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·1 octobre 2025

San Siro, Scaroni: «Non è operazione per vendere i club. E se fosse speculazione avremmo forzato di più»

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Il via libera del Consiglio Comunale alla delibera di vendita di San Siro, con aree limitrofe annesse, a Inter e Milan è solamente il primo tempo di una partite che dovrà continuare nelle prossime settimane. Lo assicura il presidente del club rossonero, Paolo Scaroni.

«Da milanese d’adozione ho sempre creduto nella città del fare, non in quella che abbassa le braccia– ha esordito il numero uno del club rossonero all’edizione de Il Corriere della Sera –. È stata una trattativa complessa. Su rinnovamento e parziale demolizione sono emerse posizioni legittime ma ideologiche, che andavano superate. Il mondo cambia, se è successo nel tempio del calcio a Wembley, può accadere qui. Non è tempo di palle al piede. Abbattimento del Mezza? Ne resteranno le vestigia, come richiesto dalla Soprintendenza: una memoria importante per ricordare i momenti felici. Ma l’obiettivo è sempre stato solo quello di dotare la città di uno stadio moderno ed efficiente».


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Fra le opposizioni più forti a questa operazione c’è chi accusa i fondi a capo dei club di voler fare solamente speculazione: «Faremo un albergo, le sedi di Inter e Milan, i musei delle due squadre, del vecchio e del nuovo San Siro, con un centro commerciale da 15mila mq: non certo il più grande d’Europa. Speculare è l’ultima intenzione dei club, altrimenti avremmo forzato sulla legge per gli stadi che ci permetteva di costruire ancora di più. Vendere i club con il nuovo stadio? Anche se non escludiamo altre scelte in futuro, oggi siamo lontanissimi. La nostra vocazione è sportiva. Non c’è alcuna vendita in programma a breve o medio termine. Il progetto sarà un patrimonio in grado di generare entrate maggiori, spazi più agevoli, praticabili e belli per invogliare i tifosi a venire ancor di più, così da comprare grandi giocatori e vincere le coppe come tutti i grandi club. Nessuno scappa con i soldi in tasca».

«Sono passati tanti anni e diverse gestioni, da Yonghong Li a Elliott – ha proseguito Scaroni –. Io c’ero allora (nel 2017, ndr ) e ci sono adesso con RedBird: una società specialista in sport e stadi, in grado di dare un nuovo impulso a tutta la zona con un impianto moderno ed efficiente in un quartiere che oggi risulta troppo pieno durante gli eventi o troppo vuoto nei giorni della settimana. Con questa operazione, il quartiere diventerà più vivo, valorizzato, con uno stadio chiuso e in parte interrato, più silenzioso e meno impattante, firmato da grandi nomi come Norman Foster e Manica. E che cercheremo di minimizzare gli inevitabili disagi di cantiere: prima costruiremo il nuovo stadio, poi scatterà la demolizione. Soldi tutti privati (equity e in parte debito) ma interesse pubblico».

Su San Donato: «Ci abbiamo lavorato come alternativa. Un’area su cui restiamo propositivi: abbiamo speso 40 milioni, e manteniamo l’idea di portarci attività sportive. Stadio condiviso? Funzionerà perché ha sempre funzionato. Dividerci e restare al Meazza? Non è mai stata un’opzione in campo. San Siro è già lo stadio più bello al mondo per vedere le partite. Lo sappiamo, e per noi è un must assoluto fare in modo che si veda ancora meglio, con gli spettatori ancora più vicini e le tribune altrettanto verticali, se non di più».

Infine, sullo spauracchio di inchieste e ricorsi che possano rallentare pesantemente l’iter verso l’inizio dei lavori: «Milano resta il posto migliore in Italia, anche se nella sensibilità degli investitori esteri i tempi sono fondamentali. Gerry Cardinale subisce il fascino di Milano, ne è entusiasta, vede tanti giovani e stranieri e crede nella sua capacità di continuo cambiamento. Io gliel’ho sempre detto: “vedrai che ce la faremo”. Europei? È una scadenza naturale, non nostra. Ma arrivarci senza stadio a Milano sarebbe stato grave per tutto il Paese, nel frattempo continueremo a fare manutenzione e siamo disposti a riconoscere quanto dovuto al Comune prima del rogito».

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