Calcionews24
·14 janvier 2025
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Cresciuto nella Lazio, baby talento passato al Manchester United dove giocava un certo Cristiano Ronaldo, Federico Macheda oggi vive in Grecia alla ricerca del mestiere che sa fare meglio: fabbricare gol. Una carriera avventurosa la sua, raccontata a La Gazzetta dello Sport.
IL TRASFERIMENTO ALLO UNITED – «Un cocktail di emozioni. Felicità, ma anche paura. Arrivai ai primi di luglio con un diluvio universale. Mi affidarono a una famiglia. Ero da solo, senza computer, senza internet. Si cenava alle sei con dei pasti che… vabbé, ha capito. Quando la porta si chiuse chiamai David Williams, lo scout che mi aveva scoperto, gli dissi che sarei tornato a casa. Lui mi portò al centro commerciale e parlammo un po’. Il giorno dopo varcai i cancelli del centro sportivo. Ero in un altro pianeta. E ovviamente rimasi».FUORI ROSA – «La Lazio mi aveva messo fuori rosa per dei problemi legati al rinnovo. David si piazzò a bordocampo e rimase lì per parecchi giorni, poi si presentò. Mi regalò una spilla dello United e parlò con mio padre. All’inizio non avevo intenzione di lasciare Roma».COME LA CONVINSE – «Col jolly: Alex Ferguson. I miei lo incontrarono in albergo prima della gara d’andata di Champions contro la Roma. Io ero fuori con la Nazionale. Si presentò con la maglia numero 9 dello United con scritto “Macheda”. Ricordo la telefonata di mio padre: “Federì, vedi che la cosa è seria”. Rifiutare non era possibile. Un mese prima della partenza la Lazio scelse di fare all in con un’altra offerta, ma dissi di no. Non ho mai visto Walter Sabatini così indemoniato».
MANCHESTER – «Indimenticabile. C’erano anche Davide Petrucci, Gollini e Pogba. Gli abbiamo insegnato un po’ di dialetto romano, a lui piaceva: imparò a dire “sghi”. E andava pazzo per la frittata con le patate di mia madre. Un altro fenomeno era Ravel Morrison».SI IMMAGINAVA DI RESTARE – «A vita no, ma ero convinto di essere il futuro».
IL GOL ALL’ESORDIO – «Segnerei altre tremila volte. Io sono così: o inizio alla grande o non inizio proprio. I big tra l’altro mi avevano preso tutti in simpatia. Con Ronaldo parlavo di ragazze sul pullman, stavo bene. Il problema è stato il dopo».