Agnelli, perché l’Avvocato Generale della Corte UE ha dato ragione all’ex presidente della Juve. Cosa cambia per la Giustizia sportiva! | OneFootball

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·19 de diciembre de 2025

Agnelli, perché l’Avvocato Generale della Corte UE ha dato ragione all’ex presidente della Juve. Cosa cambia per la Giustizia sportiva!

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Agnelli, il motivo per il quale l’Avvocato Generale della Corte UE ha dato ragione all’ex presidente della Juve. Cosa succede per la Giustizia sportiva!

Un vero e proprio sisma giuridico rischia di abbattersi sull’ordinamento sportivo italiano. Ieri mattina, l’Avvocato Generale della Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha depositato un parere che potrebbe riscrivere i rapporti di forza tra la giustizia domestica (FIGC e CONI) e quella statale. Al centro della disputa c’è il ricorso presentato da Andrea Agnelli, ex presidente della Juventus, e da Maurizio Arrivabene, ex amministratore delegato bianconero con un passato da Team Principal in Ferrari.

Il cuore del problema: risarcimento o annullamento?

I due dirigenti, inibiti per 24 mesi a seguito delle note vicende giudiziarie che hanno coinvolto il club bianconero, si erano rivolti al TAR del Lazio lamentando la violazione del diritto comunitario. Il nodo cruciale sollevato dall’Avvocato UE riguarda la legge italiana n. 280/2003. Attualmente, nel nostro sistema, un giudice statale (come il TAR) non può cancellare una squalifica sportiva, ma può solo condannare la Federazione a un risarcimento economico “per equivalente” se la sanzione si rivela illegittima.


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Per l’Europa, questo non basta. Secondo il parere emesso ieri – scrive Calcio e Finanza – un sistema che limita il giudice al solo risarcimento viola il principio di “tutela giurisdizionale effettiva” (art. 47 della Carta dei diritti fondamentali). Se una sanzione è illegittima, il giudice deve avere il potere di annullarla, non solo di monetizzarla. L’autonomia dello sport, per quanto legittima, non può comprimere i diritti fondamentali dei cittadini.

Concorrenza e libera circolazione

L’analisi tocca anche i principi economici. Se da un lato le sanzioni disciplinari non violano automaticamente le norme sulla concorrenza (artt. 101 e 102 TFUE), dall’altro pongono un serio problema sulla libera circolazione dei lavoratori. Un’inibizione estesa a livello UEFA e FIFA impedisce di fatto a un manager di lavorare in altri Stati membri. Secondo l’Avvocato Generale, tali restrizioni sono ammissibili solo se proporzionate e fondate su criteri trasparenti.

Se la Corte di Giustizia dovesse confermare questa linea nella sentenza definitiva (come accade nella maggioranza dei casi), la giustizia sportiva italiana perderebbe il suo scudo di “insindacabilità”, aprendo la strada a ricorsi capaci di cancellare le squalifiche sportive direttamente nei tribunali ordinari.

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