PianetaBari
·6 de octubre de 2025
Bari-Padova, l’analisi: i 3 limiti del primo tempo, gli accorgimenti difensivi e l’impatto di Cerri

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·6 de octubre de 2025
Nella partita contro il Padova, il Bari ha finalmente ritrovato la vittoria, interrompendo un digiuno che durava dallo scorso campionato. È un successo che porta ossigeno e toglie pressione a Fabio Caserta, ma non sembra aver cancellato i punti interrogativi riguardanti i tanti limiti strutturali che la squadra continua a mostrare. Come ha ammesso lo stesso tecnico nel post-gara, la soddisfazione per il risultato non coincide con quella per la prestazione, visto che i tre punti sono arrivati più per forza d’inerzia e per un episodio favorevole che per un netto cambio di passo nel gioco.
Per capire dove il Bari ha faticato e cosa invece ha funzionato, torna la nostra rubrica Il Bari a Scacchi, che analizza nel dettaglio le prove dei biancorossi. Clicca qui per leggere lo scorso numero su Virtus Entella-Bari, mentre clicca qui per vedere l’analisi VIDEO.
Copyright: SSC Bari
Il Padova si è disposto con un sistema difensivo fluido, oscillando tra 5-3-2 e 4-4-2 a seconda della posizione di Capelli, che in alcune fasi saliva su Castrovilli per chiudere la prima costruzione. Il principio base, tuttavia, restava invariato: proteggere la zona centrale e indirizzare il Bari verso le corsie laterali costringendolo a spostare la manovra sugli esterni, scivolando poi di conseguenza con la linea mediana per chiudere gli spazi. A funzionare, nei biancorossi, è stato quasi esclusivamente però il lato sinistro, in particolar modo sull’asse Burgio-Castrovilli-Rao, dal quale sono nate le (poche) occasioni costruite dalla squadra di Fabio Caserta nel corso del primo tempo.
Due modi con cui il Padova difendeva, cercando di chiudere gli spazi centrali e di portare il Bari sugli esterni
Come ha provato il Bari a rispondere alla difesa compatta del Padova? Andando sulle corsie laterali, uno dei problemi che si sono visti in avvio era che gli esterni si trovavano spesso isolati dal contesto squadra (più Antenucci di Rao, che dialogando con Castrovilli ha avuto un po’ di spazio in più). Per ovviare a questo, la squadra di Caserta ha cercato di portare molti uomini in zona palla, ma questa scelta – corretta in teoria – si è rivelata spesso sterile per due motivi complementari: la lentezza nel muovere il pallone e la scarsa qualità nelle letture individuali.
Due esempi di come, arrivati sulle corsie laterali, gli esterni del Bari si trovavano spesso isolati.
Ogni volta che il Bari si concentrava su un lato, il Padova era rapido a scivolare e chiudere. In queste situazioni, il modo per creare vantaggio sarebbe stato ribaltare rapidamente il fronte, sfruttando gli spazi che inevitabilmente si aprivano sul lato opposto. Ma la squadra di Caserta non ha quasi mai avuto la velocità di esecuzione necessaria: il pallone veniva fatto girare lentamente, con numerosi passaggi all’indietro verso i centrali difensivi, e ciò permetteva al Padova di riordinarsi senza scomporsi.
Questo deficit di ritmo sembra avere anche radici psicologiche. Il Bari gioca ancora con una certa insicurezza di fondo, figlia dei risultati negativi e di un contesto ambientale pesante. Lo si percepisce nelle scelte dei singoli: i giocatori preferiscono la soluzione semplice a quella rischiosa, magari tornando indietro verso i difensori piuttosto che guardare lo spazio in avanti. Ne derivano sequenze di possesso statiche, con pochi movimenti coordinati e tempi d’uscita lenti.
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Nella ripresa Caserta ha corretto l’assetto inserendo Cerri accanto a Moncini, e la mossa ha subito cambiato l’inerzia della gara. Con due riferimenti centrali la difesa del Padova è stata costretta ad abbassarsi di diversi metri, lasciando più spazio tra le linee e permettendo al Bari di alzare il baricentro. La squadra ha guadagnato campo e fiducia, riuscendo finalmente a presidiare con continuità l’area avversaria. Da una di queste situazioni è nata l’azione che ha portato al rigore e all’espulsione di Capelli, momento che ha di fatto cambiato il volto della partita. In superiorità numerica, i biancorossi hanno potuto gestire il possesso più alti, muovendo la palla con maggiore calma e trovando spazi che nel primo tempo restavano chiusi. È giusto però riconoscere che la superiorità numerica ha avuto un peso determinante, garantendo al Bari il pareggio e la spinta psicologica per completare la rimonta.
La posizione di Cerri accanto a Moncini ha permesso di tenere più basso il Padova e di liberare spazio sulla trequarti.
Sul piano difensivo si è visto qualche piccolo passo avanti. L’obiettivo del Padova era soprattutto quello di sfruttare le fasce laterali, facendo arrivare il pallone a Capelli o a Barreca per chiamare fuori posizione Dickmann o Burgio, in modo da attaccare lo spazio che si creava alle loro spalle con Varas e Fusi. Da questo punto di vista, un piccolo passo in avanti c’è stato, perché (forse anche complice il livello tecnico non eccelso dell’attacco avversario) la retroguardia è riuscita a reggere meglio il colpo, concedendo comunque qualcosa ma coprendo un po’ meglio del passato il campo. Ancora una volta, però, c’è stata una sbavatura individuale di Kassama che ha aperto la strada al gol che poteva indirizzare la gara. La grande incognita è però legata alle condizioni fisiche di Nikolaou, uscito acciaccato, visto che con l’assenza sua e di Vicari il reparto avrebbe davvero gli uomini contati.
Nella ricostruzione precedente e in questa immagine si vede il modo più frequente con cui il Padova cercava di attaccare, attirando fuori posizione i terzini (in questo caso Burgio, mentre l’altro restava a coprire gli attaccanti con i centrali) per riempire lo spazio. Il Bari però, con i movimenti delle mezzali e di Verreth, è riuscito ad assorbire questo aspetto.