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·28 septembre 2025

Il CEO del Bayer Leverkusen: «Serve un salary cap internazionale: la Premier rischia di indebolire la Champions»

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Il CEO del Bayer Leverkusen, Fernando Carro, ha lanciato un appello per l’introduzione di un salary cap internazionale nel calcio, avvertendo che la crescente potenza economica della Premier League potrebbe minare l’attrattiva della Champions League.

«La Premier League sta cercando di diventare il prodotto numero uno in Europa, persino al di sopra della Champions League», ha dichiarato Carro nel corso del Future of Finance Bloomberg event a Francoforte. Secondo il dirigente, un tetto salariale avrebbe senso soltanto se introdotto su scala globale e come limite assoluto: «Normalmente sono contrario a regolamentazioni, ma in questo caso credo sia una battaglia necessaria».


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Il Bayer Leverkusen, che due stagioni fa ha conquistato la Bundesliga, durante l’ultima finestra estiva ha ceduto la stella Florian Wirtz al Liverpool per una cifra stimata in 116 milioni di sterline (154 milioni di dollari).

Attualmente il calcio europeo non prevede un vero salary cap, sebbene singole leghe abbiano restrizioni di spesa e la UEFA limiti i costi degli stipendi in proporzione ai ricavi dei club. Tuttavia, il divario finanziario con la Premier è evidente: nella stagione 2023/24 i club inglesi hanno generato oltre 7,1 miliardi di euro di ricavi aggregati, contro i circa 3,6 miliardi della Bundesliga (dati UEFA, citati da Bloomberg).

Le difficoltà dei club tedeschi nell’attrarre investitori stranieri sono state evidenziate dal recente naufragio di un maxi-accordo con fondi di private equity – tra cui CVC e Blackstone – per una quota della Bundesliga, bloccato dalle proteste dei tifosi.

Sul tema si è espresso anche Ilja Kaenzig, CEO del VfL Bochum (attualmente in 2. Bundesliga), secondo cui la storica regola del 50+1 – che garantisce il controllo dei club a tifosi e realtà locali, limitando l’ingresso di capitali stranieri – potrebbe col tempo essere messa in discussione.

«Oggi i tifosi non vogliono vendere la maggioranza agli investitori», ha spiegato Kaenzig, «ma le nuove generazioni, meno legate alla struttura tradizionale, potrebbero pensarla diversamente».

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