Calcio e Finanza
·16 Desember 2025
Caso ultras, il giudice: «L’Inter aveva un rapporto di sudditanza e li agevolava»

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·16 Desember 2025

Le “indagini svolte hanno evidenziato che la società interista si trovava in una situazione di sudditanza nei confronti degli esponenti della Curva Nord, finendo, di fatto, per agevolarli, seppur ‘obtorto collo'”. Lo scrive la gup di Milano Rossana Mongiardo nelle quasi 300 pagine di motivazioni della sentenza con cui ha condannato, a giugno, leader e sodali ultrà delle due curve di San Siro, che furono arrestati nel maxi blitz di Polizia e Gdf del settembre 2024, come riportato dall’Ansa.
In sostanza, la giudice dà conto di quei rapporti di “sudditanza” di responsabili dell’Inter che erano già emersi nelle indagini e che erano anche stati evidenziati nella requisitoria del pm Paolo Storari. Inter che, poi, così come il Milan e anche la Lega di Serie A, si è costituita parte civile nel processo abbreviato, ottenendo risarcimenti per i danni subiti. Sia il club rossonero che quello nerazzurro, tra l ‘altro, sono stati sottoposti dalla Procura di Milano ad un procedimento di prevenzione e in questi mesi le due società hanno lavorato anche per recidere i rapporti malsani con le tifoserie organizzate. Dirigenti e calciatori erano pure stati sentiti a verbale dopo il blitz del 2024.
La gup scrive che sul fronte dell’Inter “i personaggi maggiormente coinvolti” in quella “sudditanza” sono stati Paolo Bordogna, il “responsabile sicurezza dello stadio Meazza” per le gare casalinghe dell’Inter, Nicola Ranieri e Paolo Gandinelli, ossia Slo e vice-Slo del club, ovvero le figure incaricate di “tenere i rapporti tra la tifoseria organizzata e la società e le forze dell’ordine”, e Claudio Sala, “responsabile sicurezza della compagine nerazzurra”. Nessuno di loro è finito indagato.
La gup nella sentenza ricorda le intercettazioni e le testimonianze agli atti e spiega, ad esempio, che Gandinelli, sentito il 5 maggio 2020, disse di “aver agevolato la Curva in buona fede, ignorando, malgrado il suo ruolo societario, l’esistenza di disposizioni di legge”.
Così la curva, si legge ancora, “pur non facendo ricorso a minacce esplicite” nei confronti del club “ha fatto leva sulla propria forza intimidatrice”, perché era un “sodalizio organizzato e strutturato, formato da pericolosi pregiudicati”. Con la “violenza”, come ricostruito in tutti i fatti delle imputazioni, garantiva la “sua sopravvivenza economica”. E pure gli stewards, scrive la giudice, furono “complici” negli ingressi illeciti degli ultrà allo stadio, anche in occasione dei derby.
Nel processo abbreviato altri 10 anni sono stati inflitti anche al vice di Luca Lucci, Daniele Cataldo, ritenuto l’esecutore materiale del tentato omicidio di Enzo Anghinelli, altro ultrà rossonero. Quest’ultimo si è costituito parte civile e ha ottenuto un risarcimento. Otto anni, invece, a Marco Ferdico, anche lui tra i leader del direttivo della Nord prima degli arresti, mentre l’unica donna imputata, Debora Turiello, che secondo l’accusa gestiva la cassa della Nord e i biglietti, è stata condannata a due anni, con pena sospesa. Il pm Storari aveva messo in luce, tra l’altro, come i rapporti degli ultras, che si muovevano come “milizie private”, con le “istituzioni” deputate “alla repressione dei reati” e con le stesse “società” di calcio, abbiano generato per le due curve “una sorta di legittimazione” alle azioni illegali.
Inoltre, secondo la gup, “non v’è dubbio di come la sistematica violenza che ha animato l’attività” dei capi delle Curve Nord e Sud “abbia minato la percezione di sicurezza all’interno dello stadio” – e che Lega Serie A si è sempre impegnata a garantire – ed ha pregiudicato l’immagine anche di Inter e Milan, parti civili perchè “risulta provato che” la vicenda ha causato danni “non patrimoniali sotto il profilo della lesione dei diritti immateriali della personalità, tra cui immagine, onorabilità e reputazione”, si legge nelle motivazioni con cui ha accordato risarcimenti sia al club nerazzurro che al club rossonero, parti civili nel processo.
In merito all’Inter, gli episodi contestati agli ex capi ultras “hanno rappresentato lo spaccato di una società vittima di varie condotte, per lo più di natura violenta” e che hanno avuto lo scopo, in generale, “a realizzare profitti illeciti, attraverso la gestione fraudolenta di biglietti e l’estensione dei guadagni legati alla gestione degli spazi dello stadio autoritariamente gestiti” dagli imputati.









































