Calcionews24
·30 de junio de 2025
Inter-Fluminense: tre cose che non hai notato

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·30 de junio de 2025
Oltre il tabellino impietoso di 2-0 e la cronaca di una superiorità brasiliana che i legni colpiti dall’Inter avrebbero potuto cambiare (soprattutto il primo colpito da Lautaro sull’1-0), la notte di Charlotte tra Inter e Fluminense ha sussurrato altre storie. Sono tre istantanee passate quasi inosservate, momenti che non finiscono negli highlights ma che, a un’analisi più attenta, svelano l’essenza psicologica, tattica e persino tecnologica di una partita a senso unico.
1. Il contrasto molle che annuncia la resa. Minuto 3. Il gol di Cano che gela l’Inter è l’evento scatenante, ma la vera origine del crollo nerazzurro è un singolo, quasi impercettibile, momento precedente. Tutto nasce da un contrasto molle da parte di De Vrij. Non un errore tecnico, non una giocata sbagliata, ma un’attitudine. Quella “mollezza” è il fotogramma che riassume l’approccio dell’intera squadra: un misto di sufficienza e scarsa reattività. Non è l’errore di un singolo, ma il sintomo di una condizione mentale collettiva. In quel tackle poco convinto, in quella mancanza di aggressività, c’era già scritta la sceneggiatura di una partita in cui l’Inter avrebbe subito l’intensità avversaria senza mai riuscire a imporre la propria. Un prologo silenzioso alla sconfitta.
2. Il tacco di Lautaro e l’incomprensione con Thuram. Minuto 43. In un primo tempo di sofferenza, l’Inter prova a costruire. Lautaro Martínez si abbassa fino a centrocampo per legare il gioco, riceve palla e d’istinto prova un colpo di tacco per liberare Marcus Thuram. L’idea è geniale, l’esecuzione precisa. Ma il francese, sorpreso, compie un movimento non congruo e l’azione sfuma nel nulla. Questo episodio non è un errore da matita rossa, ma è la fotografia perfetta della disconnessione offensiva dell’Inter. In una giornata di grazia, quel tacco sarebbe l’inizio di una transizione letale. Stavolta, invece, ha solo evidenziato la mancanza di chimica e di sincronia tra i due attaccanti, che per tutta la gara hanno parlato lingue diverse. L’immagine di un’orchestra in cui i due solisti più attesi erano andati fuori tempo.
3. Il gol-capolavoro annullato dal VAR e il nome urlato dallo speaker. Minuto 39. Il Fluminense costruisce un’azione celestiale, definibile da basket o volley per la sua coralità, che porta al colpo di testa vincente di Ignácio. Sarebbe il 2-0, ma il VAR interviene. Fuorigioco di “mezzo tronco”, invisibile all’assistente ma non alla tecnologia. Fin qui, ordinaria amministrazione del calcio moderno. Ma poi accade qualcosa di curioso: l’arbitro, annunciando la decisione al pubblico, cita il nome del giocatore (“Ignacio”) e non il suo numero di maglia, come avviene di solito. In questo singolo episodio c’è tutto: la superiorità tattica di un Fluminense capace di giocate così raffinate da poter essere fermate solo dalla tecnologia, la precisione chirurgica del VAR e, infine, il tocco umano e quasi teatrale di un arbitro che rompe il protocollo. L’arte del calcio fermata dalla scienza e raccontata con un’insolita familiarità.