un po’ un salto nel vuoto. Volevo mettermi in gioco in una grandissima piazza con più concorrenza in squadra anche se sapevo che avrei trovato un modo di giocare totalmente diverso».
«Mi sono messo lì, sono cresciuto fisicamente, ho messo ancor più applicazione nel curare la fase di non possesso che era quello che richiedeva nel suo gioco uomo contro uomo. Un modo di interpretare le partite che implicava anche di restare super concentrato per tutti i novanta minuti».
L’anno scorso dove sarebbe arrivato Vanoli senza l’infortunio di Zapata?
IL PESO DI ZAPATA – «Beh, Duvan sicuramente faceva la differenza. È difficile dire se poi siamo calati perché non c’era lui oppure perché ci siamo un po’ accontentati, però è innegabile il fatto che sia cambiato anche il modo di giocare della squadra».
«Quando c’era Zapata, bastava buttare la palla anche a caso davanti e lui la teneva e faceva salire tutta la squadra, senza di lui sono cambiate le prospettive».
Da ex capitano che idea si è fatto sul perché il Toro non riesca mai a fare il salto di qualità a livello di risultati?
CLIMA DIFFICILE – «Questa è una domanda difficile… Torino è una grandissima piazza ma c’è questo clima di malcontento generale che si porta avanti da tanti anni, anche prima che arrivassi lì. Il tifoso pretende tanto dalla squadra e dal club e, come tutti sapete, c’è questo scontro perenne con la società».
«E questa cosa, inconsciamente, chi va in campo la subisce. Entrare allo stadio e sentire sempre cori contro Cairo un po’ influisce. Però, nel contempo, devo dire che per giocare e per viverci Torino è davvero bella. Come è bella la passione che ci mettono i tifosi: io, in tal senso, non posso dire nulla perché con loro si è creato da subito un rapporto d’amore che si è portato avanti per tre anni e per questo non posso che ringraziarli».
Tra l’altro nei suoi tre anni il Toro in casa ha sempre battuto il Milan…
INVERTIRE IL TREND – «È vero, si vinceva sempre – altro sorriso – e, ora che sono dall’altra parte della barricata, dico che è un motivo in più per provare a invertire questo trend».
A proposito: perché il Milan fa tanto bene nei big match invece stenta con le medio-piccole?
MENTALITÀ DA GRANDE – «Queste difficoltà credo facciano parte del nostro percorso di crescita. Sono cambiati tanti giocatori ed è cambiata pure l’identità della squadra dopo l’arrivo di Allegri: riuscire a diventare implacabili pure nelle partite “normali” credo sia il passo che ci manca per diventare davvero una grande: è una questione di mentalità ed è lo scoglio da superare».
È vero che il pallone a San Siro non pesa, scotta?
LA SPINTA DI SAN SIRO – «Confermo, non è uno stadio come gli altri, ma anche in positivo: quando vai in campo, se c’è entusiasmo, senti una forza grandissima che ti spinge».
Quanto aiuta avere un allenatore come Allegri in panchina?
GESTIONE DEL GRUPPO – «Tanto perché tutti noi sappiamo cosa ha vinto in carriera. In più, fuori dal campo, Allegri ti dà tanta serenità e penso che nella gestione del gruppo sia il numero uno. In più alle sue spalle ha uno staff molto competente».
Lei è arrivato da regista e Allegri l’ha trasformata in mezzala: quando è scattato il clic?
DUTTILITÀ TATTICA – «In allenamento quando ha iniziato a provarmi lì. Però spesso giochiamo “a due” in mezzo. Comunque poco cambia perché ci chiede di saper fare tutto e adattarci alle varie soluzioni».
Ma lei dove si diverte di più?
REGIA O MEZZALA – «A me piace molto stare in regia, ma pure Gattuso in Nazionale mi ha provato da mezzala».
Com’è Modric visto da vicino?
MODRIC – «Spaziale».
Si spieghi.
INTELLIGENZA CALCISTICA – «È un fenomeno perché fa cose che altri non fanno e vede cose che gli altri non vedono. Tante cose le puoi “rubare” ma fino a certo punto perché poi c’è il talento smisurato che lo rende unico, sennò sarebbe troppo facile. In tal senso è impressionante la sua intelligenza calcistica: lui sa sempre dove casca pallone».
Dopo di lui è arrivato Rabiot: per quei due penso valga il discorso fatto per Allegri…
SICUREZZA IN CAMPO – «In pieno: averli in campo ti dà sicurezza. In più, a Milanello, sono due ragazzi splendidi».
Ci tolga una curiosità: Allegri vi permette di nominare la parola scudetto?
OBIETTIVO CHAMPIONS – «No no, adesso il focus deve essere trovare continuità, quindi tornare in Champions dove merita il Milan e poi… vediamo».
Lei era anche tifoso del Milan: il suo idolo di gioventù?
IDOLO RONALDINHO – «Ronaldinho… Anche se non c’entra molto con il mio ruolo».
Giocava in mezzo già da bambino?
ORIGINI DA ESTERNO – «No, ho iniziato come esterno alto, poi Zauli in primavera mi ha messo lì».
L’avversario più forte mai affrontato?
MILINKOVIC-SAVIC – «Sergej Milinkovic-Savic».
Samuele, ma ai Mondiali ci andiamo?
FIDUCIA MONDIALE – «Sì. E non bisogna farsi condizionare da quanto successo in passato».
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