Juventusnews24
·21 de mayo de 2025
Alessio Vacca: «Devo tanto a Magnanelli. 16 gol? Avevo più responsabilità addosso. Yildiz ha retto la pressione, la 10 della Juve non è facile. Ecco quale big mi ha stupito più di tutti» – ESCLUSIVA

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·21 de mayo de 2025
«Se vuole giocare nel calcio dei grandi deve andare forte. Quando ha fame, sposta gli equilibri». Una percentuale importante della stagione sontuosa di Alessio Vacca con la Juve Primavera va data a mister Francesco Magnanelli: ha saputo ‘coccolarlo’, ascoltarlo anche nei momento più difficili, spronarlo e spingerlo – con i consigli giusti – a trovare la miglior versione di se stesso. E il classe 2005 l’ha trovata, eccome se l’ha trovata quest’anno: 16 gol in regular season, il secondo miglior marcatore della storia degli ultimi 20 anni di Primavera (dietro solo a Lanzafame), una leadership visibile, palpabile in ogni partita. Perché Vacca è così: uomo-squadra, trascinatore, a parole e a gesti. Ha guidato l’Under 20 verso i playoff, ha segnato – tanto – e cucito gioco per i compagni. Ha compiuto uno step di maturazione importantissimo: si è lasciato alle spalle i lunghi infortuni della passata stagione ed è rinato, come una moderna fenice, diventando sempre più centrale nella sua Juventus. L’attaccante ha raccontato la sua storia, a 360°, in esclusiva a Juventusnews24.
Per cominciare e conoscere meglio la tua storia, ti racchiuderò in tre parole il filo diretto che ti unisce al passato
Iniziamo a scandire le tappe. La stagione 2019/2020 ha segnato il tuo approdo alla Juventus, dal Novara. La scintilla è scattata già in quell’estate, perché hai preso parte e vinto la Wanda Football Cupa a Madrid e sei stato nominato miglior giocatore del torneo. Non male come inizio, no? Ci racconti quell’esperienza, quella chiamata per aggregarti ai bianconeri, come andò?«Quel torneo penso sia uno dei ricordi più belli che ho nel calcio: dal Novara in cui giocavo contro Juventus e Torino sono andato a disputare una manifestazione con squadre del calibro dell’Atletico Madrid, per me inarrivabili. Siamo riusciti a vincerlo: oltre a tutta l’ansia che avevo, è andata bene e sono riuscito anche a vincere il premio grazie alla squadra».
E cosa è successo dopo? Ti ricordi in che modo e quando ti è stato detto ‘Da quest’anno sarai un giocatore della Juventus’?«Sono andato poi a vedere le strutture e dal primo momento ho detto ‘Sì’. È stato un impatto importante con la realtà bianconera».
Inizi in Under 15, poi passo dopo passo Under 16 e Under 17. I momenti più belli? La prima cosa che ti viene in mente quando ripensi al percorso che hai fatto in quegli anni?«In Under 15 c’è stato il Covid quindi abbiamo fatto metà campionato, dall’anno dopo abbiamo fatto solo test match, quindi amichevoli contro diverse squadre. Sono stati anni che mi sono serviti per capire che ambiente era questo, che comportamenti bisognava tenere all’interno del campo, il sacrificio, tutto ciò che c’era dietro alla Juventus».
Dall’Under 17, però, non compi subito il salto in Primavera a Torino ma c’è prima uno step intermedio, che ti porta in prestito al Monza. Come hai vissuto quella stagione, e quanto ti è servita nel tuo bagaglio di crescita? È stata sicuramente un’annata importante per te a livello realizzativo ma anche di squadra, con la promozione dal campionato Primavera 2 al Primavera 1…«È stata una stagione positiva perché siamo riusciti a salire. Per me è stato molto importante perché era la prima sfida che avevo dopo essere passato alla Juve: è stata la prima non dico retrocessione ma la prima vera sfida che mi si poneva davanti. Andare in un’altra società, tutto nuovo, l’ho accettato e fortunatamente è andata bene».
