Calcionews24
·14 de junio de 2025
Flamengo, guida completa alla squadra: storia, giocatore chiave, giovane talento e allenatore

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·14 de junio de 2025
Il Flamengo è inserito nel girone D del Mondiale per Club insieme ad ES Tunis, Chelsea e León.
Il Clube de Regatas do Flamengo non è una semplice squadra di calcio, è un’entità che trascende lo sport. Fondato nel 1895 come club di canottaggio (il calcio fu introdotto solo nel 1911), il Flamengo è diventato un fenomeno di massa, tanto da vantare, secondo diverse stime, la più grande tifoseria del mondo, con oltre 40 milioni di sostenitori. Questa immensa base di fan è conosciuta come la Nação Rubro-Negra (la Nazione Rosso-Nera), un termine che non definisce solo i tifosi, ma un popolo unito da una fede incrollabile. Il soprannome più comune è Mengão, un accrescitivo affettuoso di “Flamengo”. Un altro, più particolare, è Urubu (Avvoltoio). Nato negli anni ’60 come insulto razzista da parte delle tifoserie rivali per denigrare i numerosi tifosi afro-brasiliani del club, fu genialmente riappropriato. Durante una partita del 1969, un gruppo di tifosi del Flamengo liberò in campo un avvoltoio, che volò sopra il prato del Maracanã. La squadra vinse e da quel giorno l’Urubu divenne la fiera mascotte del club, un simbolo di resilienza e orgoglio delle proprie radici popolari.
La storia del Flamengo è un susseguirsi di ere gloriose e momenti di profonda crisi, un’altalena di emozioni che ne alimenta la mistica. Il club ha sempre avuto un rapporto speciale con i numeri 10, i fantasisti, i geni del calcio. Il più grande di tutti, Zico, è considerato una divinità laica a Rio de Janeiro. Una “cosa che non puoi sapere” è che il Flamengo, pur essendo il club più popolare del Brasile, ha dovuto attendere fino al 1980 per vincere il suo primo campionato brasiliano, molto più tardi rispetto ai suoi rivali. Questo ritardo ha reso la fame di vittorie ancora più acuta. Un aneddoto che definisce la passione dei suoi tifosi risale al 1995, l’anno del centenario. Il club ingaggiò Romário, fresco campione del mondo e Pallone d’Oro, per formare “l’attacco dei sogni” con Sávio ed Edmundo. Nonostante le enormi aspettative, la squadra perse la finale del campionato Carioca contro il Fluminense con un famoso gol di pancia di Renato Gaúcho. Quella sconfitta è ancora oggi ricordata come una delle più dolorose, a testimonianza di come nel DNA del Flamengo la sofferenza sia indissolubilmente legata all’estasi della vittoria.
In una squadra piena di stelle, l’uruguaiano Giorgian De Arrascaeta è il maestro d’orchestra, il giocatore la cui eleganza fa innamorare. Non è un atleta straripante o un bomber implacabile; è un artista del calcio. Il suo stile di gioco è una carezza per gli occhi: controllo di palla vellutato, visione di gioco a 360 gradi e una capacità quasi telepatica di trovare i compagni con passaggi che nessuno aveva immaginato. De Arrascaeta è il classico enganche sudamericano, il numero 10 che gioca con la testa alta e il cui ritmo compassato detta i tempi di tutta la squadra. La sua specialità sono gli assist, spesso serviti con l’esterno del piede, un gesto tecnico di una difficoltà e di una bellezza estreme che è diventato il suo marchio di fabbrica. Ma è anche un finalizzatore letale, capace di inventare gol con tiri a giro o inserimenti a sorpresa. Ciò che lo rende così amato, oltre alla sua immensa classe, è la sua capacità di essere decisivo nei momenti che contano. Nelle finali, nelle partite più tese, è quasi sempre lui a inventare la giocata che sblocca il risultato. È un leader silenzioso, un idolo che parla con la lingua universale del talento puro.
