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·31 de diciembre de 2025
💪🏼 Modric non ha dubbi: “Al Milan si deve giocare sempre per vincere. Scudetto? È possibile. Allegri è speciale”

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Luka Modric, diventato subito il faro del nuovo Milan di Massimiliano Allegri, ha rilasciato un’intervista in cui ha parlato di presente ma soprattutto di futuro. Offerte a Il Corriere della Sera, le riprendiamo da Gianluca Di Marzio:
“Al Milan si deve giocare sempre per vincere, solo per vincere. Scudetto? È possibile. Ma è lunga. Nel calcio devi pensare partita per partita. Se cominci a programmare a distanza di mesi, ti perdi. È vero. Ero milanista per via dell’eroe della mia infanzia: Zvonimir Boban, capitano della Croazia che sfiorò l’impresa al Mondiale di Francia del 1998.
Per noi fu comunque qualcosa di incredibile. Un Paese piccolo, che usciva da una guerra devastante, si affacciava sul mondo. Tutti ci sentivamo molto orgogliosi. Non avevo ancora tredici anni, e mio papà mi regalò la tuta del Milan.
La vita ti sorprende sempre. Succedono cose che non avresti mai creduto possibili. Ero convinto di chiudere la carriera nel Real Madrid, invece… Questo però l’ho sempre pensato: se avessi mai avuto un’altra squadra, sarebbe stata il Milan. Sono qui per vincere.
Se non avessi fatto il calciatore, mi sarebbe piaciuto fare il cameriere. Ero bravino. E mi piaceva. Ho studiato all’istituto alberghiero di Borik. Il primo anno facevamo pratica al ristorante Marina di Zara, dove si tenevano i pranzi di nozze. Me la cavavo a servire le bevande; e ai pranzi di nozze croati si beve parecchio. L’unica cosa che non mi piaceva era lavare i piatti.
Pirlo? Li ringrazio, il paragone mi onora: Pirlo ha sei anni più di me, ha aperto una strada. Ma il mio idolo, Boban a parte, era Francesco Totti. In serie A avevate calciatori favolosi. Li guardavo e mi dicevo: quello è il calcio che voglio giocare. Vorrei restare, come allenatore o come dirigente, non so ancora. Ma prima credo di avere ancora qualcosa da dare sul campo.
Allegri ha una personalità incredibile. Somiglia un po’ ad Ancelotti: sensibile, divertente, ama fare scherzi. Ma sul campo, come tecnico, è un grandissimo. Sa di calcio come pochi. Non lo conoscevo così bene, ma sono felice che oggi sia il mio allenatore. Carlo è il numero uno. Difficile trovare parole. Per il suo modo di essere, non solo per le sue qualità in panchina. Abbiamo parlato tante volte di Milano e del Milan, quando eravamo a Madrid. Anche per lui questo posto era unico. Ricordo quando lo conobbi. Io ero solo in città. Lui mi telefonò e mi disse: «Su, vieni a cena con me». Parlammo per ore, di tutto. Di calcio, della famiglia, della vita. Di solito gli allenatori non danno confidenza ai giocatori. Lui sì.
Mourinho? Speciale. Come tecnico e come persona. Fu lui a volermi al Real Madrid, senza Mourinho non sarei mai arrivato. Mi spiace averlo avuto una sola stagione. Tra questi era il più duro. L’ho visto fare piangere negli spogliatoi Cristiano Ronaldo, uno che in campo dà tutto, perché per una volta non aveva rincorso il terzino avversario. Mourinho è molto diretto con i giocatori, ma è onesto. Trattava Sergio Ramos e l’ultimo arrivato allo stesso modo: se doveva dirti una cosa, te la diceva. Anche Max è così: ti dice in faccia quello che va e quello che non va. L’onestà è fondamentale“.









































