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·10 de mayo de 2025
A tutto Sabatini: “In Inter-PSG un pezzo di me. Lautaro è da Pallone d’Oro”

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·10 de mayo de 2025
Walter Sabatini, storico direttore sportivo e figura di spicco del nostro calcio, ha rilasciato un’intervista ai taccuini di Tuttosport. Tra i temi toccati, la finale di Champions League tra Inter e Paris Saint-Germain in programma il prossimo 31 maggio.
Walter Sabatini, da sempre sui generis. Tra scoperte e comunicazione tagliente, da direttore sportivo e occhio attento è diventato una vera e propria figura di spicco del nostro calcio. Confermandolo, ancora una volta, nel corso della sua intervista a Tuttosport. Tra i temi toccati, un Inter-PSG che, oltre ad essere finalissima di Champions League, presenta alcuni dei suoi guizzi: Luis Enrique e Marquinhos su tutti.
Walter Sabatini, Psg-Inter è anche un po’ la sua finale?
“Un brandello di me lo trovo sempre nelle partite di alto livello. Io però non lo celebro, mi limito per ora a guardarlo il calcio”.
Andrà a Monaco?
“No, non sopporto la confusione intorno a me. Ho bisogno di uno spazio vitale, quello del soggiorno di casa mia”.
Che gara si aspetta?
“Un match straordinario. L’Inter è meritevole per il percorso degli ultimi anni, oltretutto si è qualificata dopo un grandissimo duello col Barcellona: tecnico, agonistico, emotivo. Il Psg è allenato da un mio amico, quindi mi imbarazzo, anche se naturalmente deve vincere l’Inter, ne abbiamo bisogno per il calcio italiano”.
Perché definisce Luis Enrique un suo amico?
“Io l’ho portato alla Roma dopo averlo seguito e fatto seguire da allenatore del Barcellona B. Parliamo di un uomo dal profilo morale ed etico inimmaginabile nel nostro mondo. La sua cultura calcistica è quella che poi ha preso piega in tutta Europa. È un allenatore evoluto, ha 10 anni di vantaggio sugli altri”.
A oggi Inzaghi e Luis Enrique sono tra i migliori al mondo?
“Simone era già molto bravo ai tempi della Lazio, dove giocava un calcio importante. Poi all’Inter è diventato mostruoso. Si è abituato a ragionare in modo diverso, in nerazzurro la vittoria è una necessità, non un’opzione. La pressione è totale, c’è una tradizione da rispettare. Luis Enrique alla Roma non accettò le nostre richieste, quasi disperate, di un contratto lungo. Non era stato rispettato da alcune frange della tifoseria, non solo andò via, ma restò fermo un anno. Poi andò al Celta Vigo quindi, da figlio del Barcellona ecco il Triplete, lanciando pure calciatori giovanissimi, cosa che ha fatto pure in nazionale, tracciando la strada per i successi della Spagna”.
Luis Enrique allora era una sorta di Ufo per l’Italia?
“Sì, poi oggi la Roma sarebbe prontissima a riaccoglierlo. Allora forse era presto. Resto orgoglioso di averlo scelto”.
Quanto sarà diverso lo stile del Psg rispetto al Barcellona sconfitto dall’Inter?
“Ci sono pregi e difetti in tutte le squadre. I francesi saranno meno ‘allegri’ dei catalani, ma Inzaghi sa come colpirli. I suoi calciatori sono forti, sanno leggere le partite”.
Nel Psg c’è un’altra sua scoperta, Marquinhos.
“Da 10 anni è il capitano, lo portai alla Roma quando ne aveva 18. Fu subito titolare”.
Se Inzaghi avesse subito il 3-3 nel recupero e il 3-4 ai supplementari, sarebbe ancora l’allenatore dell’Inter?
“Sì, sono anni che lavora bene. Naturalmente si sarebbe generata rabbia e frustrazione, ma Inzaghi è molto rispettato per quello che ha fatto e per come lo ha fatto. L’Inter ha ottenuto risultati costruendo, giocando un bel calcio, non rapinando in giro. E mi lasci dire una cosa: Acerbi, l’uomo del 3-3, merita tutta quella felicità provata per quel gol. Mi è sembrato un atto di giustizia del Dio del calcio che fosse lui il marcatore”.
Dopo il gol di Raphinha aveva spento il televisore?
“No, la partita finisce solo quando l’arbitro fischia tre volte”.
Se finisse senza vincere nulla, come andrebbe considerata la stagione nerazzurra?
“Importante, dal gioco bello, arioso, piccante, produttivo. Certo, il calcio è tragedia e la tragedia si materializza in pochi secondi, mettendo in discussione tutto quello che hai fatto nella vita. Però il lavoro di Simone resta straordinario”.
Come l’Inter deve gestire queste ultime giornate di campionato?
“Non deve vivere di nessun rammarico. Il senso di colpa, qualora lasciassi qualche partita per strada, durerebbe nel tempo. L’Inter giocherà le ultime gare di A per vincerle”.
Chi è da Pallone d’Oro? Il pensiero di Sabatini.
“Lautaro. È un giocatore coraggioso, fortissimo. Lui è stato il colpo della vita di Ausilio. Quando arrivai a Milano, Piero aveva già iniziato le trattative per prenderlo. Le squadre per essere vincenti hanno bisogno di eroi. L’Inter ne ha tanti. Ma Lautaro è più eroe dei suoi compagni di squadra, nel mondo quando si parla di Inter, si parla di Lautaro”.
In finale Luis Enrique lascerà il pallone a Inzaghi?
“No, ed escludo anche un remake di Inter-Barcellona a livello di gol. Per lo spettacolo è paradossale dire che una partita debba essere condita di errori. Liedholm diceva che il risultato perfetto è lo 0-0. Ci sono gare spettacolari, a livello tattico, che terminano a reti inviolate”.
Il Psg in finale dopo la cessione di Mbappé: se lo sarebbe aspettato?
“L’ho sospettato nel momento in cui hanno scelto Luis Enrique. Dopo aver buttato nel mercato centinaia di milioni, oltre a quelli degli ingaggi, hanno voluto liberarsi di questa sorta di subalternanza con i giocatori. Quando gestisci i campioni, devi abituarti ai loro capricci, a ricatti e semi ricatti”.
In Francia il campionato ha 18 squadre: con la nuova Champions ha ancora senso avere una Serie A a 20?
“A livello logistico sarebbe una scelta corretta, ma ridurre di due unità le squadre di A mi dispiacerebbe molto. Piazze importanti perderebbero la massima serie. Io sono come Papa Francesco, dalla parte degli ultimi”.
Come finisce Psg-Inter?
“Non lo dirò mai. Sarà un grande evento e ce lo godremmo tutti. E voi della stampa, visto che per me il giornale è il giornale e che bello l’odore della carta, avrete il privilegio di raccontare la gara. Il calcio è racconto, se sei bravo, lo rendi immortale”.
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