Il ritorno alla Juve lo scorso anno, poi, nella formazione Primavera guidata da Paolo Montero. Due domande: come è stato lavorare con lui ed è stato quello il momento più difficile della tua giovane carriera a livello personale? Ricordiamo che un lungo infortunio ti ha tenuto ai box da dicembre fino a fine stagione…«È stata davvero complicata per i due infortuni che ho avuto. Grazie a tutto lo staff che mi è sempre stato dietro, tutti i mister, i compagni, gli amici da casa che mi davano una mano, la mia famiglia, sono riuscito a superarla e quest’anno sta andando bene. Con mister Montero avevo un bel rapporto, una persona molto diretta, che pretendeva molto ma dava anche tanto».
Arriviamo al presente e a questa stagione con l’Under 20. Mi focalizzo subito a livello collettivo sulla squadra: gruppo giovane, nuovo allenatore, in cosa secondo te avete fatto la differenza nel percorso di maturazione che vi ha portato a chiudere la regular season al quinto posto e centrare i playoff? Riavvolgi il nastro e pensa all’inizio della stagione: dove siete veramente cresciuti?«Secondo me lo step che abbiamo fatto è di giocare l’uno per l’altro. Siamo molto più squadra, molto più uniti, tutti lottiamo per un unico obiettivo. Ossia quello dei playoff che fortunatamente siamo riusciti a raggiungere ma perché tutti andavamo verso un’unica strada. Quella è la crescita più grande».
Una parola chiave che è più volte emersa nel corso di quest’anno è stata ‘continuità’. A cavallo tra dicembre e gennaio avete centrato 7 risultati utili consecutivi, poi diversi alti e bassi che vi hanno fatto perdere un po’ di terreno in classifica. Da cosa è dipesa secondo te questa altalena di risultati: più un aspetto mentale o di giovane età? Si parla di risultati, perché la prestazione è sempre stata una costante…«Noi scendiamo sempre in campo con la stessa mentalità. In una stagione con 40/50 partite tra campionato, Coppa Italia e Youth League penso sia normale che ci siano alti e bassi, non può sempre andare bene. Ma come approccio, come mentalità siamo sulla strada giusta».
Mi individui quali sono state le partite chiave di questa stagione secondo te? Quelle in cui hai pensato ‘Wow, sono orgoglioso della mia squadra!”«La prima in Youth League: esperienza nuova, davvero bello giocare e confrontarsi in una competizione così. Lì è uscito fuori il gruppo, che andando avanti col tempo si è consolidato ancora di più. Ma anche la rimonta a Cesena, perdevamo 3-1 e da grande squadra siamo riusciti a recuperarla».
Il cammino in campionato, come detto, vi ha portato a raggiungere il traguardo playoff. Subito l’ostacolo Fiorentina, contro cui avete perso in casa e vinto in trasferta. Servirà obbligatoriamente vincere per passare: che sensazioni avete, che partita vi aspettate e che facce stai vedendo negli spogliatoi in questi giorni?«Nessuno vuole perdere: è finita la regular season e ora è un dentro/fuori. Tutte le squadre andranno lì per portarsi a casa la partita, il campionato. Mi aspetto una partita intensa, dove nessuno vuole lasciare un centimetro. Per ora siamo tutti tranquilli, stiamo pensando alla partita e a fare bene».
Lo Scudetto è un obiettivo? Ci pensate?«È già importante essere arrivati ai playoff, il nostro obiettivo lo abbiamo raggiunto, adesso ogni partita è a sé, non mi piace guardare troppo in là».
E ora non possiamo non parlare della tua stagione. Parto subito con un dato: 16 gol totalizzati, sei il secondo miglior marcatore degli ultimi 20 anni di storia della Primavera, dietro solo a Lanzafame (a quota 18 nel 2006/07). In cosa senti di aver fatto veramente il click per raggiungere questi numeri pazzeschi? È stata anche una sorta di sfida con te stesso, no? Fin dove potevi spingerti oltre«Quello sì, poi essendo uno dei più grandi avevo più responsabilità addosso. Però penso che la maggior parte delle situazioni, dei gol e delle partite nasce da un fattore di gruppo non di un individuo che in questo caso sono io. È la squadra che mi ha aiutato ad arrivare dove sono».
16 sono tanti da ricordare, ma so che tu te li ricorderai tutti. Ce n’è uno tra questi che conservi con più orgoglio? Per bellezza, importanza, peso specifico nella partita magari…«Forse l’ultimo che ho fatto (in Juve Empoli 2-4 ndr), per come l’ho fatto, penso sia il più bello di quest’anno e mi è piaciuto molto. Un gol di rovesciata, non l’avevo mai fatto».
