Calcio e Finanza
·21 Juni 2025
Il gap miliardario con la Premier League in aumento: sempre più necessaria una riforma della Serie A

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·21 Juni 2025
I numeri pubblicati da Calcio e Finanza circa la differenza di incasso tra i club di Serie A e quelli di Premier League per quanto concerne i diritti televisivi danno una dimensione evidente e plastica del difficile ambiente economico che i nostri club devono affrontare quando scendono nell’agone della competizione internazionale.
Nello specifico i club di Serie A, secondo le stime della nostra testata, hanno incassato circa 900 milioni nella stagione 2024/25, contro i 3,4 miliardi intascati da quelli di Premier League. Un divario di 2,5 miliardi e che in termini percentuali mostra come le squadre inglesi incassano il 278% in più di quelle italiane.
Tra le numerose cose che colpiscono, si nota che il Southampton, ultimo della graduatoria degli incassi inglese, ha guadagnato qualcosa come circa 50 milioni in più dell’Inter che invece guida la classifica della Serie A.
Ovviamente tutti i club soffrono di questo strapotere economico della lega britannica visto che banalmente una società di Premier League di media classifica in meri termini economici (senza cioè tener conto del blasone che un club storico può esercitare nelle scelte di un calciatore) può tranquillamente competere con i nostri maggiori club, che normalmente incassano oltre ai soldi da diritti tv nel campionato anche quelli (ticketing e premi) legati alle coppe.
Però poi sono proprio i nostri grandi club quelli che devono competere con le grandi d’Oltremanica per la conquista di trofei internazionali ed è quindi importante notare che l’handicap tra Italia e Inghilterra nelle prime sette posizioni, quelle valevoli per le coppe, è del 206%.
Un gap certamente non da poco e visto che la questione è annosa, è necessario fare sin da subito i complimenti alle nostre squadre che, sebbene non vincano la Champions League dal 2010, negli ultimi dieci anni non hanno mai smesso di essere competitive in Europa considerando non solo i trofei di Roma e Atalanta (Conference League nel 2022 ed Europa League del 2024) ma anche le quattro finali di Champions League ottenute (Juventus nel 2015 e 2017 e Inter nel 2023 e 2025), le finali di Conference League della Fiorentina (2023 e 2024), quella di Europa League della Roma (2023) oltre alle semifinali di Champions League della Roma nel 2018 e del Milan nel 2023.
Il problema però è che questo divario economico sembra destinato ad allargarsi piuttosto che a stringersi. Per esempio nella trattativa sui diritti interni per le stagioni dal 2024/25 al 2028/29, i nostri club avevano previsto di incassare 1,15 miliardi annui, invece hanno dovuto chinare la testa e incassare i 900 milioni complessivi offerti da DAZN e Sky. In Inghilterra i 20 club di Premier invece incasseranno qualcosa come 8 miliardi complessivi (circa 1,95 miliardi annui) per le stagioni dal 2025/26 al 2028/29.
Soprattutto però l’Inghilterra sembra avere ancora margine per ampliare il gap. Nei giorni scorsi infatti la Premier League ha reso noto il nuovo accordo con BeIN Sports che solo per l’area Medio Oriente e Nord Africa (MENA) dai diritti televisivi esteri incasserà circa 215 milioni annui, un numero che da solo quasi equivale a quanto incassa l’intera Serie A dalla vendita dei diritti tv oltre confine (circa 240 milioni).
Nel senso che in tutte le altre grandi quattro nazioni calcistiche europee c’è quantomeno un club in grado di avere la forza d’urto economica dei più grandi colossi inglesi. In Spagna, infatti, Real Madrid e Barcellona hanno blasone, bacino di utenza (anche internazionale) e fatturati intorno al miliardo di euro (già l’Atletico per stessa ammissione di Diego Pablo Simeone fa fatica: «Avevano bisogno di un esterno sinistro e hanno preso Kvaratskelia a gennaio spendendo 70 milioni. Semplice così», ha spiegato il Cholo dopo aver perso contro il PSG al Mondiale per Club).
In Francia, discutibile sin che si vuole l’immissione di capitali dal Qatar, il PSG degli emiri non teme molti rivali nel mondo dal punto di vista economico. E in Germania la best practice Bayern Monaco ha anche il grande vantaggio di essere l’unico grandissimo club della nazione economicamente più importante d’Europa con gli sponsor, tedeschi e non solo, che fanno la fila per essere associati ai bavaresi. E questo al di là dei tre grandi azionisti storici Audi (Volkswagen), Allianz e Adidas.
In Italia questo ruolo sarebbe per storia e blasone delle tre società stellate Inter, Juventus e Milan, ma per un motivo o per un altro nessuna di queste al momento può vantare questa cilindrata. Tanto che solo due club hanno superato il mezzo miliardo di entrate: Juventus (nei quattro anni tra il 2016/17 e il 2019/20) e molto probabilmente l’Inter nel bilancio che si chiuderà al 30 giugno in virtù del grande percorso in Champions League di questa stagione.
