Mangiapoco: «Alla Juve sei in un altro mondo, se arrivi dal basso hai più fame. Di Gregorio mi ha chiesto da dove venissi» – ESCLUSIVA | OneFootball

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·18 de diciembre de 2025

Mangiapoco: «Alla Juve sei in un altro mondo, se arrivi dal basso hai più fame. Di Gregorio mi ha chiesto da dove venissi» – ESCLUSIVA

Imagen del artículo:Mangiapoco: «Alla Juve sei in un altro mondo, se arrivi dal basso hai più fame. Di Gregorio mi ha chiesto da dove venissi» – ESCLUSIVA

Mangiapoco, portiere della Juventus Next Gen, ha rilasciato un’intervista esclusiva a Juventusnews24. Queste le sue parole

Percorso. Sì, Stefano Mangiapoco sa bene cosa significhi. Conosce le tappe, conosce il sacrificio, conosce la fame di arrivare, il lavoro quotidiano per conquistarsi meriti e traguardi. Dalla Serie D alla Serie C, il professionismo lo ha conosciuto ‘tardi’, a 20 anni. Ma ogni singolo snodo della sua gavetta è stato fondamentale per farlo arrivare dove è oggi: il portiere titolare della Juventus Next Gen. In esclusiva a Juventusnews24, Mangiapoco si è raccontato attraverso queste parole.


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PERCORSO

Oggi vogliamo raccontare una storia, la tua storia Stefano. Perché essere della Juventus, far parte della Juventus, è il coronamento di tanti step e tappe graduali. Fame e voglia di arrivare, crescere velocemente, tempra e carattere: quale parola chiave ha contraddistinto di più la tua ‘gavetta’? «La parola penso sia lavoro. Crederci sempre: io ho fatto degli step che mi han portato a fare la cosiddetta gavetta. Grazie al lavoro svolto con tanti allenatori, con tante persone che mi son state accanto, sono arrivato in un club come la Juve che equivale a un traguardo».

Pontisola, Ponte San Pietro e Pro Palazzolo. Tutto è partito da lì, dalle giovanili fino alla Serie D. Il professionismo lo hai conosciuto più “da grande”: se per un attimo ti guardi indietro, che percorso è stato e cosa ti ha lasciato?«È stato un percorso perfetto. Non ho mai fatto professionismo da piccolo, ho solo fatto provini con società vicine a casa. Ho giocato tanti anni nel Pontisola, che poi si è fuso ed è diventato Ponte San Pietro. Il mio sogno era arrivare in Prima squadra, a giocare in Serie D al Ponte San Pietro. In quell’ambiente ti crescono con l’obiettivo di arrivare in Prima squadra: lì han giocato calciatori da giovani che ora sono in Serie A come Augello e Paleari. È sempre stato un bacino importante della bergamasco, pur non essendo professionismo. Ho giocato un anno in Prima squadra, poi mi son liberato con lo svincolo, ho fatto ancora un anno di Serie D alla Pro Palazzolo dove mi son trovato benissimo e poi son salito di categoria nel professionismo per la prima volta».

A quali modelli ti sei ispirato da bambino? Quali portieri guardavi con più attenzione?«Non posso non dire Buffon, è l’idolo di tutti i bambini, soprattutto italiani. Poi mi piaceva tanto Alisson quando giocava nella Roma e Courtois tutt’ora».

2024/25 significa professionismo, alla Giana Erminio. 38 presenze, 6^ posto in campionato, finale di Coppa Italia Serie C. Crescita personale e risultati in campo: quanto ti ha fortificato e fatto maturare vivere questa annata da protagonista?«Più che il campo direi lo spogliatoio. Davvero un gruppo genuino, fatto di persone che lavorano, che vivono per quello. Abbiamo portato a casa un risultato che a inizio anno era insperato. Siamo partiti pensando di salvarci, eravamo un gruppo totalmente nuovo: lì lo spogliatoio fa tanto la differenza. Non sono partito benissimo, perché dopo due settimane mi sono lesionato il menisco e son stato operato. Sono stato fuori un mese. Poi con il mister, preparatore dei portieri e compagni di squadra sono riuscito ad integrarmi bene. È stata una stagione in crescendo: c’è stata la finale di Coppa Italia, è stato un percorso bellissimo peccato averla persa. Non potevamo non essere soddisfatti. Poi sesto posto in campionato e nei playoff abbiamo vinto i primi due turni, il terzo anche ma siamo usciti con la Ternana che era più forte di noi ma ce la siamo giocata, all’andata e al ritorno».

12 clean sheet al Ponte San Pietro, 20 alla Pro Palazzolo, 13 alla Giana Erminio. Ti sei portato dietro dagli anni scorsi un biglietto da visita con numeri importantissimi: fanno un certo effetto? «Sì ma non guardo tanto i numeri. La difesa che avevo davanti è sempre stata ottima quindi non è stato solo lavoro mio… Diciamo che sono fiero di questi numeri. Posso certamente migliorarli e quest’anno ci stiamo provando. Con un gruppo esperto è più facile ma qua c’è tutta la possibilità di lavorare sotto questo aspetto».

