Bari-Cesena, l’analisi: la soluzione doppia punta, la chiave Dickmann e i numeri della fase difensiva | OneFootball

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·4 novembre 2025

Bari-Cesena, l’analisi: la soluzione doppia punta, la chiave Dickmann e i numeri della fase difensiva

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Vincere non è l’unica cosa che conta, ma è indubbio che ottenere un successo in un momento di difficoltà possa aiutare non solo a migliorare la classifica, ma anche a lavorare con maggiore serenità. Sarà il tempo, e soprattutto l’eventuale continuità che il Bari di Fabio Caserta riuscirà a dare ai propri risultati, a stabilire il reale valore dei tre punti conquistati contro il Cesena. La partita del San Nicola, tuttavia, lascia già diversi spunti di riflessione: da un lato emerge l’immagine di una squadra che deve ancora compiere molti passi avanti sul piano offensivo e che non può dirsi del tutto fuori dalla crisi, ma dall’altro, al triplice fischio, si è avuta sicuramente un’impressione diversa rispetto alle gare contro Padova e Mantova.

Sarebbe eccessivo parlare di vittoria pienamente meritata, perché il Cesena ha tenuto bene il campo per tutti i novanta minuti e quantomeno il pareggio sarebbe stato forse più giusto. Tuttavia, rispetto agli altri due successi — in cui la sensazione era quella di aver raccolto di più rispetto quanto espresso sul piano del gioco — il Bari è stato molto di più dentro la gara e ha mostrato maggiore equilibrio e solidità difensiva. Per approfondire questi aspetti torna Il Bari a Scacchi, la rubrica che analizza nel dettaglio le prestazioni dei biancorossi. Clicca qui per leggere la scorsa puntata su Bari-Mantova.


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L’analisi di Bari-Cesena

I numeri dicono tanto della gara

Alcuni dati aiutano a contestualizzare meglio la prestazione del Bari contro il Cesena: le statistiche mostrano come la produzione offensiva dei biancorossi sia stata sostanzialmente in linea con quanto visto nel resto del campionato, con 0.8 expected goals (quarto dato peggiore dopo le sfide con Modena, Venezia e Palermo) e tre tiri nello specchio, perfettamente in media stagionale. Il successo, dunque, non è arrivato grazie ad una accresciuta pericolosità — nel primo tempo la squadra è apparsa poco incisiva e raramente pericolosa — ma per il cinismo mostrato nel capitalizzare le poche occasioni create. Va però evidenziato come alcuni accorgimenti tattici di Caserta nella ripresa abbiano avuto un impatto positivo, rendendo il Bari più vivace e pericoloso.

Gli aspetti più interessanti del match del San Nicola riguardano forse la fase difensiva. Per la seconda volta in campionato il Bari non ha subito gol e, se contro il Mantova il clean sheet poteva essere letto anche alla luce di un avversario sulla carta meno attrezzato, questa volta di fronte c’era la seconda forza della classifica. Detto ciò, sarebbe prematuro pensare che i problemi siano risolti: in fase di ripiegamento la squadra di Caserta ha mostrato ancora qualche limite, e con un pizzico di cinismo in più da parte di Shpendi, la partita avrebbe potuto prendere un’altra piega. Tuttavia, i dati confermano che contro il Cesena i biancorossi hanno concesso solo nove tiri complessivi, il numero più basso finora in stagione (per un confronto: il Padova ne aveva tentati 20, di cui 7 nello specchio, e il Mantova 14).

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L’atteggiamento del Bari

In fase difensiva, Caserta ha scelto quasi sempre di lasciare liberi di avviare l’azione i tre centrali avversari, alzando solo di rado la pressione collettiva della squadra. In questo modo ha però guadagnato in copertura, risultando più equilibrato in tutte le zone del campo. L’obiettivo principale era neutralizzare una delle armi più efficaci del Cesena, ossia la capacità di muovere gli uomini tra le linee e di attaccare gli spazi nella zona di trequarti.

