Calcio e Finanza
·30 de septiembre de 2025
La stampella di FI, la seduta di 12 ore e la tagliola: così è arrivato il via libera alla cessione di San Siro a Inter e Milan

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·30 de septiembre de 2025
La stampella di Forza Italia, la seduta fiume, un “emendamento tagliola”. E poi scontri, accuse e contro accuse, qualche insulto ma anche allusioni colte e letterarie. È successo un po’ di tutto nelle oltre 11 ore che hanno portato il Consiglio Comunale a dare il via libera alla vendita di San Siro e delle aree limitrofe a Inter e Milan. Tutto sembrava già scritto appena primo dell’inizio della seduta, ma la discussione è andata per le lunghe nel corso del Consiglio, con un finale decisamente polemico.
Riavvolgiamo però il nastro. Alle 16.31 la presidente del Consiglio Comunale Elena Buscemi apre ufficialmente i lavori: si parte dalla conclusione della discussione iniziata giovedì scorso e prendono la parola diversi consiglieri della maggioranza, tra cui Monica Romano che scioglie le riserve e conferma il proprio voto a favore. L’intervento più significativo, tuttavia, è quello della consigliera Deborah Giovanati di Forza Italia, perché il partito fondato da Silvio Berlusconi per la prima volta apre ufficialmente all’ipotesi di sostenere la delibera per la vendita di San Siro, anche se con l’astensione piuttosto che col voto a favore. Scelta confermata anche dalle parole di Letizia Moratti, europarlamentare di Forza Italia nonché ex sindaco di Milano, oltre che di Alessandro Sorte, coordinatore lombardo di Forza Italia.
Di fatto, quindi, dopo pochi minuti dall’inizio, c’era la pressoché totale certezza che la delibera sarebbe passata: l’astensione di tre consiglieri di Forza Italia infatti avrebbe portato il quorum per deliberare a quota 24, esattamente il numero di voti che la maggioranza aveva già in mano.
Tuttavia, non è stata una seduta rapida. Anzi, tutt’altro. La partita dura si è aperta infatti sugli emendamenti: ne sono stati presentati ben 239, di cui 30 ad esempio dalla sola Mariangela Padalino di Noi Moderati. Molti sono stati discussi a lungo e poi bocciati (tra cui anche uno per chiedere la ristrutturazione del Meazza), con citazioni varie da parte dei consiglieri nelle loro discussioni, da Checco Zalone a Django Unchained passando a Biancaneve, Patroclo e l’Iliade fino alla richiesta di stanziare i fondi aggiuntivi per la balneabilità dei Navigli.
Alla fine ne sono passati sette, presentati dalla maggioranza: questi prevedono tra gli altri temi la richiesta di ridurre il consumo di suolo e tutelare la biodiversità, rafforzare il ruolo del Comune nella rigenerazione urbana, introdurre obblighi di inclusione e pari opportunità, destinare 14 milioni a progetti di sostenibilità ambientale, fissare a 5 milioni il tetto della manleva per le bonifiche del parco dei Capitani e infine dare al Consiglio Comunale il potere di decidere come reinvestire le cifre incassate dalla vendita di San Siro.
Proprio su quest’ultimo, però, intorno alle 3, è arrivata la svolta: la maggioranza infatti ha presentato e approvato un cosiddetto “emendamento tagliola”, la cui approvazione prevede il voto definitivo sulla delibera senza considerare gli emendamenti non trattati. Scelta che ha scatenato le polemiche. La vicesegretaria della Lega e consigliera comunale Silvia Sardone ha parlato di “vergogna”, accusando i consiglieri di centrosinistra di essere “servi del sindaco”, scatenando reazioni e qualche battibecco in aula. Per Riccardo Truppo, capogruppo di Fratelli d’Italia, si è trattato del “momento più basso di questa amministrazione”. Sulla stessa linea il consigliere dei Verdi Carlo Monguzzi, che ha parlato di “democrazia calpestata” e dichiarato di non riconoscersi più negli obiettivi della maggioranza. Duro infine il giudizio del consigliere del Gruppo Misto Enrico Fedrighini, che ha parlato dell’”epilogo di una delle pagine più vergognose dell’amministrazione comunale di Milano”. Il tutto con costanti minacce di ricorrere a TAR, Corte dei Conti e non solo.
Alla fine, così, si è arrivato al voto, stavolta palese, confermando quelli che erano i numeri all’inizio della seduta: 24 voti a favore, quanti ne bastavano, dopo la stampella di Forza Italia, per far passare la delibera.
Nel dettaglio, i favorevoli:
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