JUVENTUS NEXT GEN

Prima curiosità: la tua reazione alla chiamata della Juventus? Che momento è stato?«Stavo tornando da Terni, dalla partita dei playoff in cui eravamo usciti. Ero in macchina e mi ha chiamato il mio procuratore dicendomi che c’era l’interesse della Juventus. Stavo guidando e ho pensato ‘Cavolo’, non me lo sarei mai aspettato, neanche fino a una settimana prima… Mi ha detto dell’offerta e ho detto ‘Se si può fare, subito’. Perché, vedendo anche i giocatori passati in Next Gen, è un percorso da fare e da provare».

Cosa ti ha colpito fin da subito del mondo Juve? Ci racconti il tuo impatto con la realtà bianconera…«Si percepisce dentro al centro sportivo, nelle persone che lavorano qui, la storia della società. Si vede davvero che sei in un altro mondo rispetto alla Serie C. È difficile ambientarsi ma credo di averlo fatto abbastanza bene. All’inizio non ho avuto difficoltà, poi nel lungo alla prima esperienza fuori casa, lavorare ogni giorno… Ora mi sto trovando molto bene e la struttura fa la differenza».

Cosa significa essere il portiere titolare della Juventus Next Gen?«Orgoglio. Perché giocare con la maglia della Juve, la più importante d’Italia, è motivo di orgoglio. E anche responsabilità».

Parliamo proprio di questo inizio di stagione della Next Gen. Inizio record, mai così bene nella storia con 11 punti in 6 partite. Poi una profonda flessione con 6 sconfitte in 7 partite e una chiusura di girone d’andata in crescendo con 4 risultati utili consecutivi in attesa dell’ultimo match con il Bra. Più che sportivo, ti chiedo un bilancio emotivo di questo prima parte di campionato: come l’avete vissuta dall’interno, sia i momenti positivi ma anche quelli negativi?«Abbiamo avuto difficoltà nel tenere una continuità di risultati. Non è facile: tante volte c’è gente che sale in Prima squadra, gente che scende. Difficile tenere il gruppo. Abbiamo iniziato bene, eravamo sull’onda dell’entusiasmo dopo un pre-campionato non bellissimo. Abbiamo trovato solidità ma è normale poi avere un periodo di flessione sia fisica che mentale, ne abbiamo risentito un po’. Ci siamo parlati più volte nello spogliatoio, ci siamo detti più volte ‘Noi siamo più forti’. Nell’ultimo periodo ne stiamo uscendo bene, stiamo dominando più le partite e il gioco e magari in quel periodo facevamo più fatica. Credo sia più una questione mentale, siamo stati bravi a uscirne».

In quale aspetto senti che mister Brambilla faccia davvero la differenza? Che tipo di allenatore hai trovato qui a Torino e quale rapporto ha instaurato anche quest’anno col gruppo?«È attento a questa cosa, più volte mi ha parlato personalmente e penso lo faccia anche con i miei compagni. È una bella cosa. È un mister anche fin troppo buono certe volte, si arrabbia pochissimo anche in partita. È il suo modo di fare, io sono a sua disposizione e tutto ciò che chiede di fare io lo eseguo. È un ottimo mister, soprattutto con i giovani, si vede l’esperienza che ha avuto qua e all’Atalanta. Ha sempre fatto bene, è molto bravo a lavorare coi giovani».

Rispetto agli anni scorsi, questa Next Gen sembra più matura, solida, squadra vera e matura. Qual è il grande punto di forza di questo gruppo e – secondo te – per raggiungere il vostro totale sviluppo in cosa dovete compiere ancora uno step di miglioramento?«Il punto di forza è la qualità, i nostri giocatori sono di categoria superiore. Parlo di tutti. Come dicevo prima, non è facile tenere il gruppo: siamo in tanti, c’è chi non gioca che si sta comunque allenando al massimo. È così che funziona, solo col lavoro si può migliorare».

Diamo uno sguardo proprio alla squadra, all’interno della Juventus Next Gen. Mi dici chi è il compagno…

  • Più forte fisicamente«Pedro Felipe e Okoro».
  • Più tecnico con il pallone tra i piedi«Anghelè».
  • Più intelligente tatticamente«Faticanti».
  • Più veloce«Okoro, è velocissimo».
  • Lavoratore instancabile in allenamento«Ce ne sono tanti. Faticanti, Perotti, Turicchia, poi ovviamente Guerra e Scaglia».
  • Leader in campo e nello spogliatoio«Guerra, Scaglia, Cudrig».
  • A cui è più difficile parare i tiri in porta«Anghelè».
  • Più divertente«Sono tutti divertenti, mi trovo bene con tutti. Noi portieri abbiamo un rapporto a parte, poi direi Fuscaldo, Pagnucco, Turco, Savio».
  • Quello che più ti ha sorpreso, che non ti aspettavi fosse così forte«Io continuo a dire Anghelè, poi anche Brugarello che viene anche dalla Serie D per me è veramente forte».
  • La rivelazione del girone di ritorno«A me piace tanto Mazur, che si sta allenando tanto con noi e sta giocando. Ma è conosciuto ormai. Se avrà la sua occasione ti direi Vacca».

