PianetaSerieB
·30 November 2024
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Ci sono squadre che non beneficiano del riflettore della mediaticità, portando così tanti – troppi – appassionati a non poter intercettare tutto il bello – contenitore dove va inserita sia l’estetica che l’efficacia – dispiegato da un modo moderno, efficace, propositivo e dominante di intendere il Gioco. La Turris di Bruno Caneo, a detta del sottoscritto, è stata per larghi tratti una concretizzazione di tale concetto, con notevoli e rilevanti picchi nella stagione 2021/2022, quando la Serie C stava senza alcun dubbio stretta a una proposta con pochi eguali nel Belpaese. Si percepisce nitidamente, nei principi del tecnico, il suo lungo passato da vice di Gian Piero Gasperini, fattispecie che l’ha reso custode di un verbo che ha diffuso in ognuna delle sue esperienze in panchina. Una prima vita da calciatore, la seconda da tecnico, ed è per fare una sintesi delle due che ne abbiamo raccolto, in esclusiva, diverse impressioni mescolate ai ricordi.
Mister, con il Pisa ha scritto pagine di storia che il tempo non potrà cancellare né sbiadire. È passato tanto tempo, ma il ponte tra lei e quella realtà è rimasto intatto. Che idea si è fatto di questa prima parte di stagione dei toscani?
“Il Pisa è in mani solide, ha una società importante alle spalle ed è guidato da un allenatore che tutti conosciamo. Sta vivendo degli alti e bassi insiti in una squadra rinnovata e con un nuovo tecnico in panchina. L’organico, a mio avviso, è assolutamente competitivo, dunque ritengo che i toscani possano continuare a competere per la promozione. Parlando dell’esperienza del sottoscritto, probabilmente quello con il Pisa è stato il mio periodo più importante da calciatore, sono stati quattro anni e mezzo importanti, vissuti tra Serie B e Serie A”.
Domenica il Pisa affronterà un’altra sua ex squadra, il Cosenza, club con il quale ha concluso la sua carriera da calciatore. L’avvio di stagione dei Lupi è stato caratterizzato da problemi extra-campo che hanno portato a quattro punti di penalizzazione, ma i ragazzi di Alvini stanno comunque dimostrando resilienza e un’identità chiara. La domanda è identica alla precedente: come vede i rossoblu?
“Ho visto il Cosenza qui a Reggio Emilia, mi ha fatto davvero una buona impressione. Si percepisce una mano importante come quella di Alvini, che ha forgiato una squadra molto aggressiva, dotata al contempo di discrete qualità tecniche. La Serie B non è un campionato agevole, ma secondo me parliamo di una compagine in grado, senza alcun dubbio, di raggiungere la salvezza”.
Da calciatore, proprio con la maglia del Cosenza, ha condiviso lo spogliatoio con l’indimenticabile Gigi Marulla. Doveroso chiederle di ricordare quello che è il calciatore più importante nella storia del club.
“Ho condiviso lo spogliatoio anche con Denis Bergamini, entrambi le dipartite sono state notizie tristi e violente Gigi era un ragazzo sveglio, simpatico e solare, così come Denis, altra persona davvero socievole, un uomo del nord trapiantato al sud, amato in una terra di cui aveva acquisito stupendi tratti caratteriali.
Durante la sua esperienza con il Padova ha allenato un giovanissimo Vasic, che al momento fatica a trovare spazio con il Palermo. Quale potrebbe essere, secondo lei, la miglior versione di questo calciatore sicuramente talentuoso?
“Ti ringrazio per la domanda, perché parliamo di un calciatore al quale tengo e che ho fatto giocare con continuità. Mi ha dato sin da subito l’impressione di essere innanzitutto un ragazzo con la testa sulle spalle, votato a migliorarsi costantemente, prendendo tutto il necessario per essere competitivo e attento alle cose utili per ritagliarsi lo spazio che poi ha avuto, in quanto non è più uscito dall’undici titolare fino al termine della stagione. Dal mio punto di vista è un esterno, non è una mezzala perché non ha palleggio e non ha caratteristiche per essere un elemento di raccordo tra gli attaccanti e i difensori. È un esterno a quattro, ha qualità di corsa, velocità, rapidità e un bel piede, ergo è in grado di chiudere l’azione grazie, tra l’altro, ai tempi di inserimento, dote che ha. L’ho visto giocare a Palermo da trequartista, seconda punta e mezzala, ma lui per me – ribadisco – è un quarto di destra, dove può mettere in mostra le sue migliori qualità”.
La sua Turris, in particolar modo quella scintillante del 21/22, giocava un calcio su dei ritmi che raramente si sono visti in Serie C, una categoria dove proporre non è semplice né accessibile, certificando dunque il marchio che lei ha fatto proprio attraverso i tanti anni da vice di Gian Piero Gasperini. In Serie B, secondo lei, ci sono squadre che hanno principi simili?
“No, non ho visto allenatori che attuano un modo di interpretare il calcio in quel modo lì. L’unico tecnico che mi dà qualcosa in più è sicuramente Possanzini, che con il suo Mantova ha messo in mostra un’idea che può sembrare trasgressiva ma è efficace. Il percorso cominciato nella scorsa stagione sta dando discreti frutti, non sono principi di facile applicazione ma il gruppo le segue e porta in campo le richieste dell’allenatore, proprio come successe a me nel secondo anno con la Turris, quando ebbi modo di costruire un prodotto con un gioco differente rispetto al resto della categoria. È chiaro che, per fare ciò, servono calciatori devoti alla causa, intelligente e dalla mentalità aperta, desiderosi di comandare la partita e giocare a un certo ritmo, così da essere soddisfatto a fine partita per ciò che hai proposti”.
Inevitabile tornare a quel Pisa-Napoli, annata 1987/1988, e alla tua marcatura a uomo su Diego Armando Maradona. Chiederle della grandezza del Pibe de Oro sarebbe probabilmente irrispettoso, ma che rapporto instaurava in campo con gli avversari?
“Arrivare a calcare determinati palcoscenici generava in me, ed è un precetto che ho conservato nel tempo, l’intenzione di porsi con rispetto e personalità dinanzi a qualsiasi avversario, sia le stelle come Maradona che altri profili con cui condividevo le zolle. Bisogna comportarsi in maniera leale, così che anche un’entrata più energica possano essere rubricate a dinamiche di gioco. Tratti, questi, che ho trasmesso anche ai miei calciatori, dai quali mi aspetto sempre un certo tipo di comportamento. Detto questo, Maradona era una persona eccezionale. In campo era generoso, dava tutto se stesso per la squadra senza alcun tipo di isteria, pronto a dare una mano ai compagni e all’arbitro. Non mancava mai di scusarsi con gli avversari, mostrando lealtà e modestia. Ho un buonissimo ricordo, mi ha permesso di capire ulteriormente come andasse affrontato un campione e, al contempo, cosa significasse esserlo”.