Lazionews24
·26 de septiembre de 2025
Lazio, parla l’ex Nesta: «Milan? Non ci volevo stare, per me era la Lazio e basta. La Lazio mia era forte. Il trofeo a cui sono più legato…»

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In una recente intervista concessa a Lottomatica.Sport, Alessandro Nesta, ex difensore centrale considerato tra i migliori della sua generazione, ha ripercorso alcuni dei momenti più significativi della sua carriera calcistica. Tra i passaggi più intensi, l’ex capitano della Lazio ha ricordato il trasferimento al Milan, avvenuto nell’estate del 2002, un episodio che segnò una svolta decisiva nella sua vita professionale e personale.
PAROLE – «I primi sei mesi non volevo stare a Milano. La sera che mi hanno venduto al Milan, dopo aver visto lo stadio e fatto tutto il giro, sono andato in televisione di fianco a Galliani, ma trasmettevo tristezza. Non ci volevo stare, per me era la Lazio e basta. Poi ringrazio Dio che sono andato al Milan, perché dopo i primi sei mesi in cui ho fatto schifo mi sono ripreso e sono arrivato a un livello molto più alto. Abbiamo vinto tantissimo ed eravamo sempre competitivi, a Roma magari questo non sarebbe successo. Al Milan c’erano tanti campioni? Sì, ma pure alla Lazio… Io nello spogliatoio stavo vicino a Veron, Nedved, Boksic, Mihajlovic. La Lazio mia era forte. Il trofeo a cui sono più legato? La Coppa Italia con la Lazio, e la prima Champions League con il Milan».
DERBY – «Il derby? Parlo da laziale, quindi sono poco obiettivo. La Lazio ha sprecato un’occasione, non ho visto così forte la Roma che invece ha sfruttato tutto quello che la squadra di Sarri ha lasciato. Per i biancocelesti poteva essere una gara alla portata. I derby non sono mai belli, c’è sempre troppa tensione. Io sono cresciuto con questa stracittadina, ti entra nel cervello, la vivi sempre. E noi romani lo soffriamo tanto. A Roma il derby è così particolare per la storia delle due squadre, che hanno vinto poco. Per questo diventa un traguardo raggiungibile. E poi il calcio nella Capitale è eccezionale, la città ti trasmette proprio una tensione di un altro livello. È follia pura. A Milano queste cose non le ho mai percepite. La Lazio aveva bisogno di qualche giocatore solido, strutturato, che aiutasse e motivasse quello che c’è di buono. Erano necessari dei rinforzi, come per esempio in attacco. Il mercato è stato bloccato in estate, spero che a gennaio si faccia qualcosa. Dare alibi alla squadra è pericoloso. Io ci sono passato l’anno scorso, così i giocatori tendono a mollare e fai fatica a vincere le partite»
LAZIO DI ERIKSSON – «Squadra fortissima ma senza una grande mentalità. Una rosa così messa in un altro contesto avrebbe vinto la Champions League. Eravamo ragazzi di tanto talento, ma non avevamo nella testa come vincere. L’unico che ha portato la giusta mentalità era Mancini. Il gol più bello che ho mai visto in campo? Almeyda in Parma – Lazio»
GASCOIGNE – « Gli ho spaccato tibia e perone in allenamento, lui si ricorda bene di me (ride, ndr.). Non l’ho fatto apposta. Mi aveva accompagnato mio fratello, da Cinecittà, dove abitavo, a Tor di Quinto e mi aspettava fuori. Gascogine picchiava duro e mi aveva già dato due colpi forti. Poi nella ‘gabbia’, con una palla rimasta un po’ in mezzo, lui è entrato forte e io pure. La gamba ha fatto un movimento innaturale. C’erano tutti i tifosi, sono dovuto scappare con mio fratello e rinchiudermi a Cinecittà (ride, ndr.). Quando sono arrivato in prima squadra nel ’93 c’era un bello spogliatoio, io ero solo un bambino di 16 anni e la Lazio era il mio sogno. Quella era una squadra che stava iniziando a essere molto forte, poi piano piano abbiamo imparato a vincere. A Roma però c’era una mentalità vecchia, al Milan ho capito davvero come si vince. La società aveva visione, disciplina per portarti a un certo livello».