Obiettivi prefissati? Si possono dire?«Arrivare più in alto possibile e migliorarsi come gruppo e come risultati».

PRIMA SQUADRA E FUTURO

Il filo diretto tra Prima e Seconda squadra sta vedendo protagonista anche te. Partiamo dagli allenamenti: qual è davvero la chiave per essere grandi a quei livelli secondo te, qual è la più grande differenza che hai notato?«L’intensità è davvero alta in Serie A, non pensavo così tanto nemmeno in allenamento. Ho notato quello, poi la fisicità: non esiste un giocatore che fisicamente non tenga botta. E ovviamente l’intensità».

Di Gregorio, Perin e Pinsoglio. Come descriveresti i tre portieri della Juventus e ti han dato consigli particolari quando sei salito in Prima squadra?«Sono tutti e tre fortissimi. Ho avuto modo di conoscerli, di parlare con loro: sono tre persone umilissime, che parlano molto con noi. Abbiamo avuto tempo per parlare anche prima dell’allenamento. Mi ha sorpreso l’umiltà di Di Gregorio: ha fatto anche lui la gavetta, ha giocato in Serie C e in Serie B. Mi ha chiesto da dove venissi, molto umile».

Che legame ha creato mister Spalletti con il gruppo? Salendo dalla Next Gen, che impressione hai avuto?«Quando c’era Tudor non ho avuto tanto l’occasione di salire, quindi non ho vissuto tanto l’ambiente Prima squadra. Però me lo descrivevano come un ambiente sano. Quando sono salito ho trovato un gruppo unito, si scherza e si è concentrati nel giorno partita. Spalletti ha raggruppato una squadra sana».

Fino a questo momento sei stato convocato due volte con la Juve, entrambe contro l’Udinese (in campionato e in Coppa Italia). Che atmosfera si respira all’Allianz Stadium, cosa ti ha lasciato quella doppia esperienza?«Bellissima sicuro, un po’ un talismano con l’Udinese (ride ndr). La prima esperienza è stata con mister Brambilla, dopo l’esonero di un allenatore. Ho trovato un ambiente bello, poi è Serie A, c’era tanta gente, lo stadio, i tifosi che cantavano. Me la sono goduta al massimo dalla panchina».

Come immagini, come sogni il possibile esordio con la Juventus? Ci stai pensando o preferisci tenere i piedi per terra al momento?«Non ci ho ancora pensato, sono un po’ indietro nelle gerarchie. Sarebbe bellissimo, un’emozione indescrivibile».

Per chiudere il cerchio, Cesare Albè – figura storica della Giana Erminio – ha detto «Stefano Mangiapoco ha tutto per arrivare in alto». Quanta fame ha Stefano Mangiapoco di arrivare a coronare tutti i suoi sogni?«Io vivo anno per anno, questo fa la differenza. Parlavamo prima di step: se vieni dal basso hai più fame, ma anno dopo anno l’obiettivo è sempre migliorare. Mai porsi limiti».

Chiudo con un giochino. Ti elenco una serie di portieri, di Serie A e dei top 5 campionati europei, e mi dici cosa ruberesti:

  • Donnarumma«Le parate in sé».
  • Maignan«Il carisma».
  • Sommer«La distribuzione con i piedi, lui è un uomo spogliatoio».
  • Svilar«Tutto, è uno dei portieri più forti in circolazione. Mi piace molto, gli ruberei il suo uno contro uno, le sue uscite».
  • Carnesecchi«Anche lui come persona è molto forte, molto carismatico».
  • Di Gregorio«Il tuffo, la spinta e l’attacco palla».
  • Courtois«L’altezza e il rilancio».
  • Oblak«La reattività».
  • Alisson«Mi piace il suo lancio con i piedi, gli uno contro uno in campo aperto. È da studiare».
  • Neuer«La sua esperienza sicuramente, è lui che ha cambiato il modo di fare il portiere».
  • Non possono non mettere Buffon«Tutto. La cosa che mi ha davvero impressionato è sentirlo durante il lockdown parlare con i giocatori in campo, si sentiva tutto dalla tv. Davvero non stava un secondo in silenzio, sempre tenere attenta la squadra. Questo fa davvero la differenza. L’ho conosciuto? No non ancora…».

Si ringraziano Stefano Mangiapoco e l’ufficio stampa di Juventus FC nelle figure di Lorenzo Falessi e Raffaele Orlandi per la gentile concessione dell’intervista

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