Determinante in questo contesto è stato il lavoro dei centrocampisti: mentre Antonucci si occupava di schermare il play, Castrovilli e Maggiore avevano il compito di bloccare le linee di passaggio verso Berti e Francesconi, impedendo loro di ricevere palla in zone pericolose. La superiorità numerica in fase arretrata permetteva inoltre di assorbire meglio i consueti movimenti incontro degli attaccanti del Cesena, poiché un difensore restava libero di uscire in marcatura. E, sebbene in alcune circostanze la squadra di Mignani sia comunque riuscita a rendersi pericolosa, i dati sopra citati confermano che il Bari ha saputo contenerla con una certa efficacia.

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In queste due immagini, una presa dal campo e l’altra ricostruita sul campetto, si vede bene come difendeva il Bari. I tre centrali garantivano copertura sugli attaccanti, gli esterni prendevano Ciervo e Frabotta, mentre le marcature a centrocampo sono quelle sopra descritte. In questo modo Caserta ha limitato la possibilità di trovare i centrocampisti sulla trequarti, una delle principali armi del Cesena.

Caserta la vince con la doppia punta

Tra i meriti di Fabio Caserta c’è sicuramente quello di aver azzeccato le mosse tattiche nella ripresa. Il tecnico ha infatti optato per un 3-4-1-2, inserendo Gytkjaer al fianco di Moncini, con Castrovilli sulla trequarti. A spiegare la scelta è stato lo stesso allenatore nel post-gara: «Con due attaccanti volevo mettere in difficoltà i tre difensori, schierando giocatori più offensivi rispetto a prima. Riempiendo gli spazi abbiamo portato tanti uomini in area per cercare il cross». Fin dai primi minuti del secondo tempo i biancorossi hanno iniziato a guadagnare metri, coinvolgendo maggiormente anche Nikolaou nella fase di costruzione. La doppia punta ha poi dato nuovi riferimenti per il gioco verticale e, con Ciofi spesso costretto a uscire sul trequartista, si sono create situazioni di due contro due in attacco, che hanno reso il Bari più pericoloso e incisivo.

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In questa immagine si vede in che modo il doppio centravanti ha aiutato il Bari. Uno dei tre braccetti (in questo caso Ciofi) era costretto a seguire Partipilo, creando un due contro due fra gli attaccanti e i due difensori.

Per effetto di questa disposizione, anche Adamo ha giocato in posizione più interna per dare supporto ai due centrali, liberando così spazio sulla fascia per Dickmann. Come spiegato ancora una volta da Caserta nel post-gara, il Bari ha cercato di applicare due principi di gioco: da un lato sovraccaricare la zona sinistra del campo, concentrando lì il pressing del Cesena — scelta agevolata dalla presenza del doppio play — e dall’altro cambiare rapidamente gioco verso la corsia destra, dove si aprivano spazi utili per attaccare. La densità creata sul lato mancino aveva anche lo scopo di riempire l’area di rigore, e non a caso il gol è arrivato proprio in una situazione in cui i biancorossi avevano portato numerosi uomini dentro i sedici metri.

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Una delle situazioni tipiche della ripresa, che ha portato poi al gol. Tenendo tanti uomini sulla sinistra, il Bari liberava spazio a destra. Per di più Adamo tendeva a stringere la sua posizione per dare supporto ai centrali contro le due punte, lasciando ancor più spazio a Dickmann. Da un suo cross è nato il gol decisivo.

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Qui si vede direttamente sul campo una dinamica simile a quella precedentemente descritta, ma nell’azione del gol. Tanti uomini a sinistra e spazio libero per Dickmann.

Cosa ci lascia Bari-Cesena

La sfida del San Nicola contro il Cesena non toglie di dosso l’idea che il Bari sia ancora un cantiere aperto, con tanti limiti e una fatica enorme nel creare occasioni. Senza il gol di Gytkjaer forse i giudizi sarebbero stati un po’ più negativi, ma è anche vero che la rete non è arrivata per caso, ma frutto di un atteggiamento nella ripresa sicuramente migliore rispetto al passato. Basta? Sicuramente no, perché i biancorossi visti domenica sono una squadra ancora convalescente, e in altre occasioni non si avrà la fortuna di vincere producendo così poco, ma è indubbio che i tre punti danno morale e permettono di trovare sicurezze. Più incoraggianti sono i passi avanti in difesa, da confermare nelle prossime gare, già a partire dal delicato incontro con lo Spezia di venerdì.

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