Il settore giovanile del Flamengo, il “Ninho do Urubu” (il Nido dell’Avvoltoio), è una delle fucine di talenti più prolifiche del Sud America. L’ultimo gioiello di questa collezione è Lorran, un trequartista mancino classe 2006 che ha già fatto il suo debutto in prima squadra, diventando il più giovane marcatore nella storia del club. Lorran è un concentrato di talento, fantasia e sfrontatezza. Nonostante la giovanissima età, gioca con la personalità di un veterano. È un dribblatore nato, abile a saltare l’uomo nell’uno contro uno e a creare superiorità numerica. Il suo sinistro è potente e preciso, sia nel tiro che nei calci piazzati. Dopo aver dominato nelle categorie giovanili, il club lo sta inserendo gradualmente in prima squadra, proteggendolo dalla pressione ma consapevole di avere tra le mani un potenziale fuoriclasse. Il Mondiale per Club 2025 potrebbe essere la sua prima grande vetrina internazionale, un’occasione per mostrare sprazzi del suo enorme talento e per far capire al mondo perché club come Real Madrid e Chelsea lo seguono da tempo.
In una delle mosse più audaci e romantiche del calcio brasiliano recente, la panchina del Flamengo è stata affidata a Filipe Luís. La nomina è recentissima, avvenuta a fine maggio, poco prima dell’inizio del torneo, a seguito dell’esonero del più esperto Tite. La dirigenza ha deciso di scommettere sul suo ex giocatore, un idolo della tifoseria che si era ritirato dal calcio giocato solo un anno e mezzo prima. Non è una scelta casuale: dopo il ritiro, Filipe Luís ha subito iniziato la sua carriera da tecnico nelle giovanili del club, guidando la squadra Under-20 a importanti successi e mostrando un talento e una visione di gioco fuori dal comune.
Considerato un “allenatore in campo” già negli ultimi anni della sua carriera da calciatore, Filipe Luís è una delle menti più brillanti della sua generazione. Avendo giocato per anni ai massimi livelli in Europa (soprattutto con l’Atlético Madrid di Diego Simeone) e essendo stato un pilastro del Flamengo iper-offensivo di Jorge Jesus, la sua filosofia è un mix unico di rigore tattico europeo e di creatività brasiliana. Predica un calcio basato sul possesso palla, sulla superiorità numerica e su un’organizzazione difensiva meticolosa. La sua nomina, a poche settimane dal Mondiale per Club, è un enorme attestato di fiducia ma anche un rischio calcolato: affidare una corazzata a un tecnico così giovane e con poca esperienza in prima squadra è una scommessa che potrebbe rivelarsi un colpo di genio o un azzardo fatale. Sarà lui la variabile più intrigante del torneo per il Mengão.
Nonostante la vittoria della Copa Libertadores nel 2019 sia un ricordo vivido e glorioso, il vertice assoluto, il momento che ha consegnato il Flamengo alla leggenda, è la conquista della Coppa Intercontinentale del 1981. A Tokyo, il Flamengo di Zico, Júnior, Leandro e Adílio affrontò il Liverpool, dominatore del calcio europeo. Quella che doveva essere una partita equilibrata si trasformò in un monologo rubro-negro. Il Flamengo impartì una lezione di calcio ai campioni d’Europa, vincendo 3-0 in una delle prestazioni più scintillanti e dominanti mai viste in una finale intercontinentale. Zico fu nominato miglior giocatore della partita, ma fu tutta la squadra a giocare una sinfonia perfetta. Quel trionfo non fu solo una vittoria sportiva; fu un’affermazione culturale, la dimostrazione che il calcio bailado e tecnico del Brasile poteva surclassare la potenza fisica del calcio europeo. Quella squadra è ancora oggi considerata la più forte nella storia del club e un modello di gioco irripetibile.
Il Flamengo arriva al Mondiale per Club come una delle potenze non europee più credibili. La rosa è ricca di talento e di esperienza internazionale. L’obiettivo minimo è superare il girone e raggiungere la fase a eliminazione diretta.