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·16 de marzo de 2025

L’espulsione di Hummels e il bar diventa una sala Var

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Il Messaggero (R. Buffoni) – Entri al bar e come per incanto – ti ritrovi in sala Var. Sul bancone trasformato in un campo di Subbuteo, tazzine di caffè schierate in linea a fare i difensori; l’attaccante è la bustina di zucchero; la palla un tovagliolo appallottolato. Nell’aria risuonano parole liberamente tratte dal “varese” che non è il refuso di barese, né un rimando alla Città Giardino della Lombardia, ma è il dialetto della lingua arbitrale. “Non era dogso!”; “Stava a 50 metri dalla porta, ma quale chiara occasione!”; “Rivedilo e ti accorgi che il piede era basso e che la palla va laterale. Non è mai rosso!”. Eppure la barista (o varista) giura e spergiura che nessuno ha toccato un goccio di vino.

Il rosso su cui si discetta piuttosto animosamente è il cartellino sventolato da Turpin sotto al naso di Hummels, l’impostore tedesco che ha tradito la Roma a Bilbao. Un po’ come accadde a Zidane nella finale mondiale contro l’Italia nel 2006. “Pourquoi, Zinedine, pourquoi?”, si chiesero per mesi i francesi scioccati dalla testata a Materazzi e conseguente espulsione, tormentandosi da novelli Jean-Paul Sartre. Anche a Roma l’interrogativo su cosa sia passato per la mente del giocatore è pressante, ma viene risolto con l’esistenzialismo de ‘noantri: “Ao, ma voi vedè che è laziale…”.

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