Bologna Sport News
·18 de julio de 2025
Di Vaio: "Con Sartori parliamo di come applicare ChatGpt al calcio. Su Tomiyasu e Skov Olsen..”

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·18 de julio de 2025
Da calciatore a dirigente sono cambiate tante cose, ma non il legame indissolubile di Di Vaio con la città e i propri tifosi. Un feeling esploso nel rettangolo verde del Dall'Ara e proseguito negli uffici di Casteldebole. Il direttore sportivo del Bologna Marco Di Vaio ha parlato anche di questo nella lunga intervista rilasciata a Domani. Andiamo a riportare di seguito un estratto delle sue parole su modelli, sogni, ricordi e su Giovanni Sartori.
Quando ho smesso, per un anno e mezzo ho pensato ancora da calciatore. Ma volevo costruire un pensiero diverso. Devi crearti una credibilità nuova, da dirigente. Non è una conseguenza essere un buon dirigente solo perché sei stato un buon giocatore. Sono cresciuto qua. Bologna è proprio casa. Non vorrei essere in nessun altro posto al mondo.
Con emozione, con pianti, con una sensazione fortissima. Condividerla con la città, con la mia famiglia, con tutte le persone che lavorano qui. Sono diciassette anni che sto a Bologna. Ne abbiamo viste di brutte e di belle. Questa vittoria è stata il segno di un percorso incredibile. Quando giocavo non c’erano i social, il calcio era più tradizionale. Ora c’è una condivisione diversa, ci sono connessioni diverse. Rivedo il giorno della finale in ogni dettaglio. Abbiamo avvertito tutti il peso della responsabilità e l’abbiamo trasformato in un regalo per la città
Takehiro Tomiyasu (Photo by Alessandro Sabattini/Getty Images Via OneFootball)
Non era programmato. Stavo finendo la carriera, pensavo a cosa fare. Poi, a settembre, il presidente ha comprato il Bologna. Era il 2015. Mi ha chiesto di tornare e ho detto subito sì. Ma non ero pronto. Per un anno e mezzo ho continuato a ragionare da calciatore. Guardavo le partite e mi chiedevo se avrei potuto ancora dare qualcosa in campo. Poi, piano piano, stando vicino alla squadra, studiando, prendendo il patentino, ho cominciato a cambiare. Ho smesso di sentire il bisogno di giocare e ho iniziato a costruire un pensiero nuovo. Cosa significa pensare da dirigente? Significa non pensare più solo a te stesso. Da calciatore sei concentrato sul tuo corpo, sulla tua forma, sulle tue partite. Da dirigente devi pensare a un sistema, alle persone, agli equilibri interni. Devi avere autorevolezza, ma anche empatia. Parli con gli stessi giocatori che fino a poco prima erano accanto a te nello spogliatoio. Serve una credibilità nuova, vera. E devi guadagnartela anno dopo anno. E soprattutto, devi imparare a guardare tutto dall’alto, non da dentro il campo. Non contano più solo i novanta minuti
Ci sono stati anni difficili, senza risultati. Sentivo il peso della responsabilità verso i tifosi. Non avevo ancora gli strumenti per incidere davvero. Poi, con l’arrivo di Sinisa, il presidente ha deciso di cambiare tutto. Da lì è iniziata la costruzione del Bologna di oggi.
L’ho aspettato a cena dopo una partita. Gli ho parlato del progetto. Poi l’operazione l’hanno finalizzata Fenucci e Bigon, ma quel primo contatto era il mio ruolo: far capire che cosa stavamo costruendo. Avevamo fatto tutto, visite mediche pronte e prenotate. Lui stava giocando in America. Prese un volo, arrivò qui. Vide tutto: la città, il centro tecnico. Sembrava tutto ok. Ma volle tornare in Giappone per parlarne con la famiglia. Una settimana d’attesa, con il fiato sospeso. Poi ha detto sì. Un mese dopo, stessa cosa con Skov Olsen.
Andreas Skov Olsen (Photo by Mario Carlini / Iguana Press/Getty Images Via OneFootball)
Sono tanti. Impossibile citarli tutti. Luciano Moggi mi chiamava alle sette del mattino, veniva a prendermi a casa, mi spiegava cosa significasse stare alla Juve. Mi dava fiducia e bastonate, al momento giusto. Poi Rino Foschi: da ragazzo mi ha curato, dato consigli. Sono stato tre settimane a Cesena, a casa sua. Mi ha trattato come un figlio. Hanno avuto una grande parte umana. Oggi imparo da tutti. Con Corvino non ero pronto, non capivo il mercato, le cose da fare. Da Riccardo Bigon ho imparato l’organizzazione. Riccardo mi ha dato tanto. Da Walter Sabatini la passione per il dettaglio, il furore. Sabatini è un appassionato di calcio vero. Si innamora di un giocatore, magari due giorni dopo l’amore è finito. Ma la passione che ha è ineguagliabile. E poi Giovanni Sartori, con cui lavoro adesso. Ha una curiosità contagiosa. L’altro giorno parlavamo di ChatGpt, come applicarla nel calcio... Pensa te. È un uomo aperto, intelligente, ha voglia di scoprire. E questo, per uno che ha fatto tutto, non è scontato
Giovanni Sartori (Photo by Mario Carlini / Iguana Press/Getty Images Via OneFootball)
Da calciatore ho cambiato tredici squadre. Da dirigente vorrei farne una sola. Questo è il mio sogno. Quest’anno vorremmo confermarci, restare lì, in Europa, magari andare avanti in Coppa Italia. Consolidarci. E vivere questo sogno con la nostra gente, la gente di Bologna.