Calcionews24
·13 de julio de 2025
Bertoni: «Fiorentina e Juve nell’82? Meglio ladri che secondi… Passarella in viola l’ho voluto io. Vi racconto tutti i miei scudetti mancati»

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Campione del Mondo nel 1978, con un gol nella storica finale contro l’Olanda, e ala destra che ha incantato la Serie A con la sua classe e la sua imprevedibilità. Daniel Bertoni è una leggenda del calcio argentino e un pezzo di storia del nostro campionato, un giocatore che ha lasciato un’impronta indelebile sia con la maglia della Fiorentina, dove formò una coppia d’attacco formidabile con Graziani, sia con quella del Napoli.
La sua visione del calcio, forgiata da un’epoca di campioni straordinari, è oggi una prospettiva preziosa e autorevole per analizzare il gioco moderno. Oggi, “Puntero” Bertoni, come veniva soprannominato, si racconta in una lunga ed esclusiva intervista a La Gazzetta dello Sport. Uno sguardo senza tempo su uno sport che ha vissuto da assoluto protagonista, con la maglia albiceleste e con quelle dei club che ha fatto sognare.
ITALIA MUNDIAL NEL 1982 – «Giusto, sacrosanto, splendido per il modo in cui accadde. Perdemmo 2-1 da un’avversaria piena di stelle».OGGI É NONNO – «Due figli, uno che lavora a Zurigo alla FIFA e una che fa la psicologa qui in Argentina, e quattro nipoti. Benjamin è pazzo dell’Inter e di Lautaro Martinez; poi ci sono Dante, in omaggio al poeta, Nina, perché noi dall’Italia ci siamo portati anche i nomi, e Francesco, per devozione al Papa».GLI SCUDETTI SFIORATI – «Incredibile ma vero. Alla Fiorentina, nell’82, ce lo strapparono all’ultima giornata: spalla a spalla con la Juve, rigore che trasforma Brady, mentre al Catanzaro non ne venne concesso uno evidente, e gol annullato a noi che pareggiammo a Cagliari. I tifosi viola dicevano: meglio secondi che ladri. Io replicavo: meglio ladri che secondi».ROMA, NAPOLI E VERONA – «Alla fine di quella stagione, incontro l’ingegnere Dino Viola a Fiumicino: ti voglio portare alla Roma. Tito Corsi, il diesse dei viola, mi dice: sei una delle nostre bandiere. Ok. Estate dell’84: mi chiama Emiliano Mascetti, diesse del Verona, ti vorremmo qua, crediamo in qualcosa di grosso. Ma scelgo Napoli, è arrivato Maradona: noi ottavi e loro campioni d’Italia. Resto fino all’86, vado via proprio prima che quella squadra sensazionale – Diego, Bagni, Giordano, Ferrara – vinca per la prima volta lo scudetto. Posso dire di esserci stato vicinissimo più e più volte»PASSARELLA – «Dissi al Conte Pontello, una figura centrale nella mia crescita e al quale resterò grato finché vivrò, di prendere Passarella. Galbiati, che era il titolare, ci rimase male; ma Danuel, che è mio amico ancora oggi, rappresentava un valore elevatissimo a livello internazionale, un leader».NO AI PARAGONI TRA EPOCHE DIVERSE – «Certo che sì. Adesso celebriamo il Psg, giustamente, che gioca un calcio stellare per merito di Luis Enrique. Ma ci sono stati il Real Madrid, il Barcellona, il City, lo United, il Bayern, il Milan, la Juve, l’Inter, l’Ajax, la rivoluzionaria nazionale olandese, l’Argentina, il Brasile e potremmo star qui a far notte a confrontarci sui rispettivi gusti».
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