Sei una macchina da gol ma so che sei anche un uomo-squadra. Per questo ti chiedo un pensiero su alcuni tuoi compagni di squadra e quali sono, secondo te, le caratteristiche in cui fanno veramente la differenza
Arrivo ora a mister Magnanelli. Parlando di te, una volta ci disse: «È un giocatore che diventa importante quando ha fame, quando rincorre nella fase difensiva e quando fa quello che gli viene richiesto. Quando fa queste cose, sposta gli equilibri. Averne di giocatori così. Se vuole giocare nel calci dei grandi, deve andare forte. Spetta solo a lui». In cosa ti ha aiutato di più quest’anno e se puoi rivelarci qualche suo consiglio, soprattutto a livello mentale, da un ex giocatore che ha vissuto tanto la Serie A«Il mister, oltre al campo, fuori è una persona che riesce a prenderti, riesce a farsi ascoltare. È riuscito a creare un grande gruppo quest’anno e mi ha aiutato tantissimo dentro e fuori dal campo. Anche quando avevo qualche momento no si interessava per capire cosa avessi, devo tanto a lui».
Parto da quello che, per percorso, rappresenta il futuro prossimo: il salto nella Juventus Next Gen. Non hai mai esordito in Seconda squadra, ma vivendolo comunque dall’interno, come lo immagini il salto in Serie C? Che cosa rappresenta il progetto Next Gen per voi giovani che vi affacciate per la prima volta al calcio professionistico dalla Primavera?«La Next Gen è una fortuna averla. In questo momento non sto pensando al prossimo anno, all’esordio che non è arrivato. Io sto benissimo dove sono, adesso l’unico mio pensiero sono i playoff».
E allora voglio guardare un po’ più in là, ad un futuro che hai l’ambizione di conquistare. Nei tuoi sogni ti capita mai di idealizzare l’esordio in Prima squadra? Come lo vedi: all’Allianz Stadium, in quale partita, con un tuo gol presumo… Raccontaci«Quello sarebbe davvero un sogno, il sogno di ogni bambino. Però per il momento preferisco pensare ai nostri playoff e basta».
In Prima squadra ti sei già allenato: ti chiedo qualche ricordo e quali sono le cose che hai cercato di rubare da questi grandi campioni, che hai osservato con più attenzione?«È capitato di salire qualche volta ed è come quando un bambino entra in un parco giochi. Vedi giocatori che secondo te era impensabile vedere, ho rubato il ritmo, la voglia che avevano di fare bene anche in allenamento che non è scontata come cosa».
Un giocatore o più di uno che ti hanno stupito maggiormente quando ti sei allenato con loro? Se c’è un motivo particolare e se qualcuno ti ha dato dei consigli magari…«Mi ha stupito molto Locatelli per la velocità di pensiero nel passaggio ma anche gli attaccanti mi stupiscono sempre. Ogni volta cerco di rubare qualcosa da loro».
Faccio un collegamento: dal 10 che ti indossi tu sulla casacca bianconera ad un altro 10, quello di Kenan Yildiz, 2005 anche lui. C’è un aspetto in campo che ti piace di più di lui, quanto è di ispirazione per te il suo percorso di crescita che lo ha portato dal settore giovanile alla Prima squadra?«È riuscito a reggere la pressione, vestire la maglia numero 10 della Juve non è facile, soprattutto in Prima squadra. Penso che lui stia facendo bene, si merita questo e sono felice per lui».
E quali sono stati invece i tuoi modelli di riferimento da bambino? A chi ti ispiravi quando eri più piccolo e sognavi di diventare un calciatore?«Io da piccolo ho sempre guardato Benzema, mi è sempre piaciuto il suo modo di giocare. Ora che non è più a livelli top guardo Gyokeres, molto forte. Poi per il resto guardo un po’ tutti».
A chi vuoi dire ‘grazie’ per l’Alessio Vacca che sei oggi, come calciatore e come ragazzo?«Innanzitutto alla mia famiglia, che è sempre presente in tutto, dentro e fuori dal campo. A loro dico davvero un grazie infinito, poi tutti i mister, staff e compagni di squadra che ho avuto fino ad ora».
Si ringraziano Alessio Vacca e l’ufficio stampa di Juventus FC per la gentile concessione dell’intervista