Luca Franceschi (ex preparatore atletico della Roma): “Il calcio moderno ha bisogno di giocatori antifragili” | OneFootball

Luca Franceschi (ex preparatore atletico della Roma): “Il calcio moderno ha bisogno di giocatori antifragili” | OneFootball

In partnership with

Yahoo sports
Icon: Pagine Romaniste

Pagine Romaniste

·6 de noviembre de 2025

Luca Franceschi (ex preparatore atletico della Roma): “Il calcio moderno ha bisogno di giocatori antifragili”

Imagen del artículo:Luca Franceschi (ex preparatore atletico della Roma): “Il calcio moderno ha bisogno di giocatori antifragili”

Per quattordici anni è stato una figura centrale a Trigoria, cuore pulsante della Roma. Oggi Luca Franceschi, ex preparatore atletico giallorosso e responsabile del recupero infortuni, lavora come consulente privato per atleti di Serie A e professionisti alle prese con stop prolungati. Dopo i recenti problemi muscolari di Paulo Dybala e Leon Bailey, Franceschi ha analizzato sulle pagine de La Repubblica una tendenza sempre più evidente: la fragilità del calciatore moderno.

Com’è possibile farsi male calciando un pallone?«È la domanda che mi fanno anche al bar: com’è possibile? Il concetto di “farsi male” è legato alla fragilità. E l’errore che commettiamo, noi preparatori in primis, è pensare che l’opposto di fragile sia forte. Non è così. Il contrario di fragile è antifragile. Essere forti significa reggere, essere antifragili significa migliorare sotto stress. È quello che ci manca oggi: abbiamo giocatori fortissimi, ma pochi davvero antifragili».


OneFootball Videos


Tecnologia, prevenzione, monitoraggio: ma dove si sbaglia?«Il controllo medico è al top. I calciatori hanno équipe mediche, nutrizionisti, preparatori personali, analisi posturali, monitoraggio del sonno. Ma il punto non è più la prevenzione: è capire come far diventare un giocatore antifragile. Il calcio è cambiato. Non si gioca di più, si gioca più forte. I gesti sono a velocità altissima, lo stress cognitivo è enorme: devi pensare e reagire a trenta all’ora. Il cervello non è predisposto a questo, e il corpo si rompe».

Non forza, ma adattamento: il nuovo paradigma«Bisogna lavorare in situazioni ad alta velocità, stimolare il gesto tecnico nel contesto reale, non solo in palestra. Fermo restando tutto ciò che già si fa — alimentazione, recupero, psicologia — serve un allenamento che abitui il corpo a gestire lo stress dell’intensità. Io sto lavorando in questa direzione con alcuni atleti: non ho la formula magica, ma vedo risultati. Il problema è collettivo, non individuale: serve che preparatori, dottori e allenatori si siedano allo stesso tavolo».

Corpi fragili: genetica o allenamento?«Ci sono atleti che per natura sono antifragili: possono giocare 45 partite l’anno e non si fanno male, a meno di traumi. Altri no. È una questione di struttura, di telaio, non di muscolo. C’è chi è una 500 che non si rompe mai e chi è una Ferrari che va a 300 ma è più delicata. Non possiamo pensare che tutti siano uguali».

50 partite a stagione: non per tutti«Esatto. Ma questo nel calcio non lo accettiamo. Le rose sono di 30 giocatori, ma quando un allenatore trova la squadra vincente, la tiene. Il giocatore forte gioca sempre. Alcuni corpi però non reggono quei carichi, e continuare a forzarli è un errore. Servono percorsi individuali, preparazioni personalizzate, anche fuori dal club: yoga, respirazione, controllo dell’ansia, monitoraggio del recupero. Tutte cose che già si fanno, ma vanno portate più in profondità».

Spalletti alla Juventus: un ritorno al campo«Sì, ci siamo scritti. Dopo la delusione della Nazionale ha ritrovato il suo terreno naturale: il campo. Luciano Spalletti è uno che lavora sul campo a livello dieci. Quando tocca il fondo, dà la spinta e riemerge. Se ha accettato la Juventus, vuol dire che ha voglia, energia e convinzione. E poi, alla Juve, da professionista, non si dice mai di no».

Ver detalles de la publicación