Juventusnews24
·15 de noviembre de 2025
Ravezzani ancora scettico su Comolli: «Un visionario, ma bisogna capire esattamente cosa vede… Quella frase è surreale»

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·15 de noviembre de 2025

L’impatto mediatico di Damien Comolli sul mondo Juventus continua a generare onde d’urto che dividono l’opinione pubblica e gli addetti ai lavori. Il nuovo amministratore delegato bianconero, portatore di una filosofia gestionale basata su algoritmi, dati e un approccio quasi scientifico al “capitale umano”, si scontra inevitabilmente con la visione più tradizionale e pragmatica del calcio italiano.
Le sue recenti esternazioni, volte a spiegare i criteri innovativi di selezione e gestione del gruppo squadra, hanno sollevato più di un sopracciglio tra i commentatori. A guidare il fronte degli scettici c’è Fabio Ravezzani. Il direttore di Telelombardia, noto per le sue analisi schiette, ha utilizzato la piattaforma social X per commentare con una massiccia dose di ironia e perplessità le metodologie illustrate dal dirigente francese.
Ecco il commento integrale e pungente del giornalista: «Ho letto le ultime dichiarazioni di Comolli. Certo, è un visionario. Da capire esattamente cosa vede. Qualche frase bizzarra: da come cammini in garage si capisce di che umore sei. Fino a una surreale: al Tolosa compravamo solo giocatori nati dopo l’1 agosto. Chissà perché».
L’analisi di Ravezzani mette a nudo il contrasto culturale in atto. L’ironia sull’etichetta di “visionario” serve a sottolineare quanto certi parametri appaiano distanti dalla realtà del campo. Se l’osservazione della camminata in garage può sembrare un eccesso di psicoanalisi, è il riferimento alla data di nascita (l’1 agosto) a scatenare la reazione più incredula.
Sebbene Comolli faccia probabilmente riferimento al cosiddetto “Relative Age Effect” (una teoria statistica sullo sviluppo fisico dei giovani atleti in base al mese di nascita, per cui i nati a inizio anno sportivo sono fisicamente più pronti), per la critica italiana questo suona come un criterio “surreale“. Ravezzani, con il suo “chissà perché”, evidenzia come queste sofisticazioni rischino di sembrare solo bizzarrie se non accompagnate dai risultati, in un ambiente abituato a valutare i calciatori per il talento e non per l’anagrafe o la postura nel parcheggio.









