Va notato in ogni modo che 500 milioni di entrate nella graduatoria europea significa essere lontani anche solo dalla top 10: il Tottenham, decimo nel 2023/24, ha registrato ricavi per 720 milioni di euro, mentre con 500 milioni ci si sarebbe piazzati soltanto al 12esimo posto, anche dietro il Borussia Dortmund.
Entrando nello specifico la Juventus, pur disponendo di una delle migliori proprietà al mondo (la holding Exor degli Agnelli-Elkann che mai ha fatto mancare il suo sostegno al club), ha giustamente, e si sottolinea giustamente, intrapreso la via della sostenibilità economica e i numeri della società bianconera in sé non sono tali da ergersi a livello dei top europei. Il fatturato bianconero nella stagione 2024/25 dovrebbe aggirarsi intorno ai 450 milioni di euro: cifre che, nel 2023/24, hanno incassato tra le altre Newcastle, West Ham e Brighton, oltre a Inter (473 milioni) e Milan (456 milioni).
Nel caso di Inter e Milan va notato come nei piani delle due proprietà USA un contributo notevole su questo tema dovrebbe pervenire dai grandi incassi da corporate hospitality che il nuovo stadio di San Siro dovrebbe consentire. Proprio su questo tema sebbene le cose sembrano procedere spedite dopo tanti anni, questa testata non può non riportare che nei corridoi di Palazzo Marino (sede dell’amministrazione comunale milanese) si avverte un certo scetticismo nei riguardi della possibilità che tutto vada liscio. In particolare si temono non solo i ricorsi che non mancheranno ma anche dei particolari tecnici e legati alle procedure che potrebbero allungare di molto i tempi. Si vedrà.
Quello che appare certo è che il divario da entrate televisivi tra club inglesi e i nostri si sta ampliando e questo spinge necessariamente le società di Serie A a cercare di incrementare gli incassi attraverso i lauti incassi derivanti dalle competizioni UEFA (soprattutto la Champions League) e ora anche FIFA, ossia il Mondiale per Club. Per dare un’idea si pensi che l’Inter nell’ultima Champions League ha incassato qualcosa come oltre 150 milioni tra premi UEFA e incassi da stadio, oltre al fatto che gli stessi nerazzurri e la Juventus nel solo mese nel Mondiale per Club potenzialmente potrebbero guadagnare sino a superare i 100 milioni.
Il problema però che questa rincorsa ai premi UEFA necessita di altissimo numero di partite e quindi la coperta è corta: da una lato la necessità di incassare, dall’altro il pericolo di giungere a un certo punto della stagione con i giocatori in condizioni fisiche usurate.
Più volte in questa sede si è avvertito di come una soluzione potrebbe essere quella di abbassare il numero di squadre della Serie A da 20 a 18 squadre, il che toglierebbe quattro giornate al campionato nazionale. Una decisione già presa per esempio con successo in Francia e come da sempre avviene in Germania, ovvero le due maggiori economie di Eurolandia.
Il presidente della Lega Ezio Simonelli, parlando al Festival della Serie A di Parma, ha spiegato che questa soluzione assomiglierebbe un po’ a uno sconfitta anche perché altre competizione ne occuperebbero lo spazio. Però sono proprio le altre competizioni quelle che garantiscono la quantità di denaro ai nostro club necessaria per competere in Europa (e che la Serie A non sembra potere assicurare).
Nello specifico un campionato a 18 squadre avrebbe notevoli vantaggi:
Gli svantaggi invece potrebbero essere in particolare:
La novità in questo quadro è che secondo quanto ha appurato questa testata, i broadcaster non sarebbero pregiudizionalmente contrari a un abbassamento delle squadre nella massima serie e quindi a perdere quattro week end di programmazione. L’importante è che si studino piani alternativi in grado di colmare questo vuoto. Per esempio, sono solo ipotesi beninteso, perché non pensare a una sorta di playout con match di andata e ritorno tra la terzultima e la quartultima per decretare l’ultima squadra che deve scendere in Serie B? Oppure perché non pensare a una sorta di playoff tra la quarta e la quinta in graduatoria per stabilire chi invece si aggiudica l’ultimo posto valevole per la qualificazione in Champions League?
Automaticamente si riempirebbero con incontri da dentro e fuori (che hanno sempre grande pathos e quindi molto seguiti) almeno due dei week end “persi”. Lasciando altri due weekend liberi per esempio per posizionare al meglio la finale di Coppa Italia o comunque gestire con più agio i calendari sempre più intasati durante i quali le sorprese, vedi la morte del Papa in questa stagione, sono sempre possibili.
È evidente quindi che una eventuale decisione in questo senso dovrà essere presa dai presidenti e dunque il vero nodo è quello di convincere quelle squadre che tradizionalmente stanno nella parte destra della classifica ad avvallare un aumento del pericolo di scendere in Serie B. E quindi sulle garanzie economiche per queste società che i grandi club (quelli che competono in Europa) dovranno lavorare. Altrimenti il pericolo è che si scivoli verso un divario che si allarga ancora di più tra introiti internazionali e quelli nazionali.