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·25 de junio de 2025
Rocchetti Juve, papà Leonardo racconta il capitano dei campioni d’Italia: «Il sorriso mentre alzava la coppa è la gioia di un sogno condiviso» – ESCLUSIVA

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Quando ti trovi a Vinovo, a osservare i giovani bianconeri crescere, le emozioni sono spesso le stesse: lo stupore per il talento cristallino di un ragazzo, l’incredulità per una giocata fuori dal comune, il brivido per una parata all’ultimo secondo. Più raramente, però, capita di essere letteralmente trascinati dall’energia di un ragazzo che scende in campo con il solo obiettivo di divertirsi e far divertire.
È questo l’effetto che fa Edoardo Rocchetti, difensore e capitano della Juventus Under 16 (oltre che della Nazionale) con cui si è laureato campione d’Italia. A ogni contrasto vinto, a ogni pallone recuperato, a ogni ripartenza guidata con coraggio, “gasa” non solo ai compagni, ma anche chi lo guarda dalla tribuna. Uno di quei profili che ti fanno venire voglia di infilarti gli scarpini e scendere in campo con lui.
Noi, però, preferiamo continuare a raccontare. Ed è per questo motivo che Juventusnews24 ha contattato in esclusiva il papà di Edoardo, Leonardo Rocchetti, per far conoscere meglio sia dentro che fuori dal campo un leader nato.
Partirei da quel sorriso di Edoardo mentre alzava la Coppa l’altro giorno: un momento che ha detto tutto. Che emozioni ha provato vedendolo così felice, da capitano, con il trofeo tra le mani?
«Edoardo ha dimostrato una forza straordinaria per la sua età. Dietro il suo sorriso si cela un percorso fatto di sacrifici e di rinunce consapevoli, che racchiude davvero tutto. Il suo anno è stato intenso, ricco di gioie ma anche di momenti difficili, affrontati sempre con determinazione. Il giusto riconoscimento è arrivato. Mentre alzava la coppa con quel sorriso, ha detto tutto senza bisogno di parole.
Prima di ogni partita ci sentiamo, e gli ripeto sempre che la prima cosa da fare è divertirsi. L’altra sera in campo sembrava sereno, proprio perché stava vivendo quel momento con passione. Sorride tanto mentre gioca, e quel sorriso racconta tutta la gioia che prova nel fare ciò che ama».
Edoardo ha quella capacità rara di trascinare tutti con la sua grinta e la sua voglia di lottare su ogni pallone. Da fuori si percepisce quanto sia un punto di riferimento. Quanto conta, secondo lei, per i compagni avere accanto un leader così?
«Per lui è una spinta, prima ancora che personale, rivolta alla squadra. Vuole trasmettere agli altri la stessa intensità che mette in ogni singola azione, dal recuperare una palla rimessa a giocare i momenti decisivi. L’agonismo e l’energia fanno parte di lui ogni volta che scende in campo, sia in allenamento che in partita. Ma fuori, non alza mai i toni: è come se indossasse un altro abito. Il suo carattere lo spinge a coinvolgere tutti, a trascinare il gruppo verso un unico obiettivo».
Com’è stato per Edoardo il rapporto con mister Grauso? E con questo gruppo di ragazzi, che nel tempo è diventato una vera squadra dentro e fuori dal campo?
«Si è trovato benissimo. L’inizio non è stato semplice: serviva tempo per entrare nel gruppo e comprendere il modello di gioco, ma il mister e tutto lo staff sono stati fondamentali. Ogni giorno, in allenamento e in partita, hanno lavorato tutti nella stessa direzione, senza lasciare indietro nessuno.
Lo spirito di squadra che Edoardo ha respirato, e fatto proprio, è emerso in modo chiaro dopo la vittoria della coppa: la prima cosa che ha fatto è stata portarla a Donati, infortunato e con le stampelle. Un gesto tutt’altro che scontato, soprattutto a 16 anni, che racconta quanto forte fosse il senso di appartenenza e unità. Questo è l’imprinting lasciato da staff e dirigenza dove il gruppo conta ancora più di vincere una partita».
Dal punto di vista tecnico e atletico le basi sembrano già molto solide. Secondo lei, invece, su quali aspetti Edoardo può ancora crescere per completarsi come calciatore? L’IDENTIKIT DI ROCCHETTI
«Gli aspetti su cui deve ancora lavorare sono molti, perché non bisogna mai sentirsi arrivati o completi. Edoardo ha sempre avuto questa mentalità: sa quanta fatica è servita per arrivare fin qui e continua a cercare di migliorarsi in ogni dettaglio. È qualcosa che ha dentro. A questa età, gli errori fanno parte del percorso: sono preziosi per capire meglio i propri limiti e scoprire quanto ancora si può crescere».
Vivere lontano da Perugia, dalla famiglia e dagli affetti, non è mai semplice per un ragazzo così giovane. Com’è stato, due anni fa, il passaggio a Torino e l’inizio di questa nuova avventura alla Juventus?
«Edoardo ha scelto la Juve con convinzione, e non perde occasione per ribadirlo. Due anni fa era seguito da diverse squadre di Serie A, ma lui racconta sempre che, durante i provini a Vinovo, si è sentito “scelto dalla Juve”, come se fosse il posto giusto per lui. La vittoria del campionato rappresenta il coronamento di un primo ciclo, e la conferma che quella scelta era quella giusta. Parallelamente, la scuola resta una priorità assoluta. Anche questo fa parte del suo impegno e della sua maturità».
E fuori dal campo, com’è Edoardo? Che tipo di ragazzo è nella vita di tutti i giorni, lontano da allenamenti e partite?
«Sì, è un ragazzo molto maturo per la sua età. Ha una profondità di pensiero sorprendente. È sempre pronto a confrontarsi su qualsiasi tema, perché ha imparato ad ascoltare con attenzione. Lo fa in silenzio, con lo sguardo attento di chi osserva e assorbe tutto, come una spugna».
Si ringrazia Leonardo Rocchetti per la disponibilità e la gentilezza mostrate in questa intervista.