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·21 Desember 2025

Exor, da Ferrari alla Juve: 6 miliardi di valore persi in Borsa dalle partecipazioni

Gambar artikel:Exor, da Ferrari alla Juve: 6 miliardi di valore persi in Borsa dalle partecipazioni

La fotografia più nitida della fase che attraversa Exor arriva dal confronto più immediato: a inizio anno la holding della famiglia Agnelli-Elkann ha venduto sul mercato il 4% di Ferrari incassando circa 3 miliardi di euro; se la stessa operazione fosse ripetuta oggi, il ricavo sarebbe inferiore di circa 700 milioni. È il segnale più evidente della perdita di valore che ha colpito negli ultimi mesi le principali partecipazioni quotate della cassaforte, rappresentata da John Elkann.

Il calo delle azioni Ferrari non è però un episodio isolato, ma parte di un movimento più ampio che ha ridimensionato in Borsa l’intero portafoglio Exor. In un contesto di mercati meno indulgenti, le partecipazioni in Ferrari, Stellantis, Cnh Juventus hanno subito una contrazione significativa, erodendo il valore complessivo della holding proprio mentre sono in corso dossier delicati: dalla cessione di Gedi alla difesa del controllo sulla Juventus dopo l’offerta ostile di Tether, fino al progressivo riposizionamento strategico verso il settore medico.


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Il punto di sintesi è numerico. Alla semestrale al 30 giugno scorso Exor indicava un NAV (Net Asset Value) pari a 36,355 miliardi di euro, con le principali società valutate complessivamente 29,5 miliardi. Da allora, però, il quadro di mercato è cambiato rapidamente. Secondo un’elaborazione del Sole 24 Ore, a partire da febbraio le cinque partecipazioni chiave della holding hanno bruciato oltre 30 miliardi di capitalizzazione. Rapportata alle quote effettivamente detenute da Exor, la perdita equivale a circa 6 miliardi di valore del portafoglio quotato. Tradotto: oggi il NAV della holding può essere stimato poco sopra i 30 miliardi, con una riduzione di oltre il 15% in pochi mesi.

Il colpo più pesante arriva da Ferrari, storicamente il motore principale del NAV di Exor, con un peso intorno al 50%. Da febbraio, quando la Casa di Maranello valeva circa 76 miliardi di capitalizzazione, il titolo ha perso circa il 25%, scendendo sotto i 60 miliardi. Di riflesso, il 19% in mano alla holding è passato da un valore di circa 15 miliardi a poco più di 11. Una correzione che il mercato attribuisce a un piano industriale percepito come prudente e a una revisione generale dei multipli, dopo anni di valutazioni particolarmente generose.

Anche Stellantis Cnh hanno contribuito al ridimensionamento del portafoglio, mentre Philips – grande scommessa di Exor nel settore salute – ha mostrato una maggiore tenuta relativa. Il 19% detenuto nella multinazionale olandese vale oggi circa 4 miliardi e si colloca come terza partecipazione della holding, a breve distanza dal valore della quota in Stellantis. Un segnale di come la geografia del portafoglio stia cambiando, non solo per scelte strategiche ma anche per effetto dei movimenti di Borsa.

La perdita di valore degli asset quotati non coincide però con una crisi di liquidità. Anzi, proprio Ferrari è stata negli ultimi dodici mesi la principale fonte di cassa per Exor. Il collocamento del 4% a inizio 2025 ha portato in dote 3 miliardi di euro, spingendo la liquidità disponibile a 4,1 miliardi. A questi si aggiungeranno, nel 2026, circa 1,5 miliardi in contanti dalla cessione di Iveco e dalla vendita di Iveco Defence a Leonardo. In totale, una dote potenziale di circa 5,5 miliardi.

Resta però il paradosso: mentre la liquidità cresce, il valore di Borsa del portafoglio si assottiglia. Una dinamica che rende ancora più sensibili i dossier aperti. La possibile cessione di Gedi, valutata intorno ai 140 milioni, potrebbe aggiungere risorse ma arriva in una fase di grande incertezza, complicata dall’ingresso di nuovi potenziali compratori. Allo stesso tempo, il nodo Juventus resta centrale. L’offerta non sollecitata di Tether – 2,66 euro per azione, con un premio di oltre il 20% – ha messo in luce come il club bianconero, nonostante le difficoltà sportive e finanziarie, continui a rappresentare un asset strategico e simbolico.

Sul piano del controllo, però, gli equilibri non sono in discussione. La Giovanni Agnelli BV detiene il 56,94% del capitale di Exor, pari all’85,27% dei diritti di voto, una soglia che garantisce ampia stabilità. In teoria, la holding potrebbe ridurre sensibilmente la partecipazione economica mantenendo il controllo, liberando risorse per operazioni straordinarie o per esigenze di liquidazione interna alla dinastia. Ma in un contesto di Borsa che ha già bruciato miliardi di valore, ogni scelta assume un peso maggiore.

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