Allegri Milan: un ritorno che divide tra pragmatismo e nostalgia del «bel gioco». Riprenderanno le polemiche con Sacchi e Adani? | OneFootball

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Calcionews24

·3 de junio de 2025

Allegri Milan: un ritorno che divide tra pragmatismo e nostalgia del «bel gioco». Riprenderanno le polemiche con Sacchi e Adani?

Imagen del artículo:Allegri Milan: un ritorno che divide tra pragmatismo e nostalgia del «bel gioco». Riprenderanno le polemiche con Sacchi e Adani?

Allegri Milan, il ritorno divide notevolmente i tifosi rossoneri. La situazione attuale all’interno della piazza milanese

Massimiliano Allegri. Un nome che, nel calcio italiano, divide come pochi altri. Plurivincitore seriale, ma anche bersaglio di un dibattito tattico acceso, che lo vede costantemente contrapposto ai predicatori del «bel gioco». Tra i suoi più acerrimi, e influenti, critici spiccano Arrigo Sacchi, Daniele «Lele» Adani e anche Fabio Capello. La loro voce, spesso amplificata, ha plasmato una narrazione precisa attorno al tecnico livornese, alimentando un confronto che va ben oltre il campo.

Sacchi: il guardiano del «gioco» contro il «risultatismo»


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Arrigo Sacchi, il profeta del Milan che ha riscritto la storia del calcio, non ha mai perdonato ad Allegri una presunta infedeltà ai principi di un gioco offensivo e collettivo. La sua critica non è mai sulla persona, ma sulla filosofia. «A me piace un calcio diverso dal suo. Non c’è niente di male, è una questione di gusti», ha spesso tuonato Sacchi, mantenendo un rispetto di facciata per i trofei conquistati, ma affondando il colpo sul metodo.

Per Sacchi, il calcio di Allegri, pur vincente in Italia, mostrerebbe i suoi limiti in Europa, dove «guidando la squadra italiana più forte ed economicamente più potente, cioè la Juve, non ha conquistato trofei». Una frecciata che intende minare l’idea stessa di universalità del calcio allegriano, ritenuto troppo dipendente dall’individualità e poco incline all’innovazione. La «tradizione del bel gioco» del Milan, secondo Sacchi, sarebbe antitetica all’approccio del tecnico livornese. Un’accusa pesante, che vede Allegri come l’antitesi di un’eredità gloriosa.

Capello: il pragmatismo che chiede di più

Anche Fabio Capello, un altro stratega del successo con un pedigree invidiabile tra Milan e Juventus, ha spesso osservato con occhio critico l’evoluzione del calcio di Allegri. Sebbene Capello sia un simbolo di pragmatismo e rigore tattico – non certo un esaltatore dello spettacolo a tutti i costi – ha talvolta evidenziato la mancanza di fluidità e fantasia nelle squadre allegriane. Le sue analisi, spesso concise e dirette, hanno suggerito una certa rigidità, un gioco che, pur efficace, non sempre sfrutterebbe appieno il potenziale offensivo dei singoli. «Allegri è un grandissimo gestore, ma a volte le sue squadre non sono belle da vedere», ha affermato Capello in diverse occasioni, tracciando un sottile confine tra la vittoria e la capacità di emozionare.

Adani: la battaglia per l’estetica e l’episodio che fece storia

Daniele «Lele» Adani è, forse, il critico più focoso e intransigente di Massimiliano Allegri. La loro «rivalità» mediatica è esplosa in un indimenticabile scontro in diretta TV nel 2019, dopo un Ajax-Juventus di Champions League. Allegri, infastidito dalle critiche di Adani sul gioco della sua Juventus, sbottò in un’espressione passata alla storia: «Stai zitto ora parlo io!». La replica di Adani non si fece attendere: «No, stai zitto lo dici a tuo fratello!». Un momento iconico che cristallizzò il divario tra due visioni calcistiche opposte.

Le critiche di Adani si concentrano sulla presunta «povertà di soluzioni» offensive, sulla dipendenza dalle giocate individuali e sulla scarsa «cura della fase di costruzione». Per Adani, il calcio di Allegri sarebbe un «calcio senza idee», un’accusa pesante che il commentatore ha spesso supportato con statistiche sui tiri in porta e sulle occasioni create, anche contro avversari modesti. «Non si può non giocare per vincere», è il suo mantra, contrapponendo un calcio più audace e propositivo a quello che definisce un approccio eccessivamente conservatore.

Il potenziale ritorno al Milan: tra dubbi e necessità

L’ipotesi di un ritorno di Allegri al Milan, una suggestione che periodicamente infiamma il dibattito tra i tifosi, solleva un turbinio di emozioni e dubbi. Il primo Allegri rossonero arrivò con la fama di un tecnico dal gioco spumeggiante; il «nuovo» Allegri, invece, incarna il «corto muso», la gestione pragmatica e la ricerca ossessiva del risultato.

Il Milan, e con esso una parte della sua tifoseria, si trova di fronte a un bivio: inseguire un’identità di «bel gioco», sognando un ritorno ai fasti europei, o affidarsi alla garanzia di risultati che Allegri ha dimostrato di offrire? I critici temono che il suo calcio non sia in linea con il desiderio di rivedere un Milan dominante e propositivo, né che possa valorizzare appieno i talenti offensivi. Altri, però, vedono in lui il profilo «ideale per un Milan che vuole rilanciarsi e centrare obiettivi», grazie a una «visione concreta, a tratti conservatrice, ma spesso tremendamente efficace – soprattutto in campionati lunghi». Il dibattito sulla qualità del gioco è destinato a rimanere vivo, alimentato da figure come Sacchi, Adani e Capello, che continuano a sfidare la narrazione del successo puramente pragmatico, mantenendo viva la fiamma della discussione sul calcio che vorremmo vedere.

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