Calcio e Finanza
·3 février 2025
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Fabrizio Vettosi, managing director di Vsl Club Spa Investment & Advisory nonché uno dei banchieri di investimento più apprezzati sul mercato italiano, ha esaminato in maniera accurata la storia economica del Napoli dal 2008 ad oggi, ovvero gli anni dell’era De Laurentiis dal ritorno in Serie A fino al terzo scudetto e all’ultima stagione conclusasi al decimo posto.
Una gestione, quella di De Laurentiis, in cui l’equilibrio economico-finanziario è sempre stato al centro. Dal ritorno in Serie A il Napoli ha registrato ricavi medi annuali ricorrenti (a prescindere quindi dalle plusvalenze) pari a circa 160,5 milioni di euro, con una media dei ricavi annui complessivi attestatasi intorno ai 200 milioni di euro. Ricavi su cui la componente diritti tv è sempre stata la voce più corposa (pari al 49% aggregato), che conferma quanto il tema sia importante per il calcio italiano. Sul fatturato, inoltre pesa anche la localizzazione geografica, che incide sui ricavi nonostante lo sforzo del management di internazionalizzare il brand.
Più che sui ricavi in quanto tali, la leva cruciale in questi anni è rappresentata dalla gestione dell’area tecnica, proprio dove il patron del Napoli ha puntato maggiormente sull’attenzione e sull’equilibrio. Tanto che i costi operativi dell’area sportiva sono diminuiti negli ultimi anni, passando dai 192 milioni del 2021/22 ai 166 milioni nel 2023/24. Con un impatto anche sul Margine Operativo Lordo al netto delle plusvalenze, che è tornato in area positiva nelle ultime stagioni. In tal senso, quindi, l’attenzione ai costi e la crescita dei ricavi ricorrenti ha portato ad un minore impatto sui conti delle componenti eccezionali, come appunto il calciomercato.
Anche perché la storia del Napoli a livello economico dimostra che per mantenere l’equilibrio finanziario, il costo del personale dell’area sportiva debba essere inferiore al valore dell’80% dei ricavi, mentre per un conseguire un adeguato equilibrio economico (che quindi consenta di continuare ad investire per competere in campo), questo rapporto debba essere inferiore al 50%.
Fabrizio Vettosi
Anche perché gli investimenti non sono comunque mancati, tanto da mantenersi sempre al di sopra o al livello degli ammortamenti. A dimostrazione che il Napoli ha mantenuto sempre adeguata la sua rosa assicurandone la capacità competitiva attraverso l’equilibrio economico-finanziario. Così il club nell’era De Laurentiis ha investito circa 1,12 miliardi di euro nei calciatori, a fronte di un cash-flow generato pari a 1,36 miliardi di euro (di cui il 51% operativo e il 49% dalle plusvalenze): significa che oltre il 97% delle risorse finanziarie prodotte è stata investita in calciatori. Una capacità di generare cassa che incide anche in termini di Posizione Finanziaria Netta, pari a circa 160 milioni al 30 giugno 2024.
Nell’analisi, inoltre, si guarda anche all’attualità, ovverosia alla stagione in corso e alle stime legate al bilancio che chiuderà al prossimo 30 giugno 2025. Una stagione in cui la mancata partecipazione alla Champions League andrà a fare diminuire i ricavi, mentre aumenteranno i costi legati agli investimenti estivi e all’arrivo di Antonio Conte in panchina. Quest’ultimo ha portato ad un cambio di paradigma rispetto al passato con un mutamento radicale: gli investimenti hanno raggiunto il picco massimo nell’era De Laurentiis e sono stati fatti per calciatori “maturi” (cioè prevalentemente nella fase di pieno potenziale), con un età media in rialzo di quasi due anni rispetto alla squadra che vinse lo scudetto nel 2022/23.
I ricavi in calo di 82 milioni, con maggiori stipendi per quasi 22 milioni e maggiori ammortamenti per 46 milioni portano così a una perdita operativa stimata in 135 milioni di euro. Le plusvalenze, tuttavia, a partire dalla cessione di Kvicha Kvaratskhelia al PSG, dovrebbero sostanzialmente mitigare la perdita operativa prevista per il 2025, che dovrebbe aggirarsi intorno ai 55 milioni secondo le stime (rispetto a un patrimonio netto al 30 giugno 2024 pari a 211 milioni).