Robin GOSENS: «Un calciatore è un ESSERE UMANO, serve avere uno PSICOLOGO. Ho sofferto tanto in GERMANIA. I SOCIAL? non bisogna mai dimenticare QUESTO» | OneFootball

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·25 de septiembre de 2024

Robin GOSENS: «Un calciatore è un ESSERE UMANO, serve avere uno PSICOLOGO. Ho sofferto tanto in GERMANIA. I SOCIAL? non bisogna mai dimenticare QUESTO»

Imagen del artículo:Robin GOSENS: «Un calciatore è un ESSERE UMANO, serve avere uno PSICOLOGO. Ho sofferto tanto in GERMANIA. I SOCIAL? non bisogna mai dimenticare QUESTO»

Le parole di Robin Gosens, esterno della Fiorentina, sulla psicologia nel calcio e l’importanza di un supporto ai calciatori

Robin Gosens è tornato a giocare in Italia, alla Fiorentina. A Cronache di spogliatoio ha rilasciato un’intervista sulla psicologia, materia nella quale è laureato e che ha molta attinenza con la sua professione da calciatore.

LA PSICOLOGIA NEL CALCIO – «Una cosa che serve veramente è uno psicologo sempre lì con la squadra, e che è lì solo per la squadra. Perché tanti giocatori hanno il problema che non vogliono aprirsi perché hanno paura che poi il contenuto venga riferito al presidente, al direttore o all’allenatore. E che quindi viene meno quello spazio sicuro».


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ESSERI UMANI – «Tante volte viene dimenticato: non siamo solo giocatori di calcio, siamo esseri umani. Sembra banale, ma non lo è. Abbiamo problemi, non sempre ci alziamo con il piede giusto. Di conseguenza ci sono giorni in cui non stai bene, ma sei obbligato a essere sempre sorridente. Se incontro un tifoso devo sorridergli, e va bene, è giusto così, perché tengono alla loro squadra e noi abbiamo la responsabilità di farli felici, non mi lamento mai su questo, anzi sono d’accordo, ma non dobbiamo mai dimenticarci che anche noi possiamo avere dei problemi a livello umano».

IL MANCATO EUROPEO – «Quando Nagelsmann mi ha chiamato dicendo che non sarei stato convocato, mi è crollato il mondo. Avevo fatto una bella stagione a livello personale, mi chiedevo ‘Perché no?’. Ho pianto, non mi nascondo. Ho intensificato il percorso con la mia psicologa. Ero tornato in Germania per questo. Ci tenevo tanto: sono tornato in Germania con aspettative enormi e andare in Nazionale. Volevo fare la differenza, far crescere i ragazzi. Invece non vincevamo mai. Mi ha toccato tanto, ancora ci penso spesso, se potevo fare una cosa diversa».

I SOCIAL – «Un messaggio per gli utenti: dietro a un profilo, c’è una persona. C’è sempre il modo di dire un concetto nel modo giusto. Siamo calciatori ed è giusto che qualcuno non sia d’accordo con la nostra prestazione. C’è sempre il modo per far accettare una critica, non c’è nessun problema in questo. A volte ho la sensazione che là fuori si dimentichi che c’è una persona che ci tiene dietro a quel profilo. Che legge i commenti e sta male. E non ho la sensazione che se ne rendono conto. O forse sì, ma dicono che va bene lo stesso. Ma non va bene lo stesso, perché forse sta soffrendo. Anche io ne ho sofferto, qualche anno fa ho scelto di non leggere più, neanche quando le cose vanno bene. Perché ho avuto problemi di up and down: se facevo bene, ero importante; se facevo male, ero scarso. Ho preso la decisione di non leggere più niente per essere equilibrato con me stesso. Tutti devono scriverci quello che hanno in mente: ma se non sono contenti, devono avere il modo giusto per dirlo».

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