Calcio e Finanza
·12 de agosto de 2025
Il Manchester City e le 110 accuse dalla Premier: il caso che può mettere a nudo le fragilità del calcio inglese

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·12 de agosto de 2025
Articolo a cura di Giuseppe Telesca
Giuseppe Telesca insegna storia economica contemporanea all’Università di Glasgow (Scozia). Nella sua ricerca si occupa di storia bancaria, crisi finanziarie ed economia e finanza applicate allo sport
Agosto è il mese delle attese e delle incognite: campionati ancora fermi, calciomercato che infiamma e, quest’anno, un procedimento disciplinare che rischia di scuotere alle fondamenta la Premier League. A pochi giorni dal via della nuova stagione, il calcio inglese vive con il fiato sospeso l’esito della procedura di infrazione contro il Manchester City per presunte violazioni delle Profitability and Sustainability Rules, il sistema di regole finanziarie che rappresenta la versione britannica del Financial Fair Play (FFP) della UEFA.
La Premier League ha affidato a una commissione indipendente il compito di giudicare le oltre 100 infrazioni di cui il City è accusato. L’imputazione principale mossa ai Citizens è quella di aver utilizzato alcuni generosi contratti di sponsorizzazione provenienti da società legate allo sceicco Mansour bin Zayed, proprietario del club, per permettere a questi di immettere fondi supplementari nelle casse del City. La commissione è al lavoro dallo scorso autunno ma mancano, al momento, certezze circa i tempi della sentenza. Si era parlato della primavera 2025, poi si era pensato all’estate, prima che iniziasse la nuova stagione. Ma, per ora, tutto tace. E allora possiamo provare a riflettere sulle implicazioni più generali che un’eventuale sentenza di condanna potrebbe avere sul campionato inglese.
I club che partecipano a tale competizione sono tenuti a contenere le perdite di bilancio non oltre i 105 milioni di sterline nell’arco di tre anni. Solo gli introiti generati attraverso le ‘normali’ attività calcistiche vengono conteggiati, proprio per evitare di ricorrere, come nei casi imputati al City, all’uso di sponsorizzazioni fittizie o di altri sotterfugi contabili. Le accuse al City riprendevano parzialmente quelle della UEFA che, nel 2020, avevano portato alla temporanea estromissione del club dalle competizioni europee per la violazione del FFP. La decisione era poi stata annullata dal Tribunale Arbitrale dello Sport di Losanna perché le fattispecie di reato contestate erano in parte difficili da accertare e in parte cadute in prescrizione. Un’eventuale sentenza di condanna dimostrerebbe che, mentre mieteva successi a tutti i livelli, la squadra simbolo della competizione calcistica più ricca del mondo ha fatto ricorso al doping finanziario per mantenersi sostenibile.
La Premier League fu fondata nel 1992, dopo che per oltre un ventennio il calcio inglese si era caratterizzato per un modello economico nel quale al costo crescente dei calciatori e dei loro salari faceva da contraltare la riduzione degli introiti basati, quasi esclusivamente, sui biglietti venduti. L’ethos che aveva ispirato il calcio professionistico fino ad allora – condivisione degli incassi, ripartizione degli introiti provenienti dalle televisioni, divieto di retribuire i dirigenti delle società calcistiche e limiti alla distribuzione dei dividendi – fu scosso dalla Rivoluzione Conservatricedi Margaret Thatcher che, in ambito calcistico, si incarnò in dirigenti come Irving Scholar. Questi, già nel 1983, quotò il Tottenham alla Borsa di Londra e gli procurò uno sponsor di maglia. Negli anni ‘90, con la tecnologia digitale giunta a maturazione, il potenziale commerciale legato all’espansione dei diritti televisivi stimolò la ricerca di capitali in borsa e rafforzò la convinzione che le società calcistiche potessero essere gestite come aziende orientate al profitto.
Giuseppe Telesca
Ma l’ondata di quotazioni non si tradusse nell’auspicato controllo dei costi di gestione. L’incapacità di generare profitti provocò una fuga dalla borsa nei primi anni 2000. Alla vigilia della débâcle finanziaria del 2008, nessuna società calcistica inglese era quotata sulla borsa di Londra, e soltanto pochi club erano quotati su mercati alternativi. Un fattore cruciale che spiega tali cattive performances risiede nel potere contrattuale dei calciatori, che si accrebbe enormemente in seguito alla sentenza Bosman del 1995. Una ricerca del 2023 sulla sostenibilità del calcio professionistico inglese ha dimostrato che, mentre gli introiti della Premier sono aumentati del 2.559 per cento tra la prima edizione (1992–93) e la stagione 2021–22, nello stesso periodo il monte salari delle squadre della Premier è cresciuto del 3.613 per cento.
La Premier negli ultimi due decenni ha ovviato a questi squilibri attraendo investimenti dall’estero. Quando sono arrivati dagli Stati Uniti – Manchester United, Liverpool, Arsenal – tali investimenti hanno essenzialmente mirato agli introiti assicurati dal mercato dei diritti televisivi. In altri casi – l’investimento di Abu Dhabi nel City o quello Saudita nel Newcastle, tanto per citare alcuni esempi – gli investimenti sono stati diretti alla ricerca di prestigio (soft power) e rispettabilità (sport washing). Ma alla formidabile capacità di attrarre investimenti esteri, la Premier non ha saputo affiancare la necessaria capacità di controllare i suoi costi di gestione.
Un’eventuale sentenza di condanna del City, oltre a incrinare l’immagine del suo club più vincente dell’ultimo quindicennio, getterebbe un’ombra sulla credibilità finanziaria, e su certe narrazioni trionfali, della Premier League. Nel contempo, essa offrirebbe la speranza che le Profitability and Sustainability Rules – dopo aver prodotto buoni risultati ai livelli meno alti della competizione, penalizzando nella stagione 2023–24, per addebiti molto meno seri di quelli imputati al City, squadre quali l’Everton e il Nottingham Forest – possano costringere anche i club più prestigiosi della Premier League a mettere ordine nei propri conti. Questo avrebbe una ricaduta positiva sui livelli più bassi della piramide del calcio professionistico inglese, dove l’esigenza di intervenire appare più urgente poiché i casi di insolvenza pongono rischi all’intero sistema.