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·6 Desember 2025
Cincotta: «Alla Sampdoria Women ho vissuto due anni di crescita! Sulla retrocessione della scorsa stagione dico che…» – ESCLUSIVA

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Antonio Cincotta nel corso della sua carriera ha allenato diverse compagini femminili, tra le quali anche Milan, Fiorentina e Atletico Oristano. L’ex allenatore della Sampdoria Women ci ha concesso un’intervista esclusiva sul suo periodo a Genova oltre che su diversi altri temi. Al momento allena la formazione femminile della Ternana, il tutto nel campionato di Serie A. Le sue parole:
LE PAROLE DI CINCOTTA
Mister, lei ha allenato la Sampdoria Women in Serie A. Cosa ha rappresentato per lei l’esperienza a Genova?
«Genova per me ha rappresentato due anni di crescita vera, non solo professionale ma anche personale. Lavorare in un club storico come la Sampdoria, in un ambiente che vive il calcio con passione autentica, mi ha aiutato a capire cosa significhi davvero costruire un progetto in un contesto in evoluzione. Non è stato sempre semplice — c’erano limiti strutturali e dinamiche societarie complicate — ma proprio per questo è stata un’esperienza che mi ha lasciato tanto. Mi ha costretto a diventare più flessibile, più creativo, più allenatore nel senso puro del termine».
Dopo la retrocessione della scorsa stagione, le blucerchiate hanno dovuto ripartire direttamente dall’Eccellenza. Ha seguito la vicenda? Che idea si è fatto?
«Sì, l’ho seguita. È una vicenda che fa riflettere, perché un club che ha militato in Serie A non dovrebbe trovarsi a ripartire così dal nulla. Da una parte capisco che le società, soprattutto nel femminile, vivano fasi delicate dal punto di vista economico. Dall’altra, credo che una gestione più lungimirante avrebbe potuto evitare un crollo così drastico. Alla fine, però, questo modello non riguarda solo la Samp: è il segnale che il sistema ha ancora fragilità profonde. Forse questa ripartenza può diventare un’occasione per mettere basi più solide — ma resta l’amaro per ciò che poteva essere».
Passando al presente, come sta andando la sua esperienza a Terni?
«A Terni sto bene. È un ambiente diretto, concreto, dove si lavora ogni giorno con un senso di appartenenza molto forte. La Serie B femminile è stato un campionato competitivo, più equilibrato di quanto si immagini, e questo mi ha stimolato molto. Ora in A sto facendo giocare da protagoniste giovani alla primissima esperienza , Pacioni, Ripamonti, Massimino, Vigliucci, Petrara, Cimo, Ferraresi, Ghioc e tante altre, quando vuoi costruire una mentalità vincente in un gruppo giovane devi avere pazienza e idee chiare. Però sento che stiamo andando nella direzione giusta. E anche Terni, con la sua dimensione più raccolta, aiuta a creare un rapporto vero con il territorio umbro».
Il movimento del calcio femminile è in espansione costante. Cosa crede sia fondamentale per la crescita dello stesso?
«Gli investimenti sono decisivi, certo, ma non bastano se restano isolati. Le strutture devono migliorare e su questo l’Italia è in ritardo rispetto a molti paesi europei. Ma c’è un punto che conta ancora di più: la cultura del lavoro. Formazione degli staff, professionalizzazione dei club, programmazione tecnica pluriennale. Oggi si fa ancora troppo “alla giornata”. Se continui a cambiare progetto ogni anno, il movimento non cresce. Le ragazze hanno qualità e dedizione: metterle in contesti più stabili farebbe la differenza».
Lei ha vissuto esperienze a Firenze, Milano, Como, Genova e non solo. Qual è la realtà in cui si è trovato meglio, come città e come piazza?
«Sono città molto diverse tra loro, ognuna con pregi enormi e qualche limite. Firenze mi ha dato un’intensità unica, un rapporto umano forte con le persone dentro e fuori dal club. Milano è una metropoli che ti apre la mente e ti costringe a tenere un ritmo alto. Como è una realtà speciale, più intima, con una qualità della vita rara. Genova, come dicevo, è stata una palestra di vita. Se devo scegliere “dove mi sono trovato meglio”, dico Firenze: per l’equilibrio tra qualità della vita, cultura sportiva e relazioni personali che sono nate lì vincendo praticamente tutto. Però ogni piazza mi ha lasciato qualcosa che porto dietro quando entro in campo.».
Si ringrazia Antonio Cincotta per la gentilezza e disponibilità mostrate nel corso di questa intervista









































