Garbato, ma non troppo – Dieci giornate a Vazquez non sono ingiuste, ma il minimo sindacale. In Italia il razzismo è ampiamente tollerato | OneFootball

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·19 mars 2025

Garbato, ma non troppo – Dieci giornate a Vazquez non sono ingiuste, ma il minimo sindacale. In Italia il razzismo è ampiamente tollerato

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La conferenza stampa del ds della Cremonese Simone Giacchetta è fortemente problematica nei passaggi in cui si parla della squalifica di 10 giornate di Franco Vazquez per l’insulto razzista nei confronti di Mehdi Dorval.

“La maxi squalifica per certi versi è ingiusta perché all’interno di una gara i giocatori si dicono tante cose.” Ricordiamo che l’italo-argentino salterà 10 giornate (tornerà già ai playoff) e che, da protocollo, se un tifoso viene individuato in atteggiamenti simili riceve un DASPO di ben altra durata. In ambito calcistico evidentemente si tratta di una punizione giudicata esemplare. Tante volte, infatti, abbiamo assistito a sentenze in cui si decide di non decidere che di fatto negano l’avvenimento stesso. Salutiamo con soddisfazione il provvedimento, ma ricordiamo che è solo il primo passo di una rieducazione che dovrebbe essere ben più profonda. È indispensabile che ogni condanna miri a riabilitare e non risulti unicamente punitiva, ma è evidente che se percepiamo quella del calciatore come maxi-squalifica non abbiamo adeguata consapevolezza della realtà. A fronte delle norme extra-calcistiche, si tratta del minimo sindacale.


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“Quanto accaduto è un piccolo corto circuito che può capitare quando incassi gol al minuto 96, ma non lo sto giustificando.” Che si tratti di una giustificazione o meno, ciò riflette in pieno il contesto culturale italiano. L’ho scritto per i casi di Reggio Emilia e Brescia che hanno coinvolto Dorval e Akinsanmiro, lo ripeto oggi: il razzismo in questo Paese è ampiamente tollerato. Descrivere un epiteto offensivo a sfondo razziale come una cosa “piccola” perché “i giocatori si dicono tante cose” non è più accettabile. La Cremonese farà ricorso, ma è evidente che non neghi l’accaduto in virtù di queste dichiarazioni. Vorrebbe derubricarlo ad atto meno grave rispetto a quanto è stato considerato.

Qui non si tratta di criticare questo o quel club/dirigente/calciatore, qui bisogna mettere in discussione un sistema di valori in cui non ci si riconosce più. È inutile ripulirsi la faccia con iniziative solidali, discorsi pieni di retorica e presunte azioni dimostrative volte a una superficialissima e antiquata idea di uguaglianza. Nel calcio italiano non si ritiene il razzismo un crimine, ma al massimo uno sfottò di cattivo gusto. Se lo stadio è considerato una zona franca, il terreno di gioco ancor di più. Sta a noi giovani, ancor più se abbiamo il privilegio di utilizzare dei media per farci ascoltare e comprendere, mutare col tempo e col lavoro lo stato delle cose. Siamo vicini a Dorval, siamo vicini a chiunque subisca in qualsiasi ambito discriminazioni inaccettabili. Promettiamo che daremo il massimo per non essere vuoti, promettiamo che diremo la nostra in modo netto ogni volta che potremo. A partire da oggi, a partire